Clan di Ostia, 10 condanne: cade l'accusa di mafia
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Clan di Ostia, 10 condanne: cade l'accusa di mafia

Cade l'accusa di associazione mafiosa nel processo d'appello per il cosiddetto "clan di Ostia": 8 assoluzioni e 10 condanne.

Il clan di Ostia
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13 Giugno 2016 - 18.02


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Il processo d’appello, che vedeva alla sbarra diciotto persone tra cui componenti delle famiglie Fasciani e Triassi accusate di aver dominato le attività illecite a Ostia, si è concluso con 10 condanne e 8 assoluzioni. È caduta per gli imputati l’associazione e l’aggravante della modalità mafiosa.

Confermata l’assoluzione dei fratelli Vito e Vincenzo Triassi, per i quali il sostituto procuratore generale Giancarlo Amato aveva invece chiesto 15 anni di carcere. La pena più alta (10 anni, rispetto ai 28 anni del primo grado) è stata inflitta al boss Carmine Fasciani, mentre è di 6 anni e 6 mesi di reclusione la condanna inflitta alla moglie Silvia Bartoli (alla quale il tribunale, il 30 gennaio del 2015, aveva dato 16 anni e 9 mesi).

Fasciani e la moglie, secondo l’accusa, erano i vertici del cosiddetto “clan di Ostia”: la Procura generale aveva chiesto pene dure per i diversi gruppi e 200 anni di pena, in sede di requisitoria. Le indagini alla base dell’accusa partirono nel luglio 2012 (l’anno dopo ci furono 51 arresti), dopo il posizionamento di un ordigno esplosivo in uno stabilimento balneare di Ostia. Da questo episodio partirono le indagini che collegarono una serie di attentati precedenti a un’unica ‘mano’: stessa cosa per altri episodi di tentata estorsione.

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Cinque anni e 8 mesi è invece la condanna attribuita a Terenzio Fasciani, uno dei fratelli di Carmine. A 4 anni e mezzo sono stati condannati anche Riccardo Sibio e Gilberto Colabella (ai quali rispettivamente il tribunale aveva inflitto 25 anni e 3 mesi e 13 anni di reclusione). Analoga condanna anche per Luciano Bitti (rispetto ai 13 anni e 3 mesi). Cinque anni e 8 mesi a Gilberto Inno. Assoluzione anche per Nazareno Fasciani, altro fratello di Carmine, Ennio Ciolli, Fabio Guarino, Danilo Anselmi, Mirko Mazzoni ed Eugenio Ferramo, per tutti loro è caduti l’ipotesi del 416 bis e l’aggravante mafiosa prevista dall’articolo 7 della legge 152/91: per questo motivo il collegio ha disposto per gli imputati la conseguente revoca della custodia cautelare.

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