Quali altri reati devono commettere le Forze dell'Ordine perché la Destra li condanni senza sconti?
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Quali altri reati devono commettere le Forze dell'Ordine perché la Destra li condanni senza sconti?

Col tempo, e i fatti di Piacenza lo dimostrano, le selezioni per entrare nell’Arma sono diventate sempre più blande, tanto che la peggiore feccia fascista è riuscita a impugnare un manganello.

Forze dell'Ordine
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

25 Luglio 2020 - 10.07


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È noto che la passione che questo paese ha per le forze dell’ordine è quasi erotica: la Beneamata non si tocca e se si tocca lo si fa con i guanti di velluto, attenti a non sgualcire la divisa. Le ragioni sono tante: da una parte la fissazione congenita che l’italiano ha per l’autorità, per l’uomo forte, per il padre-padrone. Un retaggio di cui non riusciamo a liberarci, basti guardare a quando Salvini andava in giro travestito da carabiniere, raccogliendo consensi a mani basse. Il Capitano aveva capito che la divisa infiamma gli animi, e ne aveva fatto un vessillo elettorale.

Dall’altro, le forze dell’ordine rappresentano quel posto fisso che – specie al Meridione – è ancora un sogno che deriva direttamente dagli anni ’50. Col tempo, e i fatti di Piacenza lo dimostrano, le selezioni per entrare nell’Arma sono diventate sempre più blande, tanto che la peggiore feccia fascista è riuscita a impugnare un manganello.

Queste non sono illazioni, sono fatti. Fatti che portano i nomi di Cucchi, di Aldrovandi, della scuola Diaz. Fatti che la Destra italiana si è sempre, semplicemente, rifiutata di vedere, e di condannare.

All’interno della Caserma Levante di Piacenza si consumavano reati da banda criminale, da mafia vecchio stile. Torture, refurtiva rubata, spaccio, prostituzione, consumo di droga. Ed è solo la punta dell’iceberg: solo negli ultimi giorni, mentre Piacenza occupava la scena, un carabiniere di Bari è stato arrestato perché rivendeva la refurtiva degli spacciatori; tre carabinieri sono stati mandati a processo per l’omicidio di Serena Mollicone; in una caserma di Roma, in via Petrarca, al muro era appesa una bandiera di Casapound.

Fatti, fatti e ancora fatti. Cui se ne aggiungerebbero altri, nascosti in quei buchi neri che sono molte delle caserme italiane. Che inglobano anche gli onesti, che ci sono e sono tanti, ma che sono alle volte sopraffatti dalla forza dei numeri. Come l’unico carabiniere non indagato di Piacenza, che al telefono col padre diceva ‘gli altri fanno cose che non mi piacciono’. Ma nulla ha fatto, però, per tentare di fermarli.

E nonostante tutto questo, nonostante il marcio venga fuori a fiumi, da parte dei fan del manganello libero che si trovano a rappresentare la destra italiana arrivano le levate di scudi: ‘sono mele marce’, ‘si ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio’. Troppo facile contestargli che è esattamente quello che fanno ogniqualvolta un migrante commette un reato. Questo si potrebbe fare con una destra che possieda un’onestà intellettuale. Si potrebbe, allora, passare ai fatti, come in parte si sta facendo: per esempio il Viminale ha tolto dalle mani della polizia i taser. Non è molto, ma è un inizio. Che speriamo porti a una riforma generale delle forze dell’ordine che certo non salva dalle mele marce ma almeno le sa riconoscere subito. Perché Giuseppe Mottola, il capo della banda di Piacenza – premiato, per amor di paradosso, per i suoi ottimi risultati nella lotta allo spaccio – aveva 23 conti in banca, mercedes, porche cayenne, motociclette e una villa con piscina, il tutto con lo stipendio di un appuntato dei carabinieri. Pensare che le Forze dell’Ordine non si siano accorte di quanto stava succedendo è un’ingenuità che non possiamo più permetterci.

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