Un Governo "democratico"? Allora ritiri il decreto "ammazza Ong"
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Un Governo "democratico"? Allora ritiri il decreto "ammazza Ong"

Open Arms. Alan Kurdi. Ocean Viking. Sea Watch 3. Sea Watch 4… Non c’è una, dicasi una, di navi di Ong impegnate sulla rotta mediterranea, che non abbia subito il fermo amministrativo.

Ocean Viking
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Dicembre 2020 - 15.00


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I toni in politica sono importanti, nulla da dire su questo. Ma i toni, anche i più suadenti, educati, non possono cancellare o ammorbidire la realtà. E sul fronte dei salvataggi in mare, la sostanza è che le Ong sono ancora sotto fermo amministrativo, impossibilitate a svolgere quella meritoria azione salvavite nel Mediterraneo.

Open Arms. Alan Kurdi. Ocean Viking. Sea Watch 3. Sea Watch 4… Non c’è una, dicasi una, di navi di Ong impegnate sulla rotta mediterranea, che non abbia subito il fermo amministrativo. Il quadro della situazione lo fornisce Marco Bertotto di Medici Senza Frontiere: la Alan Kurdi di Sea-Eye dal 9 ottobre è ferma al porto di Olbia, la Aita Mari di Salvamento Maritimo, Ong spagnola, è rimasta 49 giorni a Palermo dove era stata fermata a maggio, poi le è stato consentito di tornare in Spagna, ma dal punto di vista legale ancora non può operare soccorsi; la Ocean Viking di Sos Mediterranèe e la Sea Watch 3 sono state fermate a Porto Empedocle a luglio, la prima è ancora lì, mentre la seconda è stata poi autorizzata a raggiungere il porto di Burriana in Spagna, ma lì permane in fermo amministrativo; ancora, la Sea Watch 4 è ferma al porto di Palermo dal 17 settembre mentre la Mare Ionio di Mediterranea è a Venezia, ma lo scorso 26 ottobre, per la terza volta, gli è stato impedito l’imbarco dell’equipaggio.

Criminalizzate
Proprio questa situazione di stallo ha portato le Ong del mare a promuovere la nascita di un Comitato per il diritto al soccorso, composto da giuristi e intellettuali che possa svolgere, come si legge nel manifesto istitutivo, “una funzione di tutela morale dell’attività di salvataggio”. Dal 2015 le Ong sono state progressivamente delegittimate ed è venuta a mancare l’interlocuzione politica con le autorità italiane, con le relazioni bloccate al piano formale e burocratico, continua il responsabile del comitato: “La situazione è cambiata parzialmente ora con la ministra Lamorgese, ma prima mi capitava di essere il solo a fare da tramite tra i due interlocutori”. Il comitato sostiene poi l’emendamento del d.l. 130 sull’immigrazione, nella parte in cui disciplina il divieto di accesso, sosta e transito delle navi e l’interruzione della prassi dei fermi amministrativi.

Sono centinaia e centinaia – donne, bambini, uomini – le persone inghiottite dal mar Mediterraneo. Il resoconto di questa catastrofe è disponibile sul sito dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).

“Numeri ai quali corrisponde sempre un nome. Nomi di persone spezzate, umiliate e vessate, che ci ricordano una tragedia quotidiana: quella dei viaggi affrontati da chi tenta di fuggire da guerre e povertà; traversate pericolose, in condizioni precarie e disumane intraprese pe cercare una vita migliore, lontana da violenze e da abusi. Viaggi che, troppo spesso, purtroppo, terminano nei fondali del nostro mar Mediterraneo”, dice a Riforma.it Luigi Manconi, sociologo e già presidente della Commissione diritti umani del Senato e fondatore di A Buon diritto.  “Morti inaccettabili”, come lo è stata quella del piccolo Joseph di appena sei mesi,

“Per tentare di porre un limite, un argine, a questa tragedia – prosegue Manconi -, su sollecitazione delle Ong impegnate nel salvataggio di vite nel mar Mediterraneo, abbiamo deciso di istituire un Comitato per il soccorso in mare». 

Comitato di cui Manconi è il coordinatore e nel quale siedono molti giuristi italiani.

“Tre membri del Comitato non sono costituzionalisti, tra i quali il sottoscritto – ricorda Manconi -, tutti gli altri sono esperti di Diritto del mare e del Diritto Internazionale». Tra questi, citiamo Vittorio Alessandro, Francesca De Vittor, Luigi Ferrajoli, Paola Gaeta, Federica Resta, Armando Spataro, Sandro Veronesi, Vladimiro Zagrebelsky. 

“Insieme lavoreremo sul tema specifico del diritto al soccorso – prosegue Manconi -, un diritto fondamentale. Un diritto fondato sul senso di comunità, reciprocità, mutuo aiuto, prossimità. Un diritto alla vita che esorta tutti a comprendere che, se saremo capaci di salvare il nostro prossimo, potremo salvare anche noi stessi, quando quel prossimo saremo noi. Dal diritto al soccorso, emerge il tema dei legami sociali”, rileva Manconi. 

Divieto di salvataggio

“A partire dall’autunno dello scorso anno, ben prima dell’era Covid 19 –  rimarca Fulvio Vassallo Paleologo in documentato report per ADIF – le Ong sceglievano dunque una linea di confronto con il Ministero dell’interno, dopo un primo incontro svoltosi al Viminale, quasi una riedizione della trattativa continua che veniva prevista dal Codice di condotta Minniti adottato nel mese di agosto 2017,  mentre si apriva la fase dei processi contro gli operatori umanitari, tutti ad oggi archiviati, o ancora in attesa delle conclusioni delle indagini preliminari, come si sta verificando a Trapani nel caso del processo Iuventa. . Una vicenda scandalosa perchè dopo tre anni dal sequestro della nave, che sta marcendo nel porto di Trapani, i venti operatori umanitari, praticamente l’intero equipaggio, sotto indagine non sanno ancora se sarà celebrato un processo a loro carico. 

 Un processo che dovrebbe chiarire i termini reali di una vicenda nata con evidenti spinte politiche e dopo una attività di spionaggio svolta a bordo delle navi delle Ong da parte di agenti infiltrati collegati ai servizi.

Dopo la pausa invernale e la fase più acuta della pandemia da Covid 19 –  prosegue la disamina il professor Vassallo Paleologo –  il governo italiano adottava il decreto interministeriale del 7 aprile 2020 che di fatto poneva le basi per la serie di dinieghi di ingresso nelle acque territoriali e di omessa indicazione del porto di sbarco sicuro, che con poche eccezioni si rivolgeva contro tutte le Ong battenti bandiera straniera, sottoposte a controlli mirati esclusivamente a bloccare le navi per il maggior tempo possibile e dissuadere i comandanti dal tentativo di fare ingresso in un porto italiano. Una politica di morte che ha tenuto ferme per settimane, ben al di là della quarantena (peraltro non rispettata nel caso di soccorsi operati da navi commerciali come i rimorchiatori Asso), le navi umanitarie mentre nel Mediterraneo centrale aumentavano i casi di naufragio per omissione di soccorso. Si permetteva così alla sedicente Guardia costiera libica di riacciuffare migliaia di persone e riportarle a terra in Libia, almeno 8000 persone quest’anno, dove sarebbero state vendute ancora una volta alle bande dei trafficanti che le indagini penali condotte, talora con clamore davvero eccessivo, evidentemente non riuscivano a sconfiggere. Del resto non si può attendere che, senza l’apertura di canali legali di ingresso e senza possibilità concrete di evacuazione dalla Libia, le famiglie delle persone sotto tortura in un paese in preda alle milizie ed alle bande criminali abbandonino i loro congiunti ad un destino di detenzione e di morte”.

La denuncia di Msf

Come ha osservato Medici Senza Frontiere (in un comunicato redatto in lingua inglese dal coordinamento internazionale dell’associazione) Una volta che una nave di soccorso entra in un porto italiano, viene sottoposta a un’ispezione lunga e zelante fino a quando non vengono rilevate irregolarità insignificanti”, ha affermato Ellen van der Velden, responsabile operativo di MSF per la ricerca e il soccorso. “Ci sono volute 11 ore di ispezione ieri sul Sea-Watch 4 per trovare infrazioni sufficienti per impedire alla nave di salpare dal porto di Palermo”.” Siamo accusati di aver salvato ‘sistematicamente’ le persone, criticati per avere troppi giubbotti di salvataggio a bordo e controllati dal sistema fognario”, ha detto van der Velden. “Nel frattempo, l’obbligo per ogni nave di fornire assistenza alle barche in pericolo è completamente ignorato.”

Secondo MSF, “Queste sono le autorità italiane che giocano sporco, tentando di incriminare e fermare le organizzazioni umanitarie che non stanno facendo altro che cercare di salvare vite in mare secondo il diritto marittimo internazionale, mentre stravolgono le regole sui propri obblighi, principalmente per fornire assistenza alle barche in difficoltà”, continua van der Velden. “E questo con l’assenso, se non il pieno appoggio, degli Stati europei”.

Potrebbe essere davvero la fine delle missioni umanitarie delle Ong. Ma sia chiaro: se ciò accadrà, e il rischio è fortissimo, non tiriamo fuori il bieco Salvini o la neofascia Meloni. Oggi al Governo, per fortuna, non ci stanno loro, ma persone e partiti che si dicono democratici, progressisti, di sinistra. Lo dimostrino, ritirando quello sciagurato decreto interministeriale “ammazza Ong”.  

 

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