La lettera di Luce, un urlo contro gli abusi e i silenzi complici
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La lettera di Luce, un urlo contro gli abusi e i silenzi complici

Alla ragazza è stato dato un nome di fantasia, "Luce". La sua lettera è stata diffusa per volontà dell'assessore alle Pari Opportunità, Stefania Di Giacomo Pepe alla vigilia dell' 8 marzo.

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7 Marzo 2019 - 13.37


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“A te, Aragona, teatro delle mie grida ignorate e inascoltate”. Inizia così la lettera di una ragazza di 15 anni che denuncia di essere stata violentata quando di anni ne aveva 11. Violentata da quattro persone tra i 24 e i 60 anni, tutte di origini rumene, ma residenti in paese, ed oggi a processo. Alla ragazza è stato dato un nome di fantasia, “Luce”. La sua lettera è stata diffusa per volontà dell’assessore alle Pari Opportunità, Stefania Di Giacomo Pepe alla vigilia dell’ 8 marzo. Questo, “per aiutare tutte le vittime di violenza e pedofilia ad abbattere quel muro di omertà e pregiudizio e uscire dal buio del dolore, della sofferenza, per poter rinascere a vita nuova”. E domani, 8 marzo, alle 16, nella sala del consiglio comunale di Aragona ( paese alle porte di Agrigento ) verrà presentata l’associazione “La Rosa bianca”, un’organizzazione di volontariato a sostegno di tutte le vittime di violenza. Ma torniamo alla durissima lettera di Luce.
 
“Sono vittima del mio stesso urlo straziante – dice la lettera -, dannata e condannata al loro perverso gioco carnale. Io l’ho visto il mio corpo nudo e fragile, coperto solo dalla paura della morte; Io l’ho visto il loro corpo, nudo e troppo potente per la bambina che ero, posseduto dalla morte che tanto timore mi incuteva. Bestie e pedofili quali erano, hanno stroncato la mia infanzia, stracciato il velo della mia innocenza e la mia purezza. Io l’ho sentito quel peso riempirmi lo stomaco ed il cuore, ho sentito la sopravvivenza prendere possesso delle mie ceneri: io ero testimone del mio stupro, costretta a subire senza via di scampo. Mi rivolgo a chi è stato zitto ed ha inneggiato l’omertà, a chi non mi ha aiutata, a chi non mi ha creduta, a chi mi ha abbandonata, a te che sei il complice del carnefice; tu hai stuprato quel che rimaneva vivo in me e la mia colpa è stato permettertelo. Di me era rimasto lo scheletro del tuo armadio, il mostro sotto il tuo letto, il diavolo del tuo inferno, e la mia anima macchiata di oscurità. Il mio stupro – continua la lettera di Luce – non si è fermato quando loro hanno smesso di violentare ogni mio senso, di toccare la mia più profonda intimità, di costringere a conoscere il loro malato desiderio; il mio stupro ha proseguito quando a scuola i professori ed i compagni mi hanno giudicata, quando i miei stupratori erano lì a prendersi gioco di me, quando i ricordi erano ancora troppo vivi. Ed io ho avuto tante possibilità, denunciare o restare ferma su una panchina del tempo. Io però sono forte, sono la luce della verità e la gloria della forza, io sono potente, io ho smesso allo stupro di essere la mia vita, ne fa parte però, il suo sofferente ricordo. Ora smetto di parlare a quel “tu” complice della cattiveria, quel tu che provoca ribrezzo. Ora mi rivolgo a te che soffri, a te che hai subito un qualsiasi abuso: parla, non permettere che ti manipolino, la tua vita aspetta te per essere vissuta. Io mi auguro che Aragona possa aprire gli occhi e smetterla di essere tanto superficiale e indifferente, mi auguro che le vittime possano riprendersi la vita in mano, poiché ciò che meritiamo va al di là della non vita, mi auguro che questa comunità possa migliorare, prima che sia ancor più tardi. Loro hanno stuprato ogni mio senso ed io, per il rispetto di me stessa, ho cominciato ad amarmi infinite volte più di prima. Che Dio vi perdoni pure”.
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