Non fu sciagura aerea: c'era una bomba sul 'volo dei comunisti'
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Non fu sciagura aerea: c'era una bomba sul 'volo dei comunisti'

La strage di Punta Raisi del 1972 (con i suoi 115 morti) viene considerata la più grave sciagura aerea dell'aviazione civile italiana. Ora spunta la pista dell'attentato

Una lapide a Montagna Longa
Una lapide a Montagna Longa
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David Grieco Modifica articolo

26 Marzo 2018 - 17.55


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Difficile dimenticare la sera del 4 maggio 1972. Eravamo in tanti, quella sera, a cena presso la pizzeria “Da Baffetto” a Via del Governo Vecchio a Roma. Quasi tutti i commensali erano siciliani ed erano comunisti: Carla Colajanni, sorella del dirigente del Pci Napoleone Colajanni, la segretaria di redazione dell’Ora di Palermo Angela Fais, il giornalista dell’Ora Alberto Scandone, il regista Franco Indovina con la sua compagna Soraya, già first lady dello Scia’ di Persia Reza Palhavi, e altri compagni di cui ora non ricordo il nome.
L’indomani, questi comunisti siciliani avrebbero preso tutti lo stesso aereo, il volo Alitalia AZ 112, per recarsi a votare a Palermo a loro spese. Il Pci di Berlinguer, eletto segretario nel marzo dello stesso anno, meritava questo sforzo.
Ma quell’aereo a Palermo non ci arrivò, o piuttosto va precisato che vi precipitò, andandosi a schiantare all’atterraggio sulla pista di Punta Raisi contro Montagna Longa. A bordo vi erano anche il figlio dell’allenatore della Juventus Vycpalek e un magistrato, Ignazio Alcamo, che aveva fama di essere integerrimo anche perché aveva appena mandato al confino la moglie di Totò Riina.
I corpi dei passeggeri vennero trovati nudi e maciullati (nudi in seguito a un violento spostamento d’aria, maciullati forse da un ordigno esplosivo) come solitamente accade alle vittime di una bomba, non di una sciagura aerea. Perché quella di Montagna Longa (con i suoi 115 morti) viene ufficialmente a tutt’oggi considerata la più grave sciagura aerea dell’aviazione civile italiana.
E’ stato detto per anni e anni che sciagura non fu.
Il 22 agosto del 1977, il vicequestore di Trapani Giuseppe Peri scrisse un rapporto sul disastro aereo di Montagna Longa denunciando 32 persone, tra cui il noto terrorista fascista Pierluigi Concutelli, per aver messo una carica di esplosivo nel volo Alitalia 112, probabilmente fatta brillare a distanza poco prima dell’atterraggio a Punta Raisi. Nel 1982, Giuseppe Peri morì e il suddetto rapporto sparì. Venne ritrovato per caso solo 20 anni dopo a Marsala. Giuseppe Peri sosteneva che l’AZ112 sarebbe dovuto esplodere una volta atterrato sulla pista di Punta Raisi, ma solo dopo l’uscita dei passeggeri, come un attentato dimostrativo, quasi simbolico, a suggellare un patto solenne tra Gladio, i neofascisti italiani e la Cia che li proteggeva nel timore di un’imminente ascesa al potere del Partito Comunista in Italia.
Nel suo dossier, Peri inquadrava precisamente l’attentato nella famigerata “strategia della tensione”, le cui modalità sembravano puntualmente prescrivere la necessità di un cadavere eccellente (il più delle volte un magistrato) in corrispondenza di un importante appuntamento elettorale, come fu per il Procuratore Capo di Palermo Pietro Scaglione (1971), il Procuratore Generale di Genova Francesco Coco (1976) e il giudice Vittorio Occorsio (1976).
Oggi, grazie alla tenacia della sorella di Angela Fais, Maria Eleonora Fais (anch’essa purtroppo scomparsa nel 2016), che è stata per molti anni a capo dell’associazione dei parenti delle vittime, forse l’inchiesta sul disastro aereo di Montagna Longa avrà luogo. Una perizia prestigiosa commissionata appunto dai parenti delle vittime, quella dell’ingegner Rosario Ardito Marretta, esclude in modo categorico una causa accidentale e parla di una bomba “grande come un pacchetto di sigarette”.
Se non bastasse, esiste anche un preciso racconto dell’attentato firmato da un fascista pentito, già collaboratore di Giovanni Falcone, che fu anche la fonte del vicequestore Peri. Costui è stato spesso definito un “mitomane” ed è stato attentamente tenuto ai margini dei grandi processi sull’eversione nera. Il suo nome oggi suona terribilmente profetico. Si chiama Alberto Volo.

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