Il cardinale Betori contro gli egoismi: "Il Covid insegna che ci si salva solo insieme"
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Il cardinale Betori contro gli egoismi: "Il Covid insegna che ci si salva solo insieme"

L'arcivescovo di Firenze: "L'apertura all'incontro, al dialogo, al camminare insieme diventa non solo facile ma doverosa quando ci riconosciamo figli di un unico Padre, fratelli con Gesù".

Papa Francesco e il cardinale Betori
Papa Francesco e il cardinale Betori
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25 Dicembre 2020 - 09.59


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Parole che invitano alla solidarietà.
Dopo aver sconfitto il virus, “dovremo sanare le lacerazioni dei cuori”, nella convinzione che “ci si salva solo insieme”: i “comportamenti virtuosi sviluppati in questi tempi di pandemia” reggono “la struttura stessa della società”. E’ questo uno dei pensieri offerti dall’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, durante l’omelia proclamata nella Messa della notte di Natale nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.
“Il nemico tenebroso che incombe su questi nostri giorni non è rivestito delle armature degli antichi eserciti invasori, che rimbombano e terrorizzano – ha detto il card. Betori – È invece un virus impalpabile, che minaccia la nostra salute e mette in crisi le relazioni sociali, il tessuto produttivo del Paese, la fiducia e il coraggio con cui porsi di fronte alla vita”.
Come orientarci in un momento di crisi? A questa domanda, l’arcivescovo di Firenze risponde così: “Il bambino che si offre ai nostri sguardi nella mangiatoia di Betlemme sia la nostra luce. Lo sia anzitutto nella sua realtà di Dio fatto carne. La carne del Figlio di Dio non è il rivestimento di un’idea, ma la concretezza di una vita, una persona. La strada da intraprendere deve essere allora quella dell’incontro. Lontano da noi gli approcci ideologici che inquinano le relazioni e deformano la realtà, come pure badiamo a non lasciarci sedurre dalle lusinghe delle sensazioni. La vita ci chiede incontro con l’altro, scoperta dell’altro, a cominciare da questo Altro che è il Figlio di Dio. Ci è chiesto un legame a Cristo e ai fratelli nella concretezza della loro realtà personale, delle loro storie, delle loro esperienze. Si rinasce attraverso uno sguardo libero posato sul volto dell’altro, così come fecero i pastori davanti a Gesù. L’apertura all’incontro, al dialogo, al camminare insieme diventa non solo facile ma doverosa quando ci riconosciamo figli di un unico Padre, fratelli con Gesù”.
“La volontà di uscire dalle nostre chiusure – ha proseguito Betori – per aprirci alla condivisione con gli altri, nella convinzione che ci si salva solo insieme, non regge soltanto i comportamenti virtuosi sviluppati in questi tempi di pandemia, ma la struttura stessa della società, come ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica ‘Fratelli tutti'”.
“Sentieri impegnativi – ha concluso l’arcivescovo di Firenze – quelli indicati dal bambino di Betlemme, a cui ci si può accostare solo se ci si riveste dell’umiltà e della disponibilità dei pastori alla grotta. Ma sono questi i sentieri della speranza, di cui sentiamo particolare bisogno in questi giorni. E il volto della speranza è quello del bambino Gesù, la prova concreta – della concretezza della carne – che Dio non si è stancato dell’umanità. E se Dio non si stanca di noi, non possiamo essere noi a stancarci: non possiamo che seguirlo sulla strada dell’amore”.

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