Dopo il lockdown è aumentato l'abuso di alcol tra gli adolescenti: lo studio
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Dopo il lockdown è aumentato l'abuso di alcol tra gli adolescenti: lo studio

Lo studio è curato dai medici del Pronto Soccorso del Irccs materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste e dell'ospedale di Cattinara, pubblicato sul 'Journal of adolescent health'.

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24 Settembre 2020 - 16.12


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Dopo il lockdown si è registrato un aumento preoccupante del consumo di alcol tra gli adolescenti, spesso associato a un abuso di altre sostanze stupefacenti: è quanto si evince da uno studio curato dai medici del Pronto Soccorso del Irccs materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste e dell’ospedale di Cattinara, pubblicato sul ‘Journal of adolescent health’. In particolare, è emerso un incremento percentuale decisamente importante dei ricoveri per “ubriachezza grave”, che in rapporto a tutti gli accessi in Pronto soccorso di quella fascia di età sono passati dal 2% del 2019 all’11% del 2020.
Secondo quanto riferito dai curatori della ricerca, guidati al Burlo da Giorgio Cozzi e a Cattinara da Alessandro Agostino Occhipinti, si è trattato di accessi di ragazzi e ragazze che hanno corso in più di un caso un reale pericolo di vita, per i traumi anche gravissimi con necessità di valutazione neurochirurgica associati all’ebbrezza da alcol e stupefacenti e per la necessità di supporto respiratorio che ha portato anche all’intubazione e all’accesso in terapia intensiva. Di fatto, una buona quota di questi ragazzi aveva precedenti di consumo o di abuso di sostanze.
“Senza voler eccessivamente semplificare l’impatto di salute di questa piccola epidemia in termini di ricoveri e gravità di patologia – afferma Egidio Barbi, direttore della Clinica pediatrica del Burlo – è stato, per la fascia adolescenziale, di gran lunga maggiore dell’impatto del Covid stesso. In altri termini – chiarisce – i nostri ragazzi hanno rischiato più la vita per questo che per il Covid”.
“Il significato di questo fenomeno – prosegue Barbi – è certamente correlabile alle difficoltà emotive e relazionali create dal lockdown, che hanno probabilmente favorito un ‘rimbalzo’ di comportamenti a rischio da liberazione dalle restrizioni. Ciononostante, il livello di incremento del numero di accessi e della loro gravità testimonia di una incapacità di controllo e di messa in pericolo reale che non può essere sottostimata”.
“I nostri ragazzi e le loro famiglie – sottolinea Giuseppe Abbracciavento della Neuropsichiatra del Burlo – hanno reinventato la convivenza in una condizione forzata che talvolta ha esasperato dinamiche conflittuali nel nucleo, altre volte ha invece facilitato una maggiore condivisione del tempo e un miglior riconoscimento dei bisogni dei ragazzi da parte dei loro genitori. Questo non è stato, però, sufficiente ai ragazzi nel meglio adattarsi alla fase subito successiva alla chiusura. Il lungo periodo di chiusura, con un limitato accesso a esperienze di messa alla prova nella vita reale con i pari, con i compiti evolutivi talvolta anche molto faticosi, ha portato a una ricerca di sensazioni ed emozioni intense, aprendo o riaprendo così la strada all’uso di sostanze psicoattive. La maggior parte di questi ragazzi, infatti, già prima del lockdown aveva avuto contatti con le sostanze psicoattive o con comportamenti a rischio”.
“Lo studio – commenta il direttore generale dell’Irccs, Stefano Dorbolò – ci lascia un interessante spunto di riflessione, considerate le dimensioni del fenomeno e le modalità distorte di reazione liberatoria dei giovani da una repressione forzata. Dovremmo far tesoro degli insegnamenti che questa esperienza ci ha lasciato – conclude – in modo da considerare le misure educative e comportamentali, preventive e precauzionali, che andranno attuate e condivise con le famiglie”.

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