Mediterraneo, quella strage di Stato non deve rimanere impunita
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Mediterraneo, quella strage di Stato non deve rimanere impunita

Le autorità europee, secondo il report di Alarm Phone confermato dall'ong Sea Watch, avrebbero respinto le responsabilità del coordinamento delle azioni di salvataggio, indicando in quelle libiche le "autorità competenti".

Il Naufragio
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Aprile 2021 - 16.49


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Una “Norimberga libica”, titolavamo ieri. Una Norimberga che inchiodi i responsabili di una strage di Stato. Anzi, di Stati. 

“Fuori, da qualche parte tra quelle stesse onde, un gommone che trasporta 120 persone. O 100 o 130. Non lo sapremo mai, perché sono tutti morti”. Sos Mediterranee racconta così, con le parole della soccorritrice Luisa Albera, a bordo della Ocean Viking, quella che è solo l’ultima strage di migranti in mare, al largo della Libia. Ieri Alarm Phone ha lanciato l’allerta su tre diverse imbarcazioni: una con 40 persone e due gommoni con a bordo tra le 100 e le 120 persone ciascuno. La prima imbarcazione è stata ritrovata ribaltata, un secondo ha fatto ritorno in Libia e a bordo sono stati rinvenuti i cadaveri di una donna e un bambino. Dell’altro, con 42 persone a bordo, “non si hanno notizie da 53 ore”. “Speriamo siano ancora vive –  e chiediamo alle autorità di cercarle: non lasciate morire anche loro”, è l’appello di Alarm Phone, che ieri aveva diramato una richiesta di soccorso ignorata dalle autorità marittime libica nonostante il gommone si trovasse in zona Sar libica a nord est di Tripoli. La posizione gps delle imabarcazioni è stata comunicata alle autorità europee e libiche, ma che l’unica risposta è stata il sorvolo di un “aereo di sorveglianza di Frontex, sette ore dopo il primo allarme, che ha individuato l’imbarcazione e ha informato tutte le autorità e le navi mercantili in zona sulla situazione critica di pericolo”.

Vergogna europea

Le autorità europee, secondo il report di Alarm Phone confermato dall’ong Sea Watch, avrebbero respinto le responsabilità del coordinamento delle azioni di salvataggio, indicando in quelle libiche le “autorità competenti”. Un ‘lavarsi le mani’ che ha lasciato in balia del mare “con onde fino a sei metri” le imbarcazioni per una intera notte. Fonti Guardia Costiera: trovate le navi e segnalate a Libia La Guardia costiera italiana ha individuato i mercantili che erano più vicini all’area nella quale era stata segnalata la presenza di imbarcazioni con a bordo migranti e li ha comunicati alle autorità libiche. E’ quanto riferiscono fonti della Guardia Costiera replicando alla ricostruzione effettuata da Alarm Phone dopo il naufragio avvenuto ieri. L’evento, proseguono le fonti, è avvenuto in area Sar libica e le autorità di Tripoli hanno assunto il coordinamento. La Guardia Costiera, su richiesta delle stesse autorità e come previsto dalle convenzioni internazionali, ha individuato i mercantili poi utilizzati dai libici per le ricerche.  La protesta dell’Ong “Le autorità dell’Ue e Frontex sapevano dell’emergenza, ma hanno negato il salvataggio”, ha scritto l’ong su Twitter. Più netta l’accusa dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni: “Gli Stati si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone che hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”, ha scritto su Twitter la portavoce Safa Msehli.

Dalla Ocean Viking hanno raccontato di aver cercato due delle tre imbarcazioni, “in una corsa contro il tempo e con mare molto mosso, con onde fino a 6 metri” e “in mezzo a un mare di cadaveri” ma che, in assenza di un “efficace” coordinamento guidato dallo Stato, tre navi mercantili e la stessa Ocean Viking hanno collaborato per organizzare la ricerca in condizioni di mare estremamente difficili. Ma, arrivati nel punto indicato, hanno trovato solo “corpi senza vita”.

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La tragedia si consuma nella giornata in cui il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha incontrato al Viminale il ministro degli Affari Esteri libico, Najla El Mangoush, la prima donna nella storia del suo Paese a ricoprire questa carica. Lamorgese “ha ribadito l’esigenza di conferire nuovo impulso alle relazioni italo-libiche, tradizionalmente privilegiate, confermando da parte italiana l’adozione di una strategia ampia e articolata  nell’impostazione dei rapporti con il nuovo governo di unità nazionale chiamato a gestire questa fase cruciale per la stabilizzazione del Paese nordafricano”. “Sono sicura che riuscirete a portare a termine con successo il vostro compito e, dal canto nostro, continueremo a sostenervi in tale percorso come abbiamo sempre fatto”, ha detto il ministro all’interlocutrice libica.

Un auspicio tragicamente smentito dai fatti.

Miserie interne

Il dramma porta l’Ue a chiedere più poteri, e in Italia diventa polemica di politica interna quando Matteo Salvini twitta che le nuove vittime sono “sulla coscienza dei buonisti che, di fatto, invitano e agevolano scafisti e trafficanti a mettere in mare barchini e barconi stravecchi, anche con pessime condizioni meteo”. Si crea così un nuovo fronte fra il leader leghista e gli alleati di governo. “Vergognose speculazioni”, è la replica a più voci del Pd, mentre Leu annuncia “un’interrogazione urgente al Governo perché le responsabilità italiane siano chiarite”.

Un aeroplano di Frontex “che stava effettuando una ricognizione” nell’area in cui è naufragato il gommone partito dalle coste libiche con oltre cento migranti a bordo” ha  avvistato un’imbarcazione, un gommone grigio, con dozzine di persone a bordo, alla deriva al largo della costa libica. L’aereo ha immediatamente allertato i centri di soccorso nazionali in Italia, Malta e Libia, come richiesto dal diritto internazionale”. Lo dichiara un portavoce di Frontex,  l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Onu: gli Stati si sono rifiutati di salvarli “Gli Stati sono rimasti inerti e si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre 100 persone. Loro hanno implorato e lanciato chiamate di emergenza per due giorni, prima di affondare nel cimitero blu del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”. È la domanda provocatoria con cui su Twitter Safa Msehli, la portavoce di Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni dell’Onu, ha commentato l’ultima tragedia sulle rotte migratorie dal Nord Africa. In un altro tweet, a corredo della foto di un gommone ribaltato in acqua, ha scritto: “Lasciati morire in mare. L’umanità è affogata”.

“I governi nazionali diano poteri e mandato all’Unione europea per intervenire, salvare vite, realizzare corridoi umanitari e organizzare un’accoglienza obbligatoria. È necessario perché è oramai chiaro che le politiche nazionali non sono in grado di gestire con umanità ed efficacia i movimenti di migranti e richiedenti asilo. È su queste omissioni che si misurano le responsabilità delle morti in mare. Sulle dinamiche di questa ennesima strage, il Parlamento europeo vuole che sia fatta subito chiarezza e accertate eventuali colpe”, dichiara il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.

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La ricostruzione

Mercoledì mattina, è la sua ricostruzione, Alarm Phone riceve la segnalazione di un gommone in difficoltà con 130 persone a bordo (incluse 7 donne, una incinta), partito la sera prima dal Al-Khoms, in Libia, e avverte il Maritime rescue coordination centre italiano, ossia la Guardia costiera, il Rcc di Malta, la guardia costiera libica, l’Unhcr e le navi di salvataggio delle ong impegnate nel Mediterraneo. Anche Frontex assicura di aver “immediatamente allertato i centri di soccorso nazionali in Italia, Malta e Libia”. “Alle 14.11 – prosegue Alarm Phone – il Mrcc italiano ci ha detto al telefono che avremmo dovuto informare le ‘autorità competenti'”, ossia quelle libiche, che poi fanno sapere di essere alla ricerca di tre imbarcazioni in difficoltà. In serata, spiega ancora Alarm Phone, dal barcone raccontano di aver visto un aereo “e crediamo che fosse il velivolo Osprey di Frontex”. Poco dopo, le autorità libiche comunicano che le condizioni del mare impediscono le ricerche.

“Di notte ci sono state onde alte sei metri – racconta Porro dalla Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee impegnata ora nella ricerca delle altre due imbarcazioni disperse -. Ho passato qualche ora in bagno a vomitare. Ero esausto, disidratato, a fatica sono tornato nel letto, ed ero protetto da una signora delle acque che pesa migliaia di tonnellate. Fuori, da qualche parte in quelle stesse onde, un gommone con 120 persone. O 100, o 130. Non lo sapremo mai, perché sono tutte morte”. Nelle operazioni di ricerca assieme a tre mercantili, l’equipaggio di Ocean Viking trova il gommone squarciato e una decina di corpi, riversi in acqua con indosso un inutile salvagente.

La denuncia delle Agenzie Onu

“L’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) sono profondamente turbate dalle notizie di un tragico naufragio al largo della Libia. Si teme che quest’ultimo incidente possa aver causato la morte di almeno 130 persone. Il gommone, presumibilmente partito dalla zona di Al Khoms a est di Tripoli, si sarebbe rovesciato a causa del maltempo e del mare in tempesta.
L’Ong SOS Méditerranée ha riferito che la prima chiamata di soccorso è stata ricevuta dalle autorità mercoledì mattina. SOS Méditerranée e le navi commerciali hanno perlustrato la zona giovedì, trovandosi di fronte a diversi corpi che galleggiavano intorno al gommone sgonfio e nessun sopravvissuto.
Questo sarebbe il naufragio più grave, per perdita di vite umane, nel Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno. Finora nel solo 2021, almeno altre 300 persone sono annegate o scomparse nel Mediterraneo centrale. Si tratta di un aumento significativo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando erano circa 150 le persone annegate o scomparse lungo la stessa rotta.
Unhcr e Oim avvertono che altri rifugiati e migranti potrebbero tentare queste pericolose traversate con il miglioramento delle condizioni meteo-marine ed il deteriorarsi delle condizioni di vita in Libia. In Libia, i rifugiati e i migranti continuano ad essere soggetti a detenzione arbitraria, maltrattamenti, sfruttamento e violenza, condizioni che li spingono a intraprendere viaggi rischiosi, specialmente le traversate in mare, che possono avere conseguenze fatali. I percorsi legali verso la sicurezza, tuttavia, sono limitati e difficili. Unhcr e Oim ribadiscono il loro appello alla comunità internazionale affinché vengano prese misure urgenti per porre fine alla perdita di vite umane in mare. Queste misure includono la riattivazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, uno stop al ritorno in porti non sicuri e la creazione di un meccanismo di sbarco che sia sicuro e prevedibile”

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“Drammatiche le notizie della sciagura nel Mediterraneo. L’orrore deve spingerci ad agire. A non essere silenti. A non girarci dall’altra parte. I corridoi umanitari gestiti dall’Onu sono la soluzione”. Lo sostiene il leader del Pd, Enrico Letta su twitter.

Enrico Letta è una persona perbene. Ed è anche il segretario di un partito di governo. Non basta un “cinguettio” per salvarsi la coscienza. E, soprattutto, per salvare vite umane.

Segretario Letta, lo ricordi al presidente Draghi. Che il 7 aprile scorso, nella sua prima missione a Tripoli da premier, ebbe a dire poche parole sui migranti . Parole che hanno lasciato il segno: “Noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa, per i salvataggi, e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia”. “Apprezzamento – rimarca Carlo Lania su Il Manifesto, “per un Paese che imprigiona uomini, donne e bambini in condizioni disumane, ma anche per il lavoro di una Guardia costiera, quella libica appunto, da tempo sotto accusa per le violenze ai migranti al punto che in molti ormai, prima di citarla, fanno precedere l’aggettivo «cosiddetta». Certo, Draghi ha subito aggiunto che, per quanto riguarda i disperati che fuggono in mare «il problema non è solo geopolitico ma è anche umanitario», ma è sembrato davvero molto poco”

Rilette alla luce di questa strage di Stati, quelle parole suonano agghiaccianti. Così come agghiaccianti sono i silenzi di tre ministri che hanno responsabilità dirette sul tema migranti e sulla politica italiana in Libia e nel Mediterraneo: Luigi Di Maio (Esteri), Luciana Lamorgese (Interni), Lorenzo Guerini (Difesa). Non hanno nulla da dire su questa strage di innocenti? E sulla denuncia delle Ong? E sulle accuse di Frontex? Di cos’altro devono occuparsi? Di vendere navi al regime che ha assassinato Giulio Regeni e condannato a una sorta di ergastolo amministrativo Patrick Zaki (vero ministri Di Maio e Guerini?) o a evocare corridoi legali che mai sono diventati parte attiva della politica dell’attuale governo e di quelle precedente (vero ministra Lamorgese?).

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