Sequestro Lo Porto: al lavoro perché sia liberato prima possibile
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Sequestro Lo Porto: al lavoro perché sia liberato prima possibile

Parla Simone Pott, portavoce dell'organizzazione con la quale Lo Porto si trovava in Pakistan al momento del rapimento. La Farnesina ribadisce il ‘no comment’

Sequestro Lo Porto: al lavoro perché sia liberato prima possibile
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5 Febbraio 2015 - 22.08


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di Ambra Notari

“Siamo felici di sapere che tante persone vicine alla sua famiglia, da 3 anni a questa parte, non hanno smesso un attimo di pensare a Giovanni. È esattamente quanto stiamo facendo noi”: a parlare, da Berlino in esclusiva per Redattore Sociale, è Simone Pott, portavoce della Welthungerhilfe, la ong tedesca per la quale Lo Porto lavorava al momento del suo sequestro, avvenuto poco più di 3 anni in Pakistan. “Durante ogni occasione ufficiale ricordiamo il suo destino e assicuriamo tutti i nostri sforzi perché sia rilasciato”. Racconta di un libro con le pagine bianche, mano a mano riempito dai ricordi e dai pensieri di tutti i colleghi che vogliono dedicargli una parola o un augurio: “Ogni Natale, ogni ricorrenza, si parla di lui. So che anche tutti i nostri colleghi di Bonn pregano per lui. Mi deve credere: noi della ong pensiamo sempre a lui, e stiamo facendo tutto quanto è in nostro potere perché torni libero il prima possibile”.

Giovanni Lo Porto è stato ricordato assieme a padre Paolo Dall’Oglio e Ignazio Scaravilli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento, parole che hanno ottenuto il plauso di tutte le persone che da 3 anni sperano nella liberazione del giovano cooperante siciliano. “Non possiamo dire nulla nell’interesse della soluzione del caso”: raggiunta telefonicamente, la Farnesina sulla vicenda mantiene la linea. “Vogliamo garantire massimo riserbo: ogni canale è aperto, continuiamo a lavorare su tutti i fronti”. Nessun commento a garanzia di un assiduo impegno, come ribadito anche pochi giorni fa del ministro per gli Affari esteri Paolo Gentiloni durante un question time in Parlamento in seguito alla liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo.

Lo Porto, nato a Palermo 40 anni fa, si è laureato alla London metropolitan University e alla Thames Valley University. Prima di collaborare con Welthehungerhilfe ha lavorato in qualità di ‘project manager’ con il Gvc, Gruppo volontario civile di Bologna, con Cesvi Fondazione Onlus e con Coopi Cooperazione Internazionale. La Welthehungerhilfe è un’organizzazione umanitaria privata, senza scopo di lucro, laica e politicamente indipendente. È stata fondata nel 1962, e in 50 anni ha seguito oltre 7 mila progetti in 70 Paesi, con uno stanziamento generale di oltre 2 miliardi e mezzo di euro. Solo nel 2012, anno del rapimento di Giovanni Lo Porto, in 39 Stati ha aiutato 19 milioni di persone grazie anche alla collaborazione con partner locali. Con Welthehungerhilfe, Lo Porto al momento del sequestro si trovava in Pakistan, nella regione del Punjab, al lavoro su un progetto finanziato dall’Unione Europea per portare aiuto alle famiglie colpite, tra 2010 e 2011, dal terremoto e dalle alluvioni nella zona di Kot Addu.

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