Sanremo: l’appello del quotidiano dei vescovi: “Sul palco voci di pace ucraine e russe”
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Sanremo: l’appello del quotidiano dei vescovi: “Sul palco voci di pace ucraine e russe”

Il direttore di avvenire Marco Tarquinio rivolge un appello al f di Sanremo a margine delle polemiche che ci sono state sulla presenza da remoto del presidente Zelensky

Sanremo: l’appello del quotidiano dei vescovi: “Sul palco voci di pace ucraine e russe”
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29 Gennaio 2023 - 11.45


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Il direttore di `Avvenire´ Marco Tarquinio rivolge un appello al festival di Sanremo rispondendo alle lettere inviate al quotidiano per contestare il videomessaggio del presidente ucraino Zelensky annunciato per la finale di Sanremo 2023: «vorrei un intreccio di voci di pace, ucraine e russe e penso, come suggerisce uno dei lettori, che sarebbe importante poter ascoltare anche le canzoni di due grandi cantautori russi, Okudzava e Ševchuk, entrambi già onorati col Premio Tenco, magari cantate da Fiorella Mannoia. Non so se la Rai ne sarà capace, ma lo spero».

«Anch’io – scrive Tarquinio – preferirei che i Capi di Stato e di Governo si adoperassero, coi loro diplomatici, per porre fine alla guerra. E dal sanremese palco dell’Ariston anch’io vorrei poter ascoltare quest’anno voci di pace. Di quelli e quelle che hanno l’ardire di obiettare alla disumanità dello scontro bellico. Meglio se ucraini e russi insieme, come nel terzetto del premio Nobel 2022 che solo gli intossicati dall’odio e i signori del partito delle armi non hanno capito e si sono rifiutati di applaudire. Certo, Sanremo non è Oslo, ma alla sua speciale maniera (in italiano e in musica) parla al mondo intero, e non sarebbe affatto male ricordare anche dalla Città dei Fiori e del Festival che è lungo la via dove s’intrecciano volontà e voci di “nemici” che finirà il massacro e si uscirà dall’incubo».

«Mi piacerebbe molto ascoltare almeno una delle (troppo poche) ballate tradotte in italiano del grande Bulat Okudzava, premio Tenco 1985. Magari insieme a una delle canzoni dell’altrettanto grande e coraggioso Juri Ševchuk, che nell’ottobre scorso avrebbe dovuto essere nella città ligure per ritirare a sua volta (assieme al gruppo rock DDT) il riconoscimento dedicato a Tenco, e non ha potuto a causa della guerra».

Prosegue: «Sarei contento e grato se queste canzoni fossero proposte, e mi piacerebbe che accettasse di interpretarle un’altra artista generosa e coraggiosa: Fiorella Mannoia. Sì, sarebbe importante ascoltare le canzoni di Okudzava e di Ševchuk proprio dal palco di Sanremo e nel duro febbraio che s’annuncia, prologo non di primavera ma di una nuova stagione morta e di morte, che minaccia di coronare di sangue e spine il primo e terribile anno della seconda fase della guerra russo-ucraina».

E conclude: «Per favore, nessuno si sogni di dirci che dovremo ascoltare pure al Festival solo e soltanto il presidente ucraino Zelensky e non anche quei disarmati cantori russi della pace e della giustizia “perché Sanremo è Sanremo” e non è il “Tenco”… Parli lui, e si dia voce agli altri. Non so, se i vertici della Rai avranno la forza di compiere una scelta così eloquente e diversa, ma lo spero. Così come spero con coloro che, nonostante tutto, continuano a lavorare per fermare la carneficina e le distruzioni».

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