Il paese in cui: meglio un figlio drogato che frocio
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Il paese in cui: meglio un figlio drogato che frocio

Lo Stato laico intervenga con misure penali contro chi fa di un'omelia un invito all'odio e all'omofobia.

Il dolore dei genitori
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Veronica Matta Modifica articolo

14 Giugno 2016 - 13.34


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Decisamente meglio un figlio drogato, magari guarisce, un frocio è per sempre. Che cavolo di mondo ci tocca vivere! È la rilettura dei principi del saggio sulla tolleranza del filosofo John Locke, scritto nel 1685 nei Paesi Bassi dal titolo “Epistola de Tolerantia ad Clarissimum Virum” ad aiutarmi a riflettere sulla tragedia accaduta in Florida per cercare di comprendere quali responsabilità culturali si celino dietro le reazioni che in Italia evidenziano un’omofobia legalizzata e aizzata in una società che si dice civile.

Scriveva Locke: Lo Stato è una “società di uomini costituita per conservare e promuovere soltanto i beni civili” / La Chiesa è “una libera società di uomini che si riuniscono spontaneamente per onorare pubblicamente Dio nel modo in cui credono, per ottenere la salvezza dell’anima”/ La fede è una scelta interiore, non trasmissibile per eredità né per diritto: è convinzione personale svincolata dalle influenze esterne.

Il problema della tolleranza come nel Seicento oggi è estremamente attuale. Farne un oggetto di riflessione è doveroso riguardo ai diritti degli omosessuali di essere se stessi, felici e rispettati. I fatti accaduti in Florida ad Orlando, stomacano. È mai possibile che si debba affrontare ancora la possibilità che persone con tendenze sessuali diverse debbano o no convivere in un’unica società? È mai possibile che ancora una volta questa maledetta divisione dei poteri tra Stato e Religione non sia avvenuta? È mai possibile che nessuno deduca la necessità di dividere con precisione i rispettivi ambiti? È mai possibile che ancora oggi la parola di Gesù di Nazareth venga tradita e trattata come carta straccia da chi detiene la cura spirituale delle famiglie cattoliche praticanti? È mai possibile che in Sardegna, un parroco possa invitare all’odio verso altri essere umani augurando loro la morte in quanto gay e farlo, addirittura, durante un’omelia?

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Sono anni che vedo coetanei con il cuore lacerato e dolente, nascondersi, soffrire, scrivere da adulti e da paesi lontani lettere a genitori italiani per dichiarare la propria diversità. Viviamo ancora in uno Stato, quello italiano, che fa della laicità non un punto di riferimento fondamentale per evitare fenomeni di fondamentalismo e integralismo religioso per ottenere il risultato di una civile convivenza fra tutti ma un rotolo di carta igienica con cui “ripulirsi” da tutti i principi di democrazia, di difesa del pari diritto, di riconoscimento della libertà di coscienza e della regola “«non fare ad altri ciò che non vorresti essere fatto a te».

La vergogna che provano i padri e le madri di famiglia è la radice del male che uccide i loro figli in tutto il mondo.

Confessare una diversità sessuale è molto difficile – dichiara il sociologo Nicolò Migheli . soprattutto se si è cresciuti in una famiglia tradizionale. Sapete perché? Perché lo vivono come un fallimento, loro credevano di generare un “maschio” o una “femmina” ed invece si ritrovano con un problema non accettato socialmente. Una battaglia che impegna tutti, ne va della nostra libertà – Locke sì, ma bisogna anche andare oltre e non c’è scelta. Soprattutto per te e per i giovani della tua generazione, non sembra ma il burka – conclude il sociologo – è sempre dietro l’angolo, quello cristiano.

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L’omosessualità è ancora un tabu dichiara l’antropologa Alessandra Guigoni – a volte viene rappresentata con simpatia nei mass media italiani, più spesso con mal celata ironia, e nella società italiana e nel senso comune non è ancora accettata. La diversità è spesso motivo di esclusione sociale, quando non di -fobia, e l’omosessualità non fa eccezione. Spesso l’omofobia sfocia nella violenza, perché si vuole azzerare, annullare, cancellare ogni forma di diversità, percepita irrazionalmente come pericolosa, contaminante, inquietante. La scarsità o mancanza di programmi seri di educazione sentimentale e sessuale nelle scuole – conclude l’antropologa – la povertà di valori di tante famiglie italiane, l’incultura anche, fanno il resto.

Se lo Stato (che deve essere laico) non interverrà con misure penali contro chi fa di un’omelia un invito all’odio e all’omofobia, non ci sarà nessun rinnovamento che possa superare le posizioni soggettivistiche di un credo, che di religioso non ha più nulla e che mira unicamente a ledere la libertà di pensiero e di azione degli individui. Fino a quando non tenteremo di fondare un’etica e politica della tolleranza definendo le proprietà e i diversi campi di influenza di Stato e Chiesa, di Religione e Società, perderemo il filo conduttore di chi prima di noi ha speso le proprie esistenze per far evolvere il pensiero umano. Le banalità del male sono dietro l’angolo, lo intuisco. Sarebbe evolutivo per la nostra specie, se quei 50 ragazzi uccisi da un folle, non fossero 50 gay, ma 50 persone.

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Concludo con le parole del filosofo Locke – solo le chiese che insegnano la tolleranza devono essere autorizzate nella società.

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