Denunciare gli stupratori non è mai una moda ma una liberazione
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Denunciare gli stupratori non è mai una moda ma una liberazione

I soliti soloni che criticano chi denuncia a distanza di anni non sanno cosa sia né la sofferenze né la solitudine.

Abusi sessuali
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

3 Novembre 2017 - 14.11


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L’unica vera moda che si è innescata dopo che è scoppiato il caso Weinstein e i successivi: da James Toback, a Lars Von Trier, da Kevin Spacey a Dustin Hoffman, è quella dei Soloni da social che non fanno che infierire su chi denuncia gli abusi.  

Per questi presuntuosi infatti chi racconta oggi le molestie subite lo fa solo per ottenere visibilità. Non viene perdonato a queste donne e uomini (pensate al caso Spacey) di averlo fatto oggi: troppi anni dopo, troppo tardi.

Ma non esiste mai un “tardi” quando si tratta di liberarsi finalmente di una vicenda dolorosa che ci ha costretti in silenzio per troppo tempo, che ci ha resi infinitamente soli. 

Ricordate quando sono iniziate a emergere le testimonianze di chi aveva subito abusi nel mondo della Chiesa? Spesso uomini e donne hanno raccontato anche dopo 20 anni di essere stati oggetto di attenzioni di preti pedofili. Credete che quella valanga di denunce tra anni “80 e “90 arrivarono per “moda”? No! Semplicemente la spinta arrivata dalla prima denuncia ha dato loro il coraggio di liberarsi appunto di quel peso, di uscire dall’incubo insieme a tanti altri, sentendosi così più al sicuro e meno vulnerabili. 

Leggi anche:  Sequestrano 8 presunti pedofili, condannati a 6 anni di carcere due giovani di 19 e 20 anni: si ispiravano a una serie

E’ più facile sfondare il muro del silenzio insieme che in solitudine. 

Credete realmente che se subisci una molestia o ancora peggio uno stupro e passano anni questo dolore o il desiderio di giustizia sia prescritto? Non lo prescrive la legge perché dovremmo farlo noi miserabili, giudicando chi ha sofferto?

E’ vero le molestie non sono tutte uguali, ce ne sono più gravi di altre. Ma restano uguali le vittime perché tutte non dovrebbero essere giudicate.

Mi chiedo quale sia la differenza fra le tante donne che oggi attaccano le attrici vittime di produttori e registi perché “hanno barattato la carriera secondo loro con il presunto abuso” e chi distingue tra lo stupro compiuto da un immigrato nero e un carabiniere?

Ogni volta che guardate con sospetto una vittima state aiutando un porco a passarla liscia. L’essere attrici- attori, magari ricchi e famosi non toglie il fatto che si possa subire delle pressioni psicologiche importanti. 

In questo mondo social ci vorrebbe il tasto “mi astengo”, ma per usarlo dietro ogni account ci dovrebbe essere una persona munita di dignità. 

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