Chi è Slava, il rapper ucraino di Kharkiv: “Ho visto la mia città distrutta dai russi"
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Chi è Slava, il rapper ucraino di Kharkiv: “Ho visto la mia città distrutta dai russi"

Slava il rapper ucraino ha 27 anni e vive a Brescia. Quando è iniziato il conflitto ha iniziato a condividere foto e notizie che gli arrivavano da amici e parenti in Ucraina. Ospite di Propaganda Live.

Chi è Slava, il rapper ucraino di Kharkiv: “Ho visto la mia città distrutta dai russi"
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9 Settembre 2022 - 20.51 Giornale dello Spettacolo


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Slava, all’anagrafe Vyacheslav Yermak, è un 27enne di Brescia originario di Kharkiv, una delle città ucraine che più sta subendo i bombardamenti da parte dei russi. Ospite stasera di Propaganda Live, Slava dall’inizio della guerra non ha smesso di seguire gli eventi con le sue storie Instagram, viste da oltre 150mila persone, e con il suo canale Telegram Slava (Ukraine) da oltre 50mila iscritti, dove pubblica video e foto inviategli dai suoi connazionali.

Slava ha raccontato in un’intervista: “Quando è scoppiato il conflitto mia madre, che è qui in Italia, l’ha presa molto male. Io ho realizzato più tardi la situazione, dopo il terzo giorno. Inizialmente non sapevo cosa aspettarmi, pensavo che attaccassero qualche base militare fuori le città. Poi dai video che mi sono arrivati da varie parti dell’Ucraina mi sono reso conto che non era così”. 

“Spesso notizie, foto e video arrivano principalmente su Telegram, perché da noi i media sono poco affidabili, un po’ come in Russia, quindi le app vengono usate molto di più per veicolare le informazioni tra la cittadinanza. Anche quando scoppiarono le rivolte in Bielorussia Telegram veniva usato molto dai manifestanti per aggirare la propaganda”.

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Slava non aveva intenzione di diventare un punto di riferimento per chi vuole informarsi sulla guerra in Ucraina: “Questa cosa è partita casualmente con qualche storia su Instagram; poi la gente vedendo che avevo fonti e materiale interne al Paese ha iniziato a consultarmi e si è creato un passaparola con i tag nelle mie storie. All’inizio la prima cosa che mi premeva è l’approvazione degli ucraini riguardo questo modo di fare informazione tramite i social. Ho ricevuto molto supporto, anche da persone che non conoscevo e con cui poi ho stretto amicizia, ad esempio con persone del mio quartiere a Kharkiv. Ovviamente loro sperano che l’indignazione mondiale porti ad un qualche tipo di supporto e solidarietà con quanto sta accadendo. Gli italiani, invece, all’inizio erano un po’ scettici. Via via ho ricevuto spesso supporto anche da loro, benché ci sono sempre quelli che non ci credono, che nei messaggi ti scrivono per denigrarti”.

Nei giorni del conflitto, mentre la guerra continua, Slava si è organizzato: “Con delle dirette su twitch, insieme ad un mio amico qui in Italia, che tra l’altro è originario della Russia, abbiamo raccolto 11mila euro con le donazioni. Di questi, 3mila, che erano in cypto valute, le abbiamo donate direttamente all’esercito ucraino, mentre 8mila li abbiamo dati alla croce rossa per l’emergenza”.

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Slava sta pensando di recarsi di persona al confine con l’Ucraina per dare una mano: “L’idea è di affittare dei van e andare al confine rumeno con la Moldavia. Mi stanno scrivendo un po’ tutti: dal privato che ha messo a disposizione fino a dieci stanze in una struttura, all’associazione di volontariato. C’è molta voglia di aiutare”. 

Ma cosa pensano gli ucraini che si mettono in contatto con lui del conflitto? “La gente si era ormai abituata al fatto che ci fossero i carri armati addossati al confine. Nessuno sembrava davvero spaventato. Quando chiedevo ad alcuni parenti com’era la situazione, se fosse sicuro, loro rispondevano con le misure anti-Covid, credendo stessi parlando di quello. Da otto anni c’era una guerra nel Donbass, avevano fatto l’abitudine ai bombardamenti sul confine, solo che da noi in Italia queste cose non facevano notizia”. 

Mi sento costantemente con parenti e gli amici che sono lì. Ormai chi è in età per combattere viene reclutato, chi ha potuto mandare via la propria famiglia ha cercato di farlo, alcuni ci provano anche adesso, ma le persone vogliono combattere”. 

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E su Kharkiv, sua città natale? “Quando ho visto quell’esplosione nella piazza ci sono rimasto, io lì da piccolo ci andavo a vedere i fuochi d’artificio. È tutto assurdo. C’è chi la prende male, chi meno, chi ha paura di morire, chi no, ma alla fine non cambia nulla. Puoi anche nasconderti, poi esci per andare a prendere da mangiare e rischi di essere ucciso. Forse davvero i russi pensavano che avrebbero risolto in pochi giorni, forse anche gli ucraini la pensavano così ma si sono trovati con le spalle al muro. Un po’ come i gatti quando non hanno via di uscita e possono diventare molto pericolosi. Una nostra parente, una donna sui 45 anni, voleva arruolarsi come volontaria ma l’abbiamo fatta desistere perché ha una bambina. Quando è andata via ci scriveva dicendoci che si sentiva una traditrice, sono persone abituate ad una vita dura quindi non si faranno spaventare facilmente”.

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