Dopo venti anni torna il terrorismo mafioso
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Dopo venti anni torna il terrorismo mafioso

Un attentato dai tratti mafiosi che ci riporta alla memoria i brividi sinistri della stagione del terrorismo di mafia del 1992-93, una fase torbida di ricatti e sangue.

Dopo venti anni torna il terrorismo mafioso
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19 Maggio 2012 - 13.00


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La scuola: Morvillo-Falcone, in memoria del magistrato simbolo dell’antimafia e della moglie uccisi a Capaci nella primavera del 1992, il 23 maggio di venti anni fa. L’occasione: l’arrivo della Carovana antimafia della legalità, manifestazione itinerante e simbolica per tenere accesa la coscienza civile contro ogni criminalità organizzata.

Sembra chiaro che si tratta di un attentato dai tratti mafiosi. Un violento e sanguinoso avvertimento alla società civile che ci riporta alla memoria i brividi sinistri della stagione del terrorismo di mafia del 1992-93, una fase torbida di ricatti e sangue. Un periodo storico ancora avvolto nei misteri tipici della nostra storia recente, che si proietta come un’ombra, con tutto il suo carico di significati criminali e politici in una stagione così travagliata per la nostra società.

Nei primi anni Novanta l’obiettivo dei Corleonesi era chiaro: inserirsi nelle pieghe del cambiamento in atto in Italia, riformulando un sistema di alleanze criminali e politiche in grado di mantenere intatto l’enorme potere economico e simbolico di Cosa Nostra. E in collegamento diretto, garantire un nuovo patto di sangue tra potere illegale e legale.

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Nel 1992, in successione, i Corleonesi dopo aver ammazzato Salvo Lima, l’uomo che garantiva in Sicilia gli interessi della corrente andreottiana della Dc, misero in atto due stragi, a Capaci e in via d’Amelio a pochi mesi di distanza, eliminando con gli uomini delle loro scorte i due magistrati-simbolo dell’antimafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

L’anno successivo il 1993, cominciò con il fallito attentato di via Fauro a Roma, proseguì con la strage dei Georgofili a Firenze (cinque le vittime), con la strage di via Palestro a Milano (altre cinque vittime) e con la notte delle bombe contro il patrimonio artistico a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio al Velabro a Roma.

La mafia in due anni diede un segnale politico di cambiamento, eliminando Salvo Lima, uccise i simboli che la combattevano nel Palazzo di Giustizia e poi sceltre il terrorismo contro la società civile, contro le vittime casuali. I giornali dell’epoca, gli analisti poco attenti dei fenomeni oscuri della nostra storia, spiegarono che si trattava di stragi e bombe che servivano a fermare il cambiamento in atto (il mondo della prima repubblica era appena stato travolto da Tangentopoli). In realtà, nel corso degli anni, è apparso chiaro il disegno dei poteri oscuri. Utilizzare il cambiamento per ottenere un rafforzamento delle posizioni dominanti. Basta guardare lo svolgersi della storia, ricordare le attese e le speranze e trarne un giudizio.

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E oggi? Appare evidente una similitudine politico sociale: un momento di crisi, un sistema politico traballante e in fase di riconfigurazione. Un attentato terroristico in una scuola potrebbe significare una presa di posizione chiara e terroristica delle mafie che, come la storia insegna, nei momenti difficili non vogliono fermare il cambiamento, vogliono esserne protagonisti.

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