Vado a fare il terrorista: Youssef Zaghba, la storia del terzo attentatore di Londra
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Vado a fare il terrorista: Youssef Zaghba, la storia del terzo attentatore di Londra

Fermato nel 2016 mentre tentava di imbarcarsi per la Siria, disse questo ai poliziotti. La madre era preoccupata e ha collaborato con la polizia.

Vado a fare il terrorista: Youssef Zaghba, la storia del terzo attentatore di Londra
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6 Giugno 2017 - 12.41


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L’ombra del terrore dello Stato Islamico e dei suoi foreign fighter si allunga anche sull’Italia. Il terzo terrorista dell’attacco sul London Bridge era di origini italiane e marocchine. Quando fu fermato a Bologna nel 2016 senza mezze parole, Youssef Zaghba aveva spiegato ai poliziotti le ragioni del suo volo solo andata per la Turchia:”Vado a fare il terrorista”. Lo riporta Repubblica.it in un artricolo di Carlo Bonini. Non aveva bagagli, soltanto uno zainetto. Sul telefonino di Youssef Zaghba vennero trovati video di propaganda dell’Isis, sermoni religiosi: gli indizi di un’adesione alla jihad.

Zaghba, originario di Fes, figlio di un marocchino naturalizzato italiano e di una donna italiana, veniva sporadicamente nel nostro Paese dopo la separazione dei suoi genitori. Era conosciuto dagli apparati di sicurezza. 

Era iscritto all’Aire, l’Anagrafe italiana dei residenti all’estero del comune di Valsamoggia (Bologna). L’ha confermato il sindaco, Daniele Ruscigno: “La famiglia risulta residente in una frazione di Castello di Serravalle. Sono stati tanti anni in Marocco e il ragazzo potrebbe essere rientrato nel territorio solo in transito tra il Marocco dove viveva e Londra. Di fatto non ha mai vissuto qui”. “L’unico membro della famiglia che ha vissuto qui e’ la madre che era conosciuta, ma da diverso tempo non si vedeva in giro – ha aggiunto Ruscigno -. Anche lei ha vissuto diverso tempo all’estero. Sul figlio non avevamo ricevuto nessuna informativa proprio perche’ residente all’estero”. La madre, a quanto risulta, sarebbe convertita all’Islam, la religione del marito, che si troverebbe in Marocco.

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Il fratello di Youssef Zaghba si chiama Kaouthar, ha 25 anni, e vive in Italia con la madre, nei pressi di Bologna. Il padre, Mohammed, 55 anni, risulta invece ancora iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), a Casablanca.

Ma come e quando si è radicalizzato Youssef Zaghba? Probabilmente sul web. 

Fu avvisato il procuratore aggiunto Valter Giovannini, all’epoca coordinatore del gruppo ‘terrorismo’ della Procura, che intervenne direttamente affinché il giovane non fosse fatto imbarcare, in attesa di approfondimenti. Fu chiamata la madre e la donna riferi’ che il figlio le aveva detto di essere partito per Roma. Fu disposto dalla Procura il sequestro del passaporto, del cellulare e del pc a casa, dove fu fatta una perquisizione. Non emersero elementi particolari, se non qualche documento di carattere religioso, scaricato da siti fondamentalisti.
Il giovane, che perse il volo, fu poi rilasciato. Dopo l’episodio di Bologna Zaghba fu monitorato dall’intelligence e risulta non aver vissuto in Italia stabilmente, anzi la sua presenza fu limitata a brevi periodi per visite.
Per il resto ci furono spostamenti tra il Marocco e l’Inghilterra. Dopo il fermo di Bologna dai servizi italiani fu mandato un appunto a quelli londinesi.

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La madre. Dopo averlo fermato gli investigatori avevano subito convocato la madre, che era tornata a vivere in Italia dopo il divorzio dal marito marocchino. – La madre del terzo terrorista di Londra, ha collaborato con le forze di polizia italiane E lei aveva confidato le sue preoccupazioni: “Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer, vede cose stranissime”. Su ordine della procura, gli agenti avevano subito perquisito l’abitazione, sequestrando il pc del ragazzo. È stata lei a indicare la pista londinese, sostenendo che ormai Yussef abitava nella capitale britannica e lavorava in un ristorante pachistano: “Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato così”.

Secondo quanto riporta Repubblica la procura aveva disposto una perizia completa sul cellulare e sul computer sequestrato nella sua casa. Ma prima che gli accertamenti fossero avviati, il Tribunale del Riesame ha accolto un ricorso presentato dal giovane italo-marocchino. I giudici hanno ritenuto insufficienti gli indizi per contestare il terrorismo, ordinando l’immediata restituzione dei dispositivi. Una decisione che ha impedito di completare i controlli sui suoi referenti.

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