In ricordo di Paola Clemente, uccisa dallo sfruttamento nei campi pugliesi
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In ricordo di Paola Clemente, uccisa dallo sfruttamento nei campi pugliesi

Era il 13 luglio del 2015 quando un malore l'ha stroncata nelle campagne di Andria, dove lavorava per 27 euro al giorno.

Paola Clemente
Paola Clemente
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

1 Maggio 2017 - 12.31


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Oggi voglio ricordare Paola Clemente che aveva 49 anni, troppi per lavorare per ore sotto il sole cocente, nelle serre asfissianti, curva verso terra o con le braccia alzate per raccogliere pomodori, arance, uva.

Troppo pochi per morire. Morire di fatica nel 2017. 

Era il 13 luglio del 2015 quando un malore l’ha stroncata nelle campagne di Andria, dove lavorava per 27 euro al giorno.

La storia di Paola è ruvida: “Andava via di casa alle 2 di notte. Prendeva l’autobus alle 3. Ai campi, ad Andria, da San Giorgio Jonico, arrivava intorno alle 5.30. Noi a casa la rivedevamo non prima delle 3 del pomeriggio, in alcuni casi anche alle 6.  27 euro al giorno direte che sono pochi. Ma per noi quei soldi erano importanti, erano soldi sicuri, assolutamente indispensabili. Fin quando è arrivata quella telefonata: Paola si era sentita male, io non sono riuscito nemmeno a salutarla: ora Paola non c’è più”. Lo aveva raccontato il marito alla stampa quando i caporali furono arrestati. “Toglieva gli acini più piccoli per fare bello il grappolo. È necessario quindi che le braccianti salgano su una cassetta e tolgano l’acinino. Significa stare con le braccia tese e con la testa alzata per tutta la giornata. È un lavoro molto faticoso, ma non potevamo fare altrimenti”.

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La cosa che fa più male è che Paola era abituata a faticare e a non lamentarsi. Stava in silenzio, aveva fatto quel lavoro tutta la vita e quello per lei era il suo mondo, un mondo crudele da cui lo Stato non l’ha salvata. 

Due anni dopo è stata donata al marito una copia rilegata della legge contro il caporalato varata nei mesi scorsi dal Parlamento. La Cgil aveva anche installato nella sede di Andria, una targa a lei dedicata.

La legge prevede pene più severe e per più soggetti: d’ora in poi saranno sanzionabili, anche con la confisca dei beni, non solo i caporali, ma anche i datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento. E sono previsti fino a sei anni di carcere per chi commette il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Oltre al carcere, è punito anche con una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, che possono arrivare fino a 2.000 euro per ogni lavoratore se vi è l’aggravante della minaccia o violenza. La seconda novità è l’aiuto concreto per le vittime del caporalato, con l’estensione delle provvidenze del fondo anti-tratta. Il terzo cambiamento arriva dai piani stagionali: le amministrazioni statali saranno direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro agricolo con un piano congiunto di interventi per l’accoglienza dei lavoratori impegnati nelle raccolte stagionali. 

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Ricordare oggi Paola è necessario per capire che quella di oggi non è una festa, o meglio non solo, è una giornata commemorativa che deve ricordaci che non dobbiamo mai smettere di lottare perché il lavoro sia un luogo dignitoso e che tuteli l’essere umano. 

Invece in questo Paese di lavoro ancora si muore… 

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