In ricordo del piccolo Stefano Tachè: 35 anni fa l'attentato alla Sinagoga di Roma
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In ricordo del piccolo Stefano Tachè: 35 anni fa l'attentato alla Sinagoga di Roma

Un commando forse di quattro persone entrò in azione alla fine del rito tirando bombe alle due entrate del tempio e sparando colpi di mitraglietta per coprirsi la fuga

Il piccolo Stefano Tache'
Il piccolo Stefano Tache'
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9 Ottobre 2017 - 12.06


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Di quel giorno, 9 ottobre 1982, sono rimasti il dolore e l’assenza indelebile di un bimbo di due anni, Stefano Tachè. E ancora, come segno tangibile della violenza terroristica, i buchi delle pallottole sul marmo candido della sinagoga di Roma e il presidio fisso dei carabinieri davanti all’entrata del tempio maggiore, ”dispositivo di sicurezza” attivato proprio dopo il più sanguinoso degli attentati contro una comunità ebraica in Italia nel quale perse la vita un bambino e rimasero ferite 37 persone.

Quel 9 ottobre di 35 anni fa era un giorno speciale per la comunità ebraica romana: in sinagoga si era svolta la cerimonia per la ”maggiore età religiosa”, la cerimonia che segna il passaggio all’età adulta dei piccoli membri della comunità. E proprio un bimbo cadde sotto il fuoco dei terroristi.

Un commando forse di quattro persone entrò in azione alla fine del rito tirando bombe alle due entrate del tempio e sparando colpi di mitraglietta per coprirsi la fuga. Il piccolo Stefano Tache’ mori’ all’ istante, anche suo fratello Gadiel rimase ferito gravemente ma si salvo’. Gli altri feriti furono trasportati negli ospedali piu’ vicini.

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La zona intorno alla sinagoga si trasformo’ in un inferno: dappertutto sangue, schegge di bombe, proiettili, vetri infranti, brandelli di vestiti. Poi, in quell’inferno, giunsero le autorita’, l’allora capo del Governo Giovanni Spadolini e il presidente della Repubblica Sandro Pertini in testa. Ma, soprattutto, dopo il dolore arrivo’ il momento della rabbia, la rabbia impotente di una comunita’ che da quel momento comincio’ a difendersi ”anche da sola” con un suo servizio d’ordine, con i suoi uomini.

Il 12 ottobre, quattro giorni dopo l’orrore, si svolsero nel silenzio piu’ assoluto i funerali di Stefano Tache’. Tantissimi romani seguirono quella piccola bara bianca davanti alla quale si abbracciarono l’allora rabbino capo di Roma Elio Toaff e il presidente Pertini. Dopo che la bara raggiunse il Verano un corteo di ottomila giovani ebrei sfilo’ per le vie del centro. Ad aprirlo un solo slogan: ”Esistere, vivere, convivere”.

Per quell’attacco terroristico, per quell’azione di guerra messa in atto contro persone inermi nel 1989 fu condannato all’ ergastolo in contumacia un palestinese, Abdel Al Zomar, ex presidente del gruppo universitario degli studenti palestinesi in Italia accusato di aver organizzato il massacro per conto di una fazione del gruppo capeggiato da Abu Nidal. 

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