La triste vecchiaia di Paolo Villaggio
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La triste vecchiaia di Paolo Villaggio

Ormai 85 enne, è difficile leggergli nello sguardo quelle straordinarie doti che ce lo hanno fatto amare per tanto tempo.

Paolo Villaggio
Paolo Villaggio
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Piero Montanari Modifica articolo

3 Marzo 2017 - 19.13


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Si fa fatica a riconoscere oggi Paolo Villaggio, il grande attore comico, creatore di una delle maschere satiriche più intelligenti e divertenti degli ultimi 50 anni, il ragionier Fantozzi, che tra libri e film ci ha fatto ridere amaramente per decenni col suo sfortunato impiegato a cui crolla sempre addosso la vita.

Fatichiamo a riconoscere in questo attore, oggi malato di tristezza e dallo sguardo pieno di malinconia, il professor Kranz, prestigiatore cattivo e disumano, che insultava gli spettatori correndo tra le scale televisive di Quelli della domenica. Una comicità nuova si disse, paradossale, iperbolica, una comicità mai vista prima di Villaggio, che condensava con un lessico televisivo e cinematografico assolutamente fuori dagli schemi, un modo rivoluzionario di essere attore.

Oggi a lui, ormai 85 enne, è difficile leggergli nello sguardo queste straordinarie doti che ce lo hanno fatto amare per tanto tempo. E’ vero che la vecchiaia, come diceva Philip Roth, non è una battaglia ma un massacro, ma la cattiveria proverbiale di Villaggio sembra essersi trasformata in una triste bonarietà,  circondato dai suoi 120 chili trattenuti a stento nei suoi caffettani che ormai sono la sua divisa d’ordinanza.

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Mi si è stretto il cuore vedendolo implorare un po’ di vicinanza a suo figlio Pier Francesco detto Piero, che di dolori deve avergliene dati parecchi, ma che ora ha scritto un libro e cerca in televisione un momento di visibilità. Dice di suo padre che è  un vecchio egoista megalomane, che è stato assente per tutta la vita e che mai si è curato di lui, che di bisogni ne aveva a iosa, in una vita piena di travagli, tra viaggi iniziatici in India e in America e periodi di disintossicazione dalle droghe e dall’alcol a San Patrignano.

In una di queste sue apparizioni, da Barbara D’Urso, mentre sponsorizzava il suo libro dal titolo profetico “Non mi sono fatto mancare niente” (Mondadori), Piero Villaggio ha mostrato un video dov’era con suo padre che lo implorava quasi piangendo di stargli vicino, di non abbandonarlo, di vedere una partita di calcio in televisione o mangiare qualcosa insieme, in un momento umanamente davvero triste, uno di quelli che vanno per la maggiore nelle trasmissioni “gossippare” nelle quali si indulge e si fa scempio del dolore altrui.
Villaggio me lo voglio ricordare cattivo e intelligente, temuto per i suoi giudizi tranchant e un po’ stronzo, colto e grande attore con Fellini e Ermanno Olmi, anche se ormai, per dirla ancora come Roth, la sua battaglia si sta trasformando in un massacro

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