Alberto Fortis conquista Roma (ma con qualche minaccia di morte)
Top

Alberto Fortis conquista Roma (ma con qualche minaccia di morte)

Il concerto tenuto dall’artista piemontese all’Auditorium della capitale, preceduto dalla surreale atmosfera creata dalle minacce di morte da lui subite, si è svolto con grande partecipazione di un pubblico entusiasta

Alberto Fortis conquista Roma (ma con qualche minaccia di morte)
Preroll

Giuseppe Costigliola Modifica articolo

2 Febbraio 2025 - 16.19


ATF

Alberto Fortis ha aperto l’atteso concerto romano con un commovente dialogo col pubblico. Vestito in un attillato abito in giacca e calzoni d’un bianco virginale, la voce eterea, il garbo estremo, il cantautore piemontese ha ricordato le minacce di morte che ancora lo perseguitano per un brano scritto oltre 45 anni fa, “A voi romani”. Evidentemente, il tempo è impotente di fronte al più stupido e distruttivo dei sentimenti umani, l’odio. Per l’ennesima volta ha spiegato che quel testo era rivolto ai discografici romani che in quel momento della sua giovane vita – siamo sul finire degli anni Settanta – a suo dire ne stavano meschinamente ostacolando la carriera musicale: “Ero innamorato della scuola cantautorale romana, soprattutto di De Gregori, ma anche del primo Baglioni. Roma sembrava chiudermi le porte e il brano lo scrissi contro la discografia, ma non fu capito. Era il più coraggioso ed esplicito atto d’amore nei confronti della città”, ha ribadito, tenendo a sottolineare che nella capitale ha parecchi amici e vi torna sempre con grande piacere, considera anzi un onore esibirvisi.

È stato questo il trampolino di lancio per allargare il discorso a temi universali quali la violenza e la guerra che appestano il mondo, follia umana senza spiegazione – e qui ha citato Primo Levi – che avvilisce l’umanità. Si è quindi soffermato su un tema delicato, il fatto che alcuni rapper suoi colleghi (se così possiamo definirli, visto l’abisso morale e creativo che li separa da lui) cantano impunemente temi come lo stupro di gruppo e la violenza contro le donne, tra l’indifferenza generale. Infine ha lanciato un accorato appello a ciascuno, affinché ci si renda tutti consapevoli del drammatico stato di cose che ci circonda, con le guerre e l’odio ad avvelenare le nostre vite, fomentati da inarrivabili poteri per i loro biechi scopi. Abbiamo tutti l’obbligo di opporci al male dilagante, uscendo dalla globalizzazione del pensiero e del sentire che ci imprigiona come in una rete, riappropriandoci della capacità d’una riflessione autonoma e impegnandoci a creare un consesso civile armonioso, intessuto d’amore e di solidarietà, dove la libertà e la creatività abbiano un ruolo decisivo.

Il concerto è stato consequenziale all’accorata introduzione. Una performance, diremo subito, entusiasmante, molto sentita da Fortis, il quale conserva la voce potente e cristallina che l’ha reso celebre, capace di spaziare dai toni alti del falsetto ai medi corposi, perfettamente adeguata all’andamento lirico di molti suoi brani. Si è esibito per oltre un’ora e mezza accompagnandosi con l’inseparabile pianoforte, un’armonica dylaniana (l’artista ha ricordato il suo incontro ad un concerto con l’icona americana, oltre ad evocare l’amato John Lennon e a rammemorare l’indimenticato mago Zurlì, al secolo Cino Tortorella, protagonista di un suo video), e delle campanelle eoliche che aumentavano la suggestività dei pezzi eseguiti.

E si è avvalso della proiezione di video, elemento a quanto pare divenuto imprescindibile nella contemporanea era delle immagini. Una sorta di performance multimediale, dunque, in cui le clip hanno accompagnato le canzoni amplificandone il significato, anche evocando una struggente stagione passata.

Il cantautore ha confermato il rapporto viscerale che intrattiene con il pianoforte, cui la voce si lega a meraviglia, estraendone contagiose sonorità ritmiche con una predilezione per i bassi della tastiera, ma anche con sapiente modulazione – pure nell’ambito degli stessi brani – tra parti melodiche e dolci e incisi cadenzati che hanno suscitato l’accompagnamento del pubblico. I brani proposti hanno spaziato dal repertorio classico a incisioni più recenti, ad eccezione proprio di “A voi romani”, che, in effetti, sarebbe stata fuori luogo in una serata dedicata alla concordia e all’amore universale. Sono così fluite per la gioia del pubblico versioni molto sentite di “Milano e Vincenzo”, “L’Amicizia”, “Il Duomo di notte” (incluso nella classifica delle 100 canzoni fondamentali della storia del pop-rock, come ricordato con comprensibile orgoglio dall’autore), “Fragole infinite”, una coinvolgente “Settembre”, “Marilyn”, “La neña del Salvador”, “Nuda e senza seno”, “Infinità infinita”, “Shopping con Alanis”, interpolati in un lungo medley con brani di altri artisti, come “One” degli U2, “Forbidden colors” di Sakamoto e persino accenni mozartiani, con l’esplicito richiamo ad una serie di personaggi (Gesù, Maometto, il Mahatma Gandhi, Osho, Pier Paolo Pasolini, John Lennon ed altri) che hanno speso la vita insegnando e diffondendo l’amore. Come a dire che fedi e ideologie vanno superate per realizzare l’unico sentimento che permette di costruire un mondo giusto e solidale. Superba, poi, l’interpretazione di “Orfeo Negro” (Mañana de carnaval), in lingua portoghese.

Prima dell’atteso bis, il cantautore ha regalato una chicca al suo pubblico, la clip del trascinante brano “Venezia”, di cui è anche regista, dedicato alla città lagunare che nel 2022 gli ha conferito il Leone d’oro alla carriera. Il bis non poteva che essere uno dei suoi brani più struggenti, dal testo che tocca le vette della poesia, reinterpretato anche con l’ausilio dell’armonica e con un trasporto che ha davvero riscaldato i cuori degli spettatori: “La sedia di lillà”. La voglia di mettersi in gioco è la stessa che lo ha accompagnato sino ad ora, l’energia e l’ironia dei suoi testi e della musica è immutata, e nell’indifferenziato panorama musicale di questi tempi è una gioia seguire artisti così.

Con questa acclamata esibizione Fortis ci ha infatti ricordato non soltanto il valore artistico della grande stagione del cantautorato italiano, di cui egli è originale espressione, ma anche e soprattutto l’impegno civile, la dedizione etica che caratterizza quella generazione di artisti, che hanno sempre considerato il loro mestiere al servizio dei valori della libertà e della civiltà. Un concerto costruito tra la nostalgia di un passato fervido di sperimentazioni ed un futuro aperto alla speranza, ma che ha anche stimolato un’amara riflessione su quel che siamo diventati, sul baratro creativo e morale di questi nostri tempi intrisi di violenza, egoismo e insulse vanità.

Native

Articoli correlati