Attesa la convalida per i tre arresti: "La cabina aveva problemi da oltre un mese"
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Attesa la convalida per i tre arresti: "La cabina aveva problemi da oltre un mese"

Il titolare della società che ha in gestione la funivia ha raccontato: "Il giorno della tragedia erano saliti anche i miei figli. Se avessi saputo che c'era qualcosa di pericoloso, non avrei mai rischiato la loro vita"

Strage della funivia Mottarone
Strage della funivia Mottarone
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27 Maggio 2021 - 07.37


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La vicenda della funivia del Mottarone sta avendo vari risvolti ma nel frattempo l’inchiesta prosegue.
C’è attesa per la richiesta della convalida degli arresti del proprietario, del direttore e del capo operativo della funivia del Mottarone.
Intanto l’inchiesta sulla tragedia costata la vita a 14 persone prosegue, con il capo servizio della funivia Gabriele Tadini che ha ammesso: “Quel che è successo è colpa mia”. I freni di emergenza erano stati disattivati da un mese per lucrare sulle corse, perché – dicevano – “tanto cosa vuoi che capiti?”.
Come riporta La Stampa, Tadini alla procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, ha dichiarato: “Ho deciso di far girare la funivia con quei dispositivi sui freni di emergenza e ho dato istruzioni”.
Per chi indaga, però, non può aver preso da solo questa decisione: i vertici, è l’ipotesi che ha portato ai fermi, dovevano esserne a conoscenza, sia Luigi Nerini, gestore dell’impianto del Mottarone, sia l’ingegnere Enrico Perocchio, tecnico co-responsabile delle manutenzioni.
“Per interesse mettevano a rischio la vita degli altri. Tutti sapevano che il freno restava aperto anche se non doveva”, ha commentato la procuratrice.
“L’indagine – ha aggiunto – è appena cominciata, a monte c’è sempre la prima domanda: perché si è spezzato il cavo traente?”.
Luigi Nerini, titolare della società che ha in gestione l’impianto, come riporta Il Corriere della Sera, ha detto: “Faccio avanti e indietro su quella cabina tutto il giorno. Se avessi saputo che c’era qualcosa di pericoloso, non avrei mai rischiato la vita dei miei figli”.
Il giorno stesso della tragedia Federico e Stefano Nerini, che collaborano entrambi con l’azienda paterna, erano saliti in vetta. “Avrebbero potuto esserci loro”, è l’amara confessione fatta da Luigi a un amico.

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