Bassetti avverte: "Il farmaco per il fegato che va a ruba in Cina è la bufala del 2023"
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Bassetti avverte: "Il farmaco per il fegato che va a ruba in Cina è la bufala del 2023"

Usare l'acido ursodesossicolico (Udca) ora è un errore imperdonabile perché prima bisogna fare studi di Fase 2 e Fase 3 e dimostrare che i risultati siano migliori della terapia standard

Bassetti avverte: "Il farmaco per il fegato che va a ruba in Cina è la bufala del 2023"
Matteo Bassetti
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4 Gennaio 2023 - 11.37


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La richiesta di un vecchio farmaco per il fegato, che in Cina sta trovando una nuova vita contro il Covid, “è il segnale che a distanza di tre anni si ricommette l’errore già commesso con l’idrossiclorochina o con l’invermectina, ma con una piccola differenza: gli errori commessi nel 2020 erano anche ‘giusti’ perché si cercavano rimedi per un virus che non si conosceva.

Usare l’acido ursodesossicolico (Udca) ora è un errore imperdonabile perché prima di usare un farmaco sugli esseri umani bisogna fare studi di Fase 2 e Fase 3 e dimostrare che i risultati siano migliori della terapia standard con gli antivirali o i monoclonali. Mi sembra la bufala Covid del 2023, è l’antiscienza”. Così all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova, commenta l’attenzione mediatica sull’acido ursodesossicolico (Udca), medicinale fuori brevetto che si assume per bocca, che in Cina ha visto un’impennata dopo uno studio su ‘Nature’.

Fra i principali produttori mondiali di acido ursodesossicolico, tra l’altro, c’è una realtà italiana, Ice Group, con base a Reggio Emilia, acquisita dal Fondo internazionale d’investimento Advent International nell’ottobre del 2019. “L’acido ursodesossicolico è un farmaco che si usa per il fegato e che in uno studio su ‘Nature’, in vitro, ha dimostrato di funzionare contro il Covid e le sue varianti, ma non è stato mai fatto uno studio sui pazienti – avverte Bassetti – Dobbiamo fare molta attenzione e anche i media devono stare molto attenti a comunicare certe cose: non basta un lavoro, anche se pubblicato su una rivista come ‘Nature’. Altrimenti – conclude – si finisce che vale anche la cura con l’incenso o con il corno di rinoceronte”.

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