Il distributore Paolo Minuto: "Il decreto ristori ci mette a rischio"
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Il distributore Paolo Minuto: "Il decreto ristori ci mette a rischio"

Per il cinema è ormai crisi senza fine: "Non comprendo perché  il Ministero abbia scelto il criterio di un minimo di incasso e non quello dei danni economici subìti"

Film "Sofia"
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14 Febbraio 2021 - 18.49


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di Chiara Zanini

È passato ormai un anno da quando, il 23 febbraio 2020, i luoghi della cultura venivano preventivamente chiusi al pubblico, causando gravi perdite o inattività totale per tanti lavoratori, in parte già allora precari.
Nel cinema c’è poi chi, dopo aver atteso a lungo un’interlocuzione con il Ministero, si trova ora con un aiuto di stato che non è un aiuto. È il caso dei distributori cinematografici indipendenti, cioè coloro che permettono al pubblico di vedere i film nelle sale. A gennaio, infatti, il Mibact ha comunicato come ripartirà i ristori promessi: sono eleggibili – si legge nel decreto – solo «i film che hanno ottenuto un incasso pari ad almeno 10.000 euro». ùParadossalmente, quindi, il provvedimento non tiene conto della situazione che si è venuta a creare, in quanto molti non hanno raggiunto tale cifra. I distributori, infatti, avevano acquistato dai venditori dei prodotti, cioè i film, che non hanno potuto sfruttare appieno poiché le sale hanno chiuso e sono chiuse ancora adesso. Mentre altri si rifiutavano di far uscire i propri film, gli indipendenti l’hanno fatto e sono rimasti beffati dal decreto. I professionisti del settore chiedono a gran voce al ministro riconfermato Dario Franceschini di poter essere autorizzati a riprendere l’attività dentro e fuori le sale. Per quanto riguarda la distribuzione cinematografica, non stiamo parlando di aziende appena nate, ma di lavoratori dall’esperienza decennale nel settore, che fanno notare come per il criterio dei biglietti venduti sarebbe dovuto essere l’unico accettabile. Questo però significherebbe per il Ministero dover ammettere di non aver voluto approntare alcuna campagna volta a far conoscere le sale come luoghi sicuri (dove nei periodi di apertura si è registrato un solo contagio) e come presidi culturali tanto quanto gli altri. Sale che oggi, come le case di distribuzioni indipendenti, sono a rischio. Dichiara ad esempio Paolo Minuto di Cineclub Internazionale Distribuzione:            

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«Non comprendo perché  il Ministero abbia scelto il criterio di un minimo di incasso e non quello dei danni economici subìti (rapporto spese-incassi). Così si escludono dal ristoro proprio i distributori più piccoli e i film più indipendenti, ma soprattutto i film più danneggiati. La Legge da cui il Decreto Ministeriale discende

prescrive il sostegno a tutti gli operatori del settore dello spettacolo    

tenendo conto altresì dell’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19».
Perciò, secondo Minuto, «il Decreto è in contraddizione anche formalmente con lo spirito dei provvedimenti di ristoro messi in campo dal Governo e da tutti i governi europei.

E configura un atto illegale, in quanto assegna dei fondi pubblici in senso opposto a quello previsto dal legislatore. Eppure l’esistenza dei piccoli distributori ha la valenza sociale e culturale dei piccoli editori e contribuisce alla distribuzione in sala, e quindi all’offerta al pubblico, di una varietà di film provenienti dai maggiori festival che altrimenti nessuno porterebbe nelle sale». Il distributore prosegue con un esempio chiarificatore:             

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«Prendiamo il film Sola al mio matrimonio di Marta Bergman, che sarebbe dovuto uscire il 5 marzo. Fino al 7 marzo il pubblico era ridotto, ma anche spaventato dall’arrivo dell’epidemia, di cui non si sapeva niente, quindi l’hanno visto in pochi. Poi c’è stata la chiusura dall’8 marzo. Così abbiamo deciso di riproporlo dal 1° ottobre, dopo qualche anteprima in alcune arene estive.

Ma a quel punto il pubblico era di nuovo spaventato dal ritorno dei contagi. Dopo tre

settimane le sale sono state chiuse di nuovo. Inoltre alcuni esercenti lo hanno comunque considerato come un film già uscito a marzo e gli hanno dato poco spazio, ed è quindi uscito in circa quindici città italiane, ma con pochi spettacoli e con pochissimo pubblico. Prima della pandemia i film che distribuivo arrivavano senza problemi alla soglia dei 10000 euro imposta dal decreto, e lo facevano entro due settimane al massimo. Ad esempio con un film come Sofia di Meryem Benm’barek li superammo già dalla prima settimana, ma con il Covid le perdite sono state notevoli in proporzione alla nostra dimensione aziendale. Come noi ci sono i distributori di film come “Vitalina Varela, Rosa Pietra Stella, Genesis 2.0, L, Varda par Agnes, L’Apprendistato e altri”. Ripeto, quello dell’incasso non è un criterio accettabile, perché esclude proprio chi ha subito più danni”.

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