Riforma psichiatrica al palo senza risorse e strutture e con il 'nodo' dei pazienti anti-sociali
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Riforma psichiatrica al palo senza risorse e strutture e con il 'nodo' dei pazienti anti-sociali

Dopo la Legge Basaglia, che compie 45 anni il prossimo maggio e che permise la chiusura dei manicomi, ci fu la svolta nel 2014 con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), dopo la denuncia delle loro drammatiche condizioni.

Riforma psichiatrica al palo senza risorse e strutture e con il 'nodo' dei pazienti anti-sociali
Ospedali psichiatrici
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24 Aprile 2023 - 19.10


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La tragedia è stata enorme anche se – vedi la Lega – qualcuno evoca il ritorno ad un passato oscuro nel quale i ‘matti’ erano prigionieri a vita, come nei vecchi manicomi.

Resta una riforma al palo quella dell’assistenza psichiatrica per mancanza di risorse, con strutture del territorio ridotte all’osso, ma anche per la mancanza di un quadro giuridico di carattere penale che renda possibile intervenire su chi è violento. Dopo la Legge Basaglia, che compie 45 anni il prossimo maggio e che permise la chiusura dei manicomi, ci fu la svolta nel 2014 con il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), dopo la denuncia delle loro drammatiche condizioni.

La creazione della Rems (Residenze per le Misure di Sicurezza), strutture sanitarie residenziali con non più di 20 posti letto, dovevano rappresentare l’arrivo di un’assistenza diffusa e umanizzata rispetto al passato ma la tragedia della psichiatra uccisa da un suo ex paziente, dimostra secondo gli stessi medici, anche le difficoltà di questi centri, svuotati di risorse e organici.

Servirebbero altri 10mila operatori nei servizi di salute mentale, ma il problema della sicurezza, rimarcano gli esperti, è soprattutto giuridico. «Dopo la chiusura dei manicomi nel 1978, qualche anno fa sono stati chiusi gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Ora ci sono le Rems – spiega Massimo Cozza, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl Roma 2, fra i direttori dei dipartimenti che hanno lanciato oggi una lettera-appello al Governo e al presidente della Repubblica Mattarella – ma queste strutture non sono adatte per tutti, in particolare per i pazienti che soffrono di disturbo antisociale, a rischio di atti violenti, come è stato per l’uomo che ha ucciso la psichiatra. Questi pazienti restano a carico dei servizi del territorio, nei dipartimenti di salute mentale, senza che questi abbiano le forze e le condizioni per affrontare le esplosioni di violenza. La richiesta è quella di cambiare il codice penale, fermo al Codice Rocco degli anni ’30.

La proposta è di aprire in alcune carceri alcune sezioni specializzate per i pazienti con disturbo psicotico antisociale che si sono macchiati di reati».

Intanto il ministro della Salute Orazio Schillaci, ha convocato per mercoledì prossimo una nuova riunione per riprendere le fila del lavoro sulla riforma della psichiatria. «Nel corso di questi ultimi mesi abbiamo già iniziato ad affrontare il tema della salute mentale e della riforma delle procedure per l’assistenza nelle strutture residenziali psichiatriche. Mercoledì 26 aprile ci sarà una nuova riunione per la riorganizzazione del tavolo sulla psichiatria. Dobbiamo fare in modo che quanto accaduto a Barbara Capovani non si ripeta», ha detto.

I direttori dei dipartimenti di salute mentale chiedono da parte loro «nuovi strumenti, sia dal lato sanitario che della Giustizia, senza continuare a lasciare a mani nude migliaia di operatori». La Corte Costituzionale con la sentenza 22/2022, ha chiesto al Parlamento di intervenire su questo e gli stessi direttori di Dipartimento di Salute Mentale avevano diffuso una lettera appello alle Istituzioni per affrontare le gravi criticità dei servizi territoriali ed ospedalieri.

«Due richieste sono ad oggi senza risposte. C’è bisogno di rivedere, dopo la giusta chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, l’attuale situazione critica di risposte della società ai pazienti psichiatrici che commettono reati, che sta riversando su chi lavora nei reparti di psichiatria e nelle Rems, problematiche, in particolare relative a quelle persone che hanno manifestazioni aggressive incoercibili che non possono essere gestite con iniziative solo sanitarie», scrivono i direttori. I gravi disturbi di personalità antisociali, che commettono reati o che evidenziano condizioni di violenza, proseguono, «sono da affrontare attivando percorsi specifici di massima sicurezza che garantiscano cure appropriate ma anche l’incolumità e la protezione di chi lavora». C’è infine bisogno, concludono, «di una nuova progettazione della salute mentale in carcere» e «di rivedere le norme sulla semi-infermità e sulla non imputabilità»

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