L'esodo perpetuo. Il motivo biblico del popolo ebraico tra danza e teatro
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L'esodo perpetuo. Il motivo biblico del popolo ebraico tra danza e teatro

La compagnia Nogravity mette in scena al Teatro Menotti di Milano un suggestivo spettacolo di sculpture dance e physical theatre sul tema biblico dell'esodo, un viaggio nel tempo e nello spazio che giunge sino a noi

L'esodo perpetuo. Il motivo biblico del popolo ebraico tra danza e teatro
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

27 Settembre 2022 - 23.43


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Dal 27 settembre al 9 ottobre debutterà al Teatro Menotti di Milano Exodus, spettacolo di sculpture dance e physical theatre messo in scena dalla compagnia No Gravity, un’ora e mezzo di danza scultorea ed illusionistica che riprende nelle immagini dei corpi dei danzatori la grande tradizione cristiana dell’arte rinascimentale unita alla musica mediterranea di Jordi Savall, accompagnati dalla voce ebraica del grande artista Moni Ovadia, in un incontro suggestivo tra Oriente e Occidente.

Il titolo di questa ardita performance si riferisce al nome della nave che portò in Palestina i futuri cittadini israeliani nel 1947, e non a caso: il motivo dell’esodo ritorna nella storia ebraica come una ricorrenza ciclica a rappresentare il tema universale dell’immigrazione, che continua ad affascinare e spaventare anche la modernità. I due protagonisti, Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu, affrontano sul palcoscenico un nuovo viaggio iniziatico attraversando, con i loro danzatori, spiagge desertiche, tempeste dell’anima, naufragi dello spirito, metafora del Mare nostrum, il Mediterraneo, ove sprofonda o galleggia la nostra cultura, un’acqua che evoca simbolicamente un antico battesimo.

Lo spettacolo si lega al Libro del Qohélet, al profeta Giona, alla forza terribile del mare, alla violenza della natura umana, appunto al primo esodo registrato della storia, con il lungo cammino degli Ebrei, la dannazione dello spirito dei Cristiani, la coesistenza nella terra dove vivono anche i musulmani. Un viaggio di anime sospese, che, cacciate dal luogo natio, inseguono l’odore del sale, attraverso il quale i danzatori-acrobati della No Gravity creano nello spazio un susseguirsi di immagini evocanti antiche radici, narranti una storia senza tempo, oggi riconoscibilissima.

Un’ora di danza e teatro che riprende nella magia dei corpi la grande tradizione cristiana dell’arte rinascimentale, unita alla musica ebraica, romana, greca, aramaica e berbera di Jordi Savall e Walter Maioli, accompagnata dalla voce fuori campo del grande Moni Ovadia. Gli spettatori assistono così ad un suggestivo incontro tra Oriente e Occidente, materializzato dalla fluttuante e aerea plasticità di artisti capaci di rapire l’occhio nel vortice d’una fantasmagorica creatività. 

Abbiamo intervistato i due coreografi dello spettacolo, coppia nella vita e nell’arte, con due figli che si portano in tour per il mondo.

Pellisari, lei è un cultore di arte rinascimentale e barocca e ha al suo attivo spettacoli dal forte impatto visivo e suggestivo. Com’è nata l’idea di Exodus?
PELLISARI: L’etica e l’estetica, come diceva Kierkegaard, sono un binomio dialettico in eterna contrapposizione. Exodus affronta un tema etico, sociale e storico molto forte: le migrazioni dei popoli dai tempi dell’esodo biblico fino all’immigrazione oggi. Essendo io un esteta, non posso averlo dunque pensato io. Infatti il mio polo dialettico è rappresentato da Mariana, mia compagna di arte e di vita. Direi di più: Mariana rappresenta l’altra metà della nostra arte: lei è il lato dionisiaco ed etico della compagnia Nogravity. La domanda, dunque, va rivolta a lei!
PORCEDDU: Immersa nelle morti in mare e nel dramma dell’immigrazione, durante il periodo del covid si aveva tanto o troppo tempo. Ho iniziato per curiosità a scavare nella storia del Mediterraneo, sui libri, nella musica. Sono arrivata fino all’esodo biblico, al Qohelet, Giona, alla musica araba, dell’antica Roma, Berbera, Ebraica. Lo studio man mano si è trasformato in immagini, in danza, in un viaggio iniziatico di un uomo. Un viaggio straripante, ho raccontato tutto ad Emiliano.

Il Mediterraneo è sempre stato un crocevia di civiltà. Com’è riuscita a rendere plasticamente e visivamente questa peculiarità storica?
PORCEDDU: È la musica che ci guida in paesi, tradizioni e culture, religioni diverse. Nella musica è scritta la storia del mondo, proprio come nei libri. È grazie a lei che ci immergiamo nei primi giorni della nostra memoria storica, oltre la quale non si riesce ad andare, fino ad arrivare ai nostri giorni. La profonda voce di Moni Ovadia sprofonda anch’essa nella musica, portandoci nei versi di Qohelet e del West Land di Eliot. La danza? Anch’essa passa dagli antichi riti che sanno di dionisiaco, alle sculture apollinee tipiche della nostra tecnica Nogravity.

In che modo l’arte – e la danza nello specifico – può contribuire all’incontro pacifico fra i popoli?
PELLISARI: Il teatro ha un ruolo politico nel momento stesso che affronta pubblicamente un tema sociale. Non è necessario dare un messaggio. Detesto il teatro politico. Noi offriamo una chiave di lettura: tutti i popoli sono uguali di fronte al dramma della migrazione. In questa prospettiva il dramma della nave ebraica del ’47 dal nome Exodus e la tragedia dei palestinesi nei campi profughi sono tutti sullo stesso piano etico e religioso.

È difficile conciliare le tecniche illusionistiche e le dinamiche scultoree di Exodus con la purezza e la levità del movimento coreutico?
PORCEDDU: Anche questa volta la nostra danza non rinuncerà alle architetture, alla magia delle riflessioni, alla poesia, all’amore … e al volo…

Avete già in cantiere dei progetti per il prossimo futuro?
PORCEDDU: Emiliano è personaggio vulcanico e la sua mente produce continuamente nuove idee. il problema dunque è fermarlo!!!
PELLISARI: Piu o meno lo stesso problema che abbiamo sul palco a fermarla!!! Passerebbe la notte ad inventarsi coreografie!!! Per fortuna ci sono i figli a farci rimanere coi piedi saldati a terra…
PORCEDDU: Non divaghiamo… Comunque, a dicembre debutteremo con uno spettacolo su Pasolini con la voce di Dacia Maraini.

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