Morti a migliaia e cinque milioni di sfollati: la guerra ad Est calcola le vittime
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Morti a migliaia e cinque milioni di sfollati: la guerra ad Est calcola le vittime

Finora gli Usa hanno stimato la presenza militare russa ai confini con l'Ucraina in 100 mila uomini, l'intelligence occidentale in 130mila

Morti a migliaia e cinque milioni di sfollati: la guerra ad Est calcola le vittime
Crisi tra Ucraina e Russia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Febbraio 2022 - 17.18


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Quando si comincia a quantificare i morti vuol dire che la campana sta suonando. Una campagna di guerra. 

Il sinistro conteggio

L’amministrazione Biden ha informato nei giorni scorsi i parlamentari americani e i partner europei che la Russia ha messo insieme il 70% delle forze necessarie per una invasione completa dell’Ucraina, che potrebbe causare fino a 50mila morti civili e 23mila militari ucraini, far capitolare Kiev in due giorni e scatenare una crisi umanitaria con fino a 5 milioni di rifugiati in Europa. Lo scrive il New York Times. L’intelligence Usa non pensa che Putin abbia ancora preso la decisione finale. Gli 007 Usa ritengono che il Cremlino, nel caso di un attacco, non muoverà fino alla seconda metà di febbraio, quando il terreno ghiacciato agevolerebbe il passaggio dei mezzi pesanti e le Olimpiadi invernali di Pechino saranno finite o quasi, evitando così di inimicarsi il presidente cinese Xi Jinping, che resta un alleato indispensabile. Nel frattempo, Mosca ha aumentato le truppe.

 Secondo il Washington Post, che riporta la stessa notizia, sono stati schierati 83 gruppi di battaglioni tattici, con circa 750 militari ciascuno, contro i 60 di due settimane fa. Le truppe sono supportate da decine di migliaia di persone per la logistica, il supporto aereo e quello medico. Finora gli Usa hanno stimato la presenza militare russa ai confini con l’Ucraina in 100 mila uomini, l’intelligence occidentale in 130mila. Per un’invasione completa, gli americani stimano che alla Russia serviranno tra i 110 e i 130 battaglioni, cioè circa 150mila persone.

Gli analisti americani erano inizialmente scettici sulla possibilità di un’invasione complessiva dell’Ucraina da parte della Russia. Ma considerando gli ultimi spostamenti di uomini e mezzi, spiegano dall’amministrazione, ora non escludono più quest’ipotesi.

Una volta cominciata l’invasione dell’intera Ucraina, l’esercito russo potrebbe conquistare Kiev nel giro di pochi giorni e provocare una gigantesca crisi umanitaria, con 5 milioni di persone che cercherebbero rifugio all’estero. 

Americani a Varsavia

Il portavoce della 18ma divisione meccanizzata polacca, Maj Przemyslaw Lipczynski, ha confermato all’agenzia di stampa Pap l’arrivo all’aeroporto di Jasionka, vicino a Rzeszo, del primo aereo da trasporto militare con le truppe Usa di rinforzo il cui invio è stato deciso dal presidente americano Joe Biden a causa della crisi in Ucraina.

Il prossimo volo era atteso per ieri pomeriggio ma dovrebbe arrivare in Polonia oggi come ha spiegato Lipczynski, secondo cui gli Stati Uniti “non hanno fornito ragioni per il rinvio”. Il portavoce ha rilevato come l’invio di truppe Usa in Polonia sia “un segno di solidarietà” rispetto all’intensificarsi delle tensioni al confine fra Russia e Ucraina e in generale in Europa orientale.

Ieri, l’agenzia Bloombergha pubblicato un titolo in merito all’inizio di un’invasione russa dell’Ucraina, prima di ammettere che si era trattato di un errore e di eliminarlo. “Questa è una perfetta dimostrazione di quanto sia pericolosa la situazione, provocata dalle infinite dichiarazioni aggressive che provengono da Washington, Londra e altre capitali europee”, ha detto il portavoce del Cremlino Peskov. “Questo è un esempio delle conseguenze che può avere l’atmosfera di estrema tensione che si è ora sviluppata a causa di queste azioni aggressive delle nostre controparti in Europa. E questa è probabilmente anche una grande dimostrazione di come tali messaggi possano portare a conseguenze irreparabili”, ha aggiunto.

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Le “false-flag”

Scrive per l’Agi Cecilia Scaldaferri: “Quello che succederà in Ucraina nel prossimo futuro non si sa, ma la Russia ha una lunga tradizione di operazioni false-flag, tattica ampiamente utilizzata in passato dal Cremlino durante la Guerra Fredda. Come ricorda Foreign Policy, tra gli esempi più eclatanti di questa strategia c’è la violenta repressione della Primavera di Praga, la stagione di riforme portate avanti nel 1968 dal leader cecoslovacco Alexander Dubcek.

All’epoca Leonid Brezhnev, insieme al capo del Kgb Yuri Andropov, usò una ventina di agenti sotto copertura per creare incidenti ad arte che giustificassero un intervento dell’Armata Rossa. Questi operativi erano completamente ‘illegali’, sotto il controllo della ‘Direzione S’ e non sotto il servizio diplomatico sovietico.

Dislocati nel Paese dell’Europa orientale e in altri vicini, si presentavano come giornalisti, imprenditori e studenti, spiando e mettendo in atto azioni sotto copertura – chiamate misure attive”nel gergo sovietico -per aprire la strada a un intervento del Cremlino. Inventavano storie per diffamare i politici riformisti cecoslovacchi, cercavano di convincere i giornalisti a pubblicare attacchi provocatori contro l’Unione Sovietica, individuavano coloro che dovevano essere deportati e fabbricavano prove dell’esistenza di un complotto occidentale a sostegno dei riformisti cechi.

Nel luglio 1968, venne opportunamente rinvenuto un deposito di armi risalenti alla Seconda guerra mondiale con la scritta ‘Made in Usa’ in bella vista. Una notizia sbandierata dalla stampa sovietica, insieme a una copia di un presunto piano segreto di Washington per rovesciare il governo di Praga. Addirittura, secondo Ladislav ‘Larry’ Bittman, ex 007 cecoslovacco passato poi dalla parte dell’Occidente, il Kgb aveva pianificato – senza poi metterlo in atto – di assassinare le mogli sovietiche di cittadini cechi per far ricadere la colpa sui controrivoluzionari.

Episodi simili – sottolinea Foreign Policy – si possono rintracciare in tutti i principali interventi dell’Armata Rossa a ‘sostegno’ dei Paesi nella sfera d’influenza sovietica, dall’Ungheria all’Afghanistan. Una pratica che risale agli albori dell’Urss nel 1922 quando la Cheka, predecessore del Kgb, usava operazioni di disinformazione per aiutare i bolscevichi a ‘pacificare’ l’Ucraina”. 

L’esercito dello Zar

Di grande interesse in proposito è il report del Post: “Negli ultimi due decenni la Russia ha investito molte risorse per modernizzare il suo esercito, che tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila aveva mostrato di essere estremamente arretrato e poco efficiente. Vladimir Putin, oggi presidente ma di fatto al potere in Russia dal 1999, ha reso le forze armate russe una minaccia reale e temibile per i suoi avversari: è un fattore importante da considerare, in questi giorni di altissima tensione al confine con l’Ucraina.

Sotto la leadership di Putin, l’esercito russo si è molto rafforzato: ha acquisito armi più precise ed efficaci, ha messo in piedi una catena di comando strutturata e formata da soldati di professione con esperienza alle spalle, e ha sviluppato una modalità “ibrida” di fare la guerra, mischiando l’uso della forza con attacchi informatici mirati e una potente macchina di propaganda al servizio del regime.

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Negli ultimi anni la Russia ha applicato gli strumenti di questa “guerra ibrida” anche in Ucraina, prima invadendo e annettendo la Crimea e poi sostenendo i ribelli separatisti nelle regioni orientali del paese. È anche per questo che oggi molti governi occidentali, oltre che il governo ucraino, sono preoccupati per i circa 100mila soldati ammassati al confine con l’Ucraina: in caso di invasione non sembra infatti che l’esercito ucraino abbia le capacità per opporre grande resistenza.

Vent’anni fa l’esercito russo era assai diverso da quello che oggi fa preoccupare l’Occidente.

Nei primi anni della presidenza Putin aveva moltissimi problemi, che furono evidenti sia durante la lunga guerra in Cecenia sia in un tragico incidente avvenuto il 12 agosto 2000, quando un siluro esplose all’interno del sottomarino nucleare Kursk affondandolo nel mare di Barents e uccidendo tutti i 118 marinai a bordo. In un approfondito articolo sul tema, il New York Times ha scritto che allora «i più importanti ufficiali vivevano in case popolari ammuffite e infestate dai topi» e i soldati poco addestrati invece di usare i calzini «spesso avvolgevano i piedi in fasce di stoffa, come avevano fatto i loro predecessori» nella Russia zarista e nell’Unione Sovietica.

Un momento di svolta arrivò nel 2008, durante la guerra che la Russia combatté contro l’esercito georgiano che aveva invaso l’Ossezia del Sud.

I russi riuscirono rapidamente a respingere le truppe della Georgia nel loro territorio, ma il conflitto mise in evidenza alcune grandi debolezze che caratterizzavano ancora l’apparato militare russo. Per esempio ci furono diversi episodi gravi di “fuoco amico” a causa del fatto che le truppe di terra non erano in contatto radio con l’aviazione; le comunicazioni funzionavano così poco che i militari a volte dovevano usare i loro cellulari personali; e carri armati e altri mezzi militari si rompevano spesso.

Dopo la guerra contro la Georgia, il regime russo avviò un processo di estesa modernizzazione dell’esercito, sia per quanto riguarda le armi da impiegare nei conflitti sia rispetto all’addestramento dei soldati e alla struttura della catena di comando. Tra le altre cose, cominciò a fare meno affidamento sui coscritti e a basarsi sempre di più su un nucleo snello di soldati ben addestrati e meglio pagati, per esempio, di molti dipendenti statali; e acquistò oltre mille nuovi aerei da guerra, tra cui i più avanzati della flotta, i SU-35S, che oggi sono in parte stati mandati in Bielorussia per le esercitazioni militari congiunte che dovrebbero tenersi il mese prossimo.

Uno degli elementi più importanti per il rafforzamento dell’esercito russo, ha scritto il New York Times, fu però l’accumulo di esperienza ottenuto nel corso degli anni facendola, la guerra. Una delle più importanti fu quella combattuta in Siria a fianco del presidente siriano Bashar al Assad, iniziata nel 2015 contro i ribelli che volevano rovesciare il regime.

L’intervento militare in Siria – che cambiò radicalmente l’andamento della guerra, fino a quel momento molto sfavorevole ad Assad – dimostrò in particolare i passi avanti che erano stati fatti nell’uso di missili guidati di precisione, ma non solo. Diversi esperti ritengono che fu una specie di “laboratorio” per affinare tattiche e armi, e per dare maggiore responsabilità anche agli ufficiali di livello più basso.

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Il mese scorso il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha detto che tutti i comandanti delle truppe di terra, il 92 per cento dei piloti e il 62 per cento dei militari della Marina hanno una qualche esperienza di combattimento. Il generale Philip Breedlove, comandante della NATO quando iniziò la guerra in Ucraina orientale nel 2014, ha detto: «La cosa che dobbiamo riconoscere ai russi è che stanno imparando a essere una forza di apprendimento e adattamento. Ogni volta che li vediamo in un conflitto sono un po’ migliori della volta precedente».

L’esercito di Kiev

A inquadrarlo nei dettagli è Paolo Mauri con la sua analisi su InsideOver.com: “Nel 2014  -scrive – l’esercito di Kiev era indebolito da anni di abbandono e sottofinanziamento, ed era composto da circa 6mila effettivi, ma, da quel momento, le forze armate hanno apportato notevoli miglioramenti: l’Ucraina ha infatti intrapreso sforzi per adottare gli standard della Nato e ha ricevuto una significativa assistenza dall’Alleanza e dagli Stati Uniti avviando nel contempo riforme modellate sull’esperienza fatta nella difesa contro l’aggressione russa. Le riforme spaziano dal livello tattico a quello strategico  e comprendono anche misure politiche (ad esempio aumentare la trasparenza, contrastare la corruzione e garantire il controllo civile sui militari) oltre che militari, come la modernizzazione delle attrezzature, la riforma dell’apparato di comando e controllo e una maggiore professionalizzazione delle forze armate.

Dal punto di vista politico, inoltre, Kiev nella sua Strategia di Sicurezza Nazionale (del 2020) ha identificato la Russia come una minaccia a lungo termine e ha stabilito di sviluppare relazioni più strette con l’Unione Europea, la Nato e gli Stati Uniti.

Dal punto di vista finanziario l’Ucraina nel 2021 ha stanziato 117,6 miliardi di hryvnia (circa 4,2 miliardi di dollari), facendo registrare una flessione di 127 milioni (4,6 milioni di dollari) rispetto al budget del 2020. Inoltre, gli stanziamenti di bilancio per la difesa dell’Ucraina sono divisi tra i fondi necessari per mantenere l’esercito e quelli per sostenere il suo ambizioso programma di riforme.

Oggi l’esercito ucraino può contare su circa 145/150mila uomini (incluse le forze aviotrasportate/paracadutisti) e su approssimativamente 50mila effettivi della Guardia Nazionale (che sovrintende al controllo dei confini), a cui si aggiungono 10mila della difesa civile, entrambi però non alle dipendenze del ministero della Difesa di Kiev. L’esercito rappresenta la fetta maggiore delle forze armate ucraine (12mila uomini fanno parte della marina e 40mila dell’aeronautica), ma nonostante una grande industria della difesa e vaste scorte di armi, gran parte dell’equipaggiamento dell’Ucraina è obsoleto oppure non è più aggiornato o comunque abbisogna di riparazioni significative.

Ciononostante negli arsenali ucraini sono presenti una serie di Mbt (Main Battle Tank) , Afv (Armoured Fighting Vehicles) e sistemi di artiglieria in numero tale da rappresentare una massa d’urto che, data la caratteristica di un possibile conflitto difensivo, e in particolar modo urbano, potrebbe offrire una certa resistenza in caso di invasione russa”.

Analisi di guerra. Perché questo è lo scenario sempre più realistico. 

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