Terremoto, L'Aquila vista dall'esterno
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Terremoto, L'Aquila vista dall'esterno

Un anno fa il trasferimento dalla lontana Lituania all'Italia. Un anno di vita nuova a L'Aquila. Un anno di speranze per una città distrutta.

Terremoto, L'Aquila vista dall'esterno
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5 Aprile 2013 - 13.04


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di Marija Marcenko

Valigie nascoste, casa confortevole, lavoro trovato, la lingua ancora si impara: un anno è già trascorso, con una velocità inaspettata. È tempo di tirare le somme: mi sono abituata in fretta a questa nuova realtà, anche se gli aquilani ancora non riescono a capire che la mia scelta di trasferirmi all’Aquila è stata fatta con serenità e lucidità.

Ora non guardo più L’Aquila dall’esterno, sono diventata parte della città e la carta di identità nella mia tasca mi ricorda che un giorno diventerò ufficialmente cittadina italiana.

Non è difficile mettere a confronto la mia vita di prima con quella di adesso, la mia vita lì e la mia vita qui. Mi basta ricordare qualsiasi giorno della settimana nel centro di Vilnius, con il suo mezzo milione di cittadini. Cercare con lo sguardo il tetto degli altissimi edifici pubblici fa quasi male agli occhi. Le possibilità sono infinite: dover scegliere dove andare, quale museo visitare, dove prendere un caffè con gli amici fa girare la testa. La sera ancora ‘peggio’: ci vorrebbe tutta la notte solo per scegliere un locale della movida cittadina. È tutto vivo, ci si immerge nel caos totale: le persone corrono tutte, c’è rumore in ogni angolo della città.

Torniamo a L’Aquila: un centro commerciale per fare tutte le spese, uno solo bar preferito fuori dal centro della città, strade vuote la sera, mancanza di attività. Qui il caos, o meglio, l’unico segno di vita della città è prodotto dai rumori della ricostruzione. Sofferenza è la parola d’ordine della vita all’Aquila. A questo punto vi starete chiedendo perché sono ancora qui e perché ho intenzione di restare. Le attrazioni notturne non sono i veri componenti della felicità. Non è la movida a riempire di soddisfazione la vita quotidiana. Sono le persone più intime, il lavoro, la lingua dolcissima, la natura bellissima, il sole ogni giorno fuori dalla finestra: è lo stato d’animo che hai dentro di te a far sbocciare il sorriso sul tuo viso.

Se vi manca la speranza per il futuro della vostra città, vi aiuterò a ricordare che siamo noi a costruire il nostro avvenire. Siamo noi a portare la vita avanti. Siamo noi a bloccare la malanconia della città e a dare impulso alla ricostruzione. Non ho cambiato idea rispetto all’anno scorso: nessuno è capace di distruggere la fiducia della gente.

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