Brisighella: i comunisti nella terra dei preti
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Brisighella: i comunisti nella terra dei preti

Claudio Visani e Viscardo Baldi hanno raccontato una grande storia, quella del Pci, con gli occhi di una piccola comunità

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29 Agosto 2017 - 15.43


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“I comunisti nella terra dei preti – Storia e personaggi del Pci, Brisighella 1921-1991”, scritto da Claudio Visani e Viscardo Baldi, edito da Valfrido con il contributo della Fondazione Bella Ciao.
E’ il tentativo di raccontare una grande storia, quella del Pci, con gli occhi di una piccola comunità, raccontando le vicende personali, politiche e sociali di chi quella storia l’ha vissuta e costruita, sulla base anche di una ricca documentazione storica e fotografica.

 

Brisighella è nota per essere “la città dei cardinali”. Dal dopoguerra agli anni Ottanta era, assieme a Faenza, “l’isola bianca” della Romagna comunista e Repubblicana. Ma agli inizi del secolo scorso era l’idea socialista a prevalere. E dopo la scissione di Livorno che nel 1921 diede vita al PCd’I, i comunisti brisighellesi furono tra i primi ad aprire sezioni del nuovo partito e a subire, poi, le persecuzioni del regime fascista. Attivi nell’attività antifascista clandestina e protagonisti della Resistenza, i militanti e i dirigenti del Pci riuscirono poi, nel dopoguerra, nonostante la dura sconfitta del 18 aprile 1948 e il successivo predominio della Dc e dei potentati ecclesiastici del territorio, a costruire un partito di massa, di lotta e di governo, che ha espresso tre sindaci e che ha avuto fino a 800 iscritti su poco più di 2.000 elettori.
Questo libro racconta la storia del Partito comunista a Brisighella, dalla nascita nel 1921 alla trasformazione nel Partito democratico della sinistra (Pds) avvenuta nel 1991. La racconta sulla base di una ricca documentazione – scritta e fotografica – recuperata in diversi archivi. La racconta, soprattutto, ricostruendo le storie e le vicende personali e politiche dei “comunisti brisighellesi nella terra dei preti” che quella storia l’hanno faticosamente costruita e vissuta. Una ricostruzione frutto delle testimonianze dirette di chi c’è ancora e, per chi non c’è più, di vedove, figli, nipoti, amici e compagni di lotta. Un recupero della memoria che fa scoprire pagine drammatiche e commoventi di chi all’ideale politico e di partito ha sacrificato tutto, a volte anche la vita: come Luigi Fontana, uno dei fondatori del PCd’I, arrestato, condannato e morto per le conseguenze delle torture e della carcerazione; o come Renato Emaldi, il professore di Fusignano venuto a morire nei monti brisighellesi per la causa comunista e della Resistenza.
Da questo lavoro emerge uno spaccato di 70 anni di storia di una comunità, oltre che di un partito. Non solo. Osservando le storie personali e le vicende politiche del “microcosmo brisighellese” si ripercorrono e si comprendono alcuni dei passaggi più significativi della storia d’Italia: dall’insorgere del regime fascista alle persecuzioni dei “sovversivi” e all’attività clandestina dei comunisti nel Ventennio, dalla tragedia della Guerra al riscatto democratico della Resistenza e della Liberazione dall’occupazione tedesca, dalle battaglie unitarie di braccianti, mezzadri e operai nel primo dopoguerra alle contrapposizioni politiche e ideologiche tra social-comunisti e democristiani degli anni Cinquanta e Sessanta, dal movimento del Sessantotto per l’emancipazione giovanile e femminile al Compromesso storico e alla stagione politica del Pentapartito.

Il primo capitolo

Nel 1921 Brisighella è un paese molto popolato, con 14.664 abitanti di cui circa 6.000 a Fognano. Tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra c’è stata una graduale transizione da un’economia fino ad allora quasi esclusivamente agricola, che continua a caratterizzare soprattutto le zone montane, a una di carattere moderatamente industriale. Nel 1900 è arrivata l’energia elettrica, in tutta la zona del faentino sono state fatte opere di ammodernamento infrastrutturale, da una ventina d’anni è stata inaugurata la ferrovia Faenza-Firenze. Il Teatro Comunale “Casanova”, costruito tra il 1830 e il 1832 (nel 1981 verrà poi intitolato a Maria Pedrini, una delle maggiori cantanti d’opera italiane, nata nel 1910 a Brisighella) è un gioiello che ospita rappresentazioni di qualità, lo Stabilimento termale è aperto anche a scopo turistico, si costruiscono l’attuale Via Pascoli, la strada del Monticino, il Macello comunale, il Macello di Fognano.

Alla tradizionale attività dei cavatori del gesso, che esiste fin dal tempo dei romani ed è stata a lungo la principale fonte di attrazione dell’area (il Castello di Rontana e tutto il Borgo antico sono stati costruiti nel gesso al servizio dell’attività estrattiva), si cominciano a sviluppare l’artigianato, il commercio (nel 1921 si contano 500 piccoli commercianti a livello comunale), il lavoro cooperativo. Nasce anche il Consorzio Bacini Montani e l’economia locale può contare sul supporto di diverse banche presenti a Brisighella, Fornazzano, Villa Vezzano, Scavignano e Fognano. Nelle campagne la terra si comincia a lavorare con i mezzi meccanici, e l’innovazione tecnologica fa capolino anche in un altro settore chiave dell’economia locale, il tessile, causando però una perdita di competitività delle piccole attività artigianali nei confronti delle grandi industrie manifatturiere. Fallisce così la Filanda a vapore dei Lega, con sede nel cortile interno di via Baccarini e al suo posto, in Piazza IV Novembre, si insedia la ditta Pancaldi di Bologna, che nel 1914 dà lavoro ad oltre 100 donne. Ma la miseria e lo sfruttamento imperano tra le classi popolari. Le diseguaglianze tra ricchi e poveri sono enormi. Nelle campagne, soprattutto in montagna, molti sopravvivono coltivando piccoli “ronchi”e allevando qualche animale. Nei poderi più produttivi, i mezzadri subiscono le angherie dei possidenti terrieri. Nei centri abitati molti fanno la fame. Per braccianti e operai il lavoro è poco e malpagato. I ceti più emarginati vivono in povere case, generalmente poco più che tuguri.

A Brisighella il Trebbio è un ammasso di casupole di gesso e calce aggrappate alle pareti della Rocca e della Torre dell”Orologio. Eppure gli ideali mazziniani e socialisti a Brisighella, e ancor più a Faenza, faticano a trovare sbocchi, forza e organizzazione come invece avviene nel ravennate e nel lughese. Tutto il territorio faentino rimane ancorato alla sua tradizione cattolica, politicamente atipico rispetto al resto della Romagna. E questo tratto è ancora più marcato a Brisighella, città guelfa per eccellenza, terra di preti e cardinali, con potentati religiosi che nel corso dei secoli e ancor più sotto lo Stato Pontificio sono diventati dominanti nella cultura, nella politica e nell’economia. Tanto che alle elezioni del 1913 a Brisighella prevale nettamente il blocco cattolico- liberale, mentre i repubblicani vengono sorpassati dai socialisti. Il consenso riscosso dall’amministrazione moderata e la storica fiducia che la popolazione rurale ripone nella Chiesa, spiegano perché Brisighella non viene sostanzialmente toccata dai moti e dai disordini che seguono i fatti della “Settimana rossa”, l’insurrezione popolare che si sviluppa dalle Marche e dalla Romagna a tutto il Paese e sfocia nella proclamazione di uno sciopero generale, come reazione all’eccidio di tre manifestanti avvenuto ad Ancona tra il 7 e il 14 giugno 1914. E anche quando nel 1921 vanno al potere cittadino i socialisti emerge l’influenza e il legame forte con la componente cattolico-clericale dominante. Un anno prima, nel 1920, a Brisighella è morto sparato il commissario prefettizio Mario Giorgioni, che aveva sostituito il sindaco -il conte Camerini – dimessosi per contrasti interni alla giunta. La causa, secondo le cronache di allora, è la paura di un maresciallo che di fronte a un gruppo di giovani che protestano per l’arresto di un coetaneo si fa prendere dal panico e scatena un parapiglia nel corso del quale partono dei colpi di fucile che uccidono due persone, il commissario prefettizio e un giovane brisighellese di nome Lampredi.

Ai funerali partecipa una folla immensa e parlano diversi oratori e deputati fra i quali un giovane brisighellese, il professor Domenico Silvestrini, che l’anno dopo diventerà il primo sindaco socialista della città. Il fratello di Domenico, invece, sarà senatore democristiano. Entrambi sono cugini di Achille Silvestrini, che diventerà cardinale e potente Segretario di Stato in Vaticano.

Per saperne di più vai al sito Brisighella ai tempi del Pci

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