L'Ucraina corrotta nel mirino di Putin e Trump che di corruzione ne sanno molto
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L'Ucraina corrotta nel mirino di Putin e Trump che di corruzione ne sanno molto

Trump, ripetendo gli slogan russi, sottolinea che a Kiev non c'è alcun presidente legittimo, poiché non ci sono elezioni

L'Ucraina corrotta nel mirino di Putin e Trump che di corruzione ne sanno molto
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Beatrice Sarzi Amade Modifica articolo

14 Dicembre 2025 - 23.26


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Considero questo pagliaccio Zelensky, uno dei grandi, grandi uomini del nostro tempo nel circo mondiale.

È questo sostantivo, tutt’altro che lusinghiero, che putiniani, russi e non russi, usano per qualificare Zelensky, quando girano video in cui, fin dagli esordi dello Studio 95, lo vediamo far ridere, spesso in un certo senso, diremo che, sporco o non molto raffinato.

E poi, ultimamente, a questa qualifica, se n’è aggiunta un’altra, il capo dei corrotti, a causa di questa indagine del servizio anticorruzione, NABU, che ha stabilito, almeno da prove trapelate, che uno dei suoi più stretti collaboratori dallo Studio 95, Timour Minditch, aveva istituito un sistema nazionale di corruzione, racket, in uno scandalo che ha costretto le dimissioni del governo numero 2, Andriy Ermak e, mentre scrivo, le indagini non sono finite.

Quello che è certo è che questa indagine è giunta al termine sia per Trump che per Putin e ha messo tutta l’Ucraina, non solo Zelensky, in una posizione quasi impossibile per i negoziati in corso.

Putin, l’uomo più corrotto del mondo, e di gran lunga, proprio davanti a Trump, e l’uomo più ricco del mondo, e molto, molto più ricco di Musk e Bernard Arnault messi insieme, spingendo urla d’oro sulla corruzione ucraina e Putin si rifiuta di nominare nient’altro che “il leader della giunta di Kiev”, un regime contro cui il rullo compressore dell’esercito russo è stato lanciato su tutto il fronte, da settembre 2023: Kupjansk al nord, ha assicurato Putin, è caduto, e circa quindici brigate ucraine sono circondate, Pokrovsk è caduta, e l’esercito russo rovescia tutte le difese dei “burattini della NATO”.

Solo che Kupjansk non è caduto.

Ieri, milioni di persone in tutto il mondo hanno visto un video: è Zelensky in persona che, davanti all’ingresso della città di Kupjansk, che, a uno o due chilometri dal fronte, o meglio il cuore dei combattimenti, visto che non c’è alcun fronte, ha annunciato il ritorno di questa città martire invasa dai russi nel marzo 2022, liberata a settembre, costantemente bombardata da allora dall’artiglieria e dall’aria russa, e nella quale si erano nuovamente infiltrati, minacciando, infatti, di prenderla completamente. Non solo non l’hanno presa, ma sono stati cacciati.

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E immaginate questo, un capo di stato che si presenta, in mezzo ai combattimenti, per dire, no, gli ucraini resistono, e non mollano.

No, gli ucraini non mollano al fronte.

E non si arrendono più a Pokrovsk, dove ogni esperto militare considera disperata la situazione: nessuno pensa di poter resistere, eppure resiste.

Una resistenza terribile, dura, fastidiosa, e che, giorno dopo giorno, sta causando la stessa devastazione nell’esercito russo: ogni giorno, in media, 1000 o 1200 russi vengono messi fuori combattimento, uccisi o feriti gravemente, ogni giorno, senza alcuna interruzione, e quanti ucraini?… tre o quattro volte meno, ma fate i conti cosa possono essere le perdite umane dopo quattro anni. E nonostante tutto, nonostante la resistenza, nonostante le perdite, va ammesso che i russi continuano ad avanzare, anche se la loro offensiva appare ben spezzata a Kupjansk.

Ogni giorno, i russi bombardano le centrali elettriche, bombardano gli edifici residenziali, lasciando la gente senza calore in pieno inverno, senza acqua.

Eppure l’Ucraina resiste.

Sta resistendo sulla fronte.

Lei resiste, nella voce del presidente, a questa “pagliacciata” a livello internazionale, e resiste ad un’alleanza mai vista nella storia: l’alleanza, oggettiva, concreta, degli USA di Trump e Putin.

E anche qui sembra che il mafioso di Leningrado diventato assassino del Cremlino non possa avere tutto quello che vuole.

Zelensky sta invertendo le dittature americane.

Trump, ripetendo gli slogan russi, sottolinea che a Kiev non c’è alcun presidente legittimo, poiché non ci sono elezioni (Mélenchon è, oggettivamente, alleato di Trump quando ripete la stessa cosa, dall’incontro all’incontro, come Meloni).

Zelensky replica: è pronto a chiedere al parlamento ucraino, alla Rada, di cambiare la Costituzione e permettere, per la prima volta nella storia, in tempi di guerra attiva, di organizzare queste elezioni.

Ma sta sfidando Trump ad aiutarlo: volete le elezioni, beh, facciamole.

Per questo è necessario, almeno, un cessate il fuoco di diversi mesi, affinché si sia certi che, durante le riunioni elettorali, nessuno li bombarda, e che il personale dei candidati, che ovviamente saranno pubblici, non sia preso di mira dai missili.

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Al momento i russi si rifiutano e coglie l’occasione per sottolineare un’altra cosa: come far votare non solo i cittadini ucraini che vivono sotto occupazione: gli osservatori americani non dovrebbero testimoniare che non ci saranno pressioni su di loro?

E come far votare i milioni di ucraini in esilio in tutto il mondo che sono sempre meno aiutati nei loro paesi ospitanti?

Comunque questi osservatori esterni, in tutte le elezioni in Ucraina, sono d’obbligo, perché c’erano sempre sospetti di truffa, anche se, di truffa, non vi è ombra.

Comunque, fate entrare i vostri osservatori. E poi, ci vuole tempo, anche se le elezioni si terranno entro la fine del 2026, perché ci vuole tempo perché i candidati si dichiarino al di fuori dei mastodontisti che esistono da decenni, come Poroshenko, che si dichiara candidato in questo momento, o, anche se è più recente, come Zelensky stesso che non sappiamo ancora se è candidato al secondo mandato, che ha assolutamente diritto di combattere. Ad esempio, l’ex capo dello staff, Luzhny, dovrebbe avere tempo per fare campagna elettorale se si dichiara.

Immediatamente, apprendendo queste proposte da Zelensky, il Cremlino solleva forti urla: queste elezioni non possono che essere false.

Come se coloro che hanno tenuto Putin al potere per un quarto di secolo fossero sinceri dal 2012.

Ma qui, il “pagliaccio” Zelensky, riprendendosi il mantra di Trump, ha cambiato tutta la scommessa: certo che no, né Trump né Putin vogliono le elezioni in Ucraina, perché sanno che infatti, in queste elezioni, il favorito, nonostante tutto, sarà sempre Zelensky. e che il popolo ucraino, nonostante questi quasi quattro anni di guerra, continui a sostenerlo, o, almeno, a odiare il fascismo russo.

Lo stesso vale per una controproposta di Zelensky, sui territori del Donbass che Trump, ancora, nel valletto di Putin, gli ordina di abbandonare senza combatte: una decisione del genere, dice Zelensky, non può non essere presa da un uomo, era il Presidente della Repubblica.

Dovrebbe essere sostenuta da un referendum, da tutto il popolo.

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L’idea, quindi, è quella di dare voce a questo abbandono di sovranità sui territori non conquistati. Se tutto il popolo è d’accordo, allora sì, la Russia controllerà questi territori, anche se “demilitarizzati”.

Quindi, mentre scrivo, non ci sarebbero elezioni in Ucraina, ma elezioni e, contemporaneamente, un referendum?

Ed è il pagliaccio che mostra cosa sono veramente i pagliacci sinistri che governano Washington, i laquaisti, i portatori di armi degli assassini di Mosca.

E poi, c’è un’altra resistenza, questa, che va riconosciuta, senza tamburi e trombe, da altri “alleati”, che stanno modificando e modificando ancora il piano americano, che lo stanno modificando talmente tanto che Trump ora minaccia di distruggere la NATO.

Quello che posso dire è che, anche qui, c’è un cambiamento fondamentale: la maggior parte dei leader di stato occidentali ha capito che gli USA non sono affatto loro alleati.

Sono diventati i loro nemici.

Molti avranno visto video volgari dello Studio 95, ma non so se hanno visto gli schizzi e le canzoni che Zelensky ha creato ultimamente prima di entrare in politica.

Questi sono testi, spesso strazianti, sulla situazione in Ucraina e sui pericoli che la minacciano da ogni parte, da parte di Putin, ma anche dalla parte delle grandi aziende occidentali, e sulla corruzione interna.

E non so se hanno visto tutti gli episodi di “Servi del popolo”, e il modo in cui l’ultima serie, totalmente tragica, da incubo, ha dipinto la situazione in Ucraina. Come se, Zelensky stesse rivivendo, infatti, la situazione che gli era stata fatta negli ultimi episodi della soap opera che gli è valsa l’elezione.

Tranne che, nella vita reale, lui resiste, e resiste ancora, e trova sempre il modo di ribaltare una situazione disperata.

Disperato per l’aggressore, disperato per la situazione interna, di questa eredità di corruzione zarista e poi sovietica, disperato per la morbidezza, per non parlare dell’inutilità dei pagliacci che ha come alleati.

Perché lui resiste, a immagine della gente.

Considero questo pagliaccio uno dei grandi, grandi uomini del nostro tempo nel circo mondiale.

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