Renato Zero cattivissimo con Achille Lauro: "Io cantavo la periferia, non ero un clown"
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Renato Zero cattivissimo con Achille Lauro: "Io cantavo la periferia, non ero un clown"

Il cantautore compie 70 anni e presenta il nuovo disco: "Orgoglioso del traguardo. Le radio? Non mi trasmettono. Come De André e Battiato"

Zero e Lauro
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24 Settembre 2020 - 12.30


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“Sono orgoglioso di esserci arrivato a 70 anni, di aver regalato brividi ed emozioni. I giovani? La facilità di visibilità che hanno oggi rischia di bruciarli troppo presto. Achille Lauro? Riesce ad affermarsi con poco. Io mi sono fatto il mazzo. Cantavo la periferia, non ero un clown”. A parlare è Renato Zero che il 30 settembre festeggia il suo compleanno con l’uscita di un nuovo disco: “Zerosettanta – Volume Tre”, il primo dei tre dischi che il cantautore ha deciso di regalarsi per l’importante celebrazione.

Come riporta l’Ansa gli altri due album usciranno il 30 ottobre e il 30 novembre:

“Quaranta brani, rappresentativi di un trascorso che qui vuole ribadire lo sforzo e l’attenzione verso quella coerenza che mi ha sempre contraddistinto”.

Zero ricorda con orgoglio il passato della sua carriera, che gli ha offerto “l’opportunità di far passare un pensiero e un modo di essere non convenzionale. Devo molto a Renato Zero, con il suo sacrificio mi ha consentito di resistere a certi condizionamenti anche discografici. In giacca e cravatta non sarebbe stato lo stesso”. A chi gli fa notare somiglianze con Achille Lauro replica deciso:

“Lui riesce ad affermarsi con poca spesa, io mi sono fatto un mazzo così, ma lungi da me giudicare. Io amo tutti quelli che fanno questo lavoro a patto che non prendano per il c**o il pubblico”.

E ancora, come riportato dal Corriere della Sera:

“Quando ho iniziato io dovevano sgomberare le piste dei locali, non c’erano palcoscenici. Sfollavano la pista da ballo e io cantavo con solo un revox, nella mia nudità coperta di piume. Non giocavo a fare il clown della situazione, io cantavo le problematiche della periferia, della borgata della gente emarginata”.

Nel disco spazio al rapporto con la fede (“una compagna necessaria insieme alla coscienza”), all’amore in tutte le sue forme, alla natura, al rapporto con il pubblico e perfino alla pandemia (“Il Covid-19 è figlio del consumismo, della spesa gigantesca spesso infruttuosa e inutile”). Durante la presentazione del nuovo lavoro, con i giornalisti collegati via Zoom, Zero ha proseguito parlando della musica di oggi:

“Non si può fare la musica chiusi in una stanza, soli davanti al pc, perché così diventa un soliloquio sterile. E la facilità di visibilità che hanno oggi i ragazzi rischia di bruciarli troppo presto”.

Renato Zero ha poi parlato della discografia (“Lascerò la scena molto prima di quanto si aspettano questi signori. Ma a loro voglio dire che gli artisti vanno accarezzati, difesi e rispettati”) e soprattutto si è rivolto alle radio, facendo riferimento agli scarsi passaggi riservati a taluni artisti:

“Nel nome del target, non passano le mie canzoni. De André, Guccini, Lauzi, Battiato sono stati abbandonati dalle radio che non danno la possibilità di ascoltare chi in questo Paese ha cantato alto. La monnezza la lasciassero agli inglese e agli americani che a casa loro mettono musica buona, a noi ci mandano lo spezzatino”.

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