L’Italietta che ci ritroviamo
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L’Italietta che ci ritroviamo

Forse mai come adesso va materializzandosi la consapevolezza di aver peggiorato il mondo che abbiamo ereditato e di stare trasmettendolo ai nostri figli e nipoti.

L’Italietta che ci ritroviamo
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3 Gennaio 2012 - 10.19


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di Diego Maggio

I giovani escono dall’università e non trovano lavoro. I vecchi raggiungono l’età della pensione senza avere denaro sufficiente per vivere dignitosamente. Gli adulti non hanno tempo per sognare. Dalle otto del mattino alle cinque del pomeriggio lottano per mantenere la famiglia, per pagare le rette scolastiche dei figli, affrontando le innumerevoli fatiche che si riassumono nella espressione “la dura realtà”. Il mondo non si è mai presentato diviso come ora: guerre di religione, genocidi, crisi economiche, recessione, povertà, mancanza di rispetto per il pianeta. E tutti vogliono vedere immediatamente risolti per lo meno alcuni dei problemi che affliggono l’umanità o la propria vita personale. Ma l’orizzonte appare sempre più buio a mano a mano che avanziamo verso il futuro. Paulo Coelho

Sarebbe la solita comoda ricetta, questa del riportare un pensiero altrui (magari di uno scrittore “gettonato”) e poi cucirvi addosso le proprie scontate argomentazioni di contorno, se non fosse che le parole dell’incipit ad un libro appena comprato fotografano una condizione contemporanea così diffusa da poter definirsi universale.

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Forse mai come adesso va materializzandosi la consapevolezza di aver noi peggiorato il mondo che abbiamo ereditato e di stare trasmettendolo come un limone spremuto ai nostri figli e nipoti. Noi che siamo nati dopo l’ultima guerra che ha insanguinato l’Europa, abbiamo vandalizzato la storia con gli scempi e gli sprechi che abbiamo creduto restassero impuniti. E i posteri ci appiopperanno una sentenza che costituirà la misura dei disagi che a loro stiamo consegnando.

Dal “Diario degli errori” di un riscoperto Ennio Flaiano, leggo e trascrivo: “I giovani sono tristi perché cercano una libertà che nessuno gli nega, ma che non esiste. Sono tristi perché sentono che il tempo lavora contro la loro indignazione”.

Questa gerontocrazia che, a tutti i livelli, non si rassegna a togliersi di mezzo è il vero tappo allo sprigionarsi delle opportunità insite nella freschezza anagrafica. Una cosa è la saggezza che di solito consegue alla sommatoria delle esperienze, un’altra cosa è l’abbarbicamento al potere di chi ha un’età avanzata. Siamo l’unica democrazia occidentale che vede al ponte di comando solo canizie, calvizie e protesi dentarie. E anche … Viagra.

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Ma lo stesso geniale autore di quel Diario avverte che volere la libertà per cambiare un sistema, significa augurarsi un altro sistema che implicherebbe altre schiavitù.

Cosa succederà, dunque, a questa civiltà talmente ingessata da non prevedersi uno sbocco delle sue giunture e articolazioni? Saranno più credibili coloro che si battono il petto nei mea culpa facili-facili o i produttori di speranza per fatti concludenti? Ai nostri figli trasferiremo formule e retorica, oppure pane e valori?

Chi scrive ha sempre considerato una vera barbarie la “tassa di successione”. Suonerà ancor più da beffa il trasmettere onerosamente patrimoni svalutati, ambiente saccheggiato dal cemento e dai pesticidi, scuola con insegnanti frustrati e promozioni mercificate, ospedali per le carriere dei politici e non per la salute degli ammalati, tribunali per l’incremento dei bolli e non per lo snellimento della giustizia, professioni blindate da caste e dinastie, banche che concedono i fidi ai privilegiati e non alle buone idee, giovani cervelli che vengono indotti all’emigrazione per trovare sopravvivenza e rispetto, cubature autorizzate senza parcheggi né prati o alberi, ferrovie putride e al rallentatore, elezioni con candidature calate da segreterie e botteghe …

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Con quale faccia stiamo per sbolognare questo avvenire a coloro che abbiamo messo al mondo? Non sarebbe più onesto dire loro la verità e proporre in tempo l’applicazione di rimedi?

Togliamo i baronati dalle nostre Università, imponiamo le primarie in tutte le consultazioni, pretendiamo che i candidati siano trasparenti e capaci, rivalutiamo i meriti rispetto alle tutele, incentiviamo la costruzione delle famiglie anziché di altri inutili condomini, ripristiniamo la buona educazione negli uffici e agli incroci, dedichiamoci al bene comune oltre che a quello dei nostri cari, remuneriamo gli eroi del volontariato, togliamo ai politicanti il superfluo della loro sazietà autoreferenziale, diamo un tetto e un pasto caldo ai clochards, restituiamo la dignità ai senza lavoro, riequilibriamo le differenze dei redditi e la distribuzione delle risorse.

E a chi obiettasse trattarsi di sogni rivoluzionari o ingenuità “natalizie”, auguriamo di riuscire ad essere felice anche avendo sempre la pancia vuota.

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