Sudan un anno dopo, l'apocalisse dimenticata
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Sudan un anno dopo, l'apocalisse dimenticata

Tra le guerre colpevolmente dimenticate, c’è quella in Sudan.

Sudan un anno dopo, l'apocalisse dimenticata
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Aprile 2024 - 23.28


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Tra le guerre colpevolmente dimenticate, c’è quella in Sudan. Ad accendere i riflettori mediatici ci prova l’Unhcr. 

Ad accendere i riflettori mediatici ci prova l’Unhcr. 

Sudan, apocalisse umanitaria

“Ad un anno dal suo scoppio – rimarca l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati – continua ad infuriare la guerra in Sudan, ed il Paese e i suoi vicini stanno vivendo una delle crisi umanitarie e di persone in fuga più grandi e impegnative al mondo. Il numero di sudanesi costretti a fuggire ha superato gli 8,5 milioni di persone, 1,8 milioni dei quali hanno attraversato le frontiere.


Il conflitto in corso ha sconvolto la vita delle persone, riempiendole di paura e smarrimento. Gli attacchi ai civili e le violenze sessuali e di genere legate al conflitto continuano senza sosta, in violazione del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani. Il Sudan ha sperimentato la quasi completa distruzione della sua classe media urbana: architetti, medici, insegnanti, infermieri, ingegneri e studenti hanno perso tutto.


I limiti di accesso, i rischi per la sicurezza e le sfide logistiche stanno ostacolando la risposta umanitaria. In assenza di reddito, e in un contesto di interruzione delle consegne di aiuti e dei raccolti, la gente non riesce a procurarsi il cibo, provocando l’allarme per il peggioramento della fame e della malnutrizione in alcune zone del Paese.
Ad un anno dallo scoppio della guerra, migliaia di persone attraversano quotidianamente i confini come se l’emergenza fosse iniziata ieri. In Sud Sudan, continuano ad arrivare in media oltre 1.800 persone al giorno, aumentando la pressione sulle infrastrutture sovraccariche e aggravando le vaste necessità umanitarie. Il Paese ha ricevuto il maggior numero di persone dal Sudan – quasi 640.000 persone – molte delle quali sud sudanesi rientrate dopo molti anni.


Il Ciad ha registrato il più grande afflusso di rifugiati della sua storia. Sebbene i team dell’Unhcr e dei partner siano riusciti a ricollocare la maggior parte dei rifugiati in insediamenti nuovi e più ampi, più di 150.000 rimangono nelle aree di confine in condizioni di sovraffollamento e insalubrità, in gran parte a causa della carenza di fondi. Nella Repubblica Centrafricana, solo a marzo, oltre 2.200 persone sono arrivate dal Sudan in aree difficili da raggiungere, dove le difficoltà logistiche ostacolano la consegna degli aiuti.


Il numero di sudanesi registrati presso l’Unhcr in Egitto è quintuplicato nell’ultimo anno, con una media giornaliera tra i 2.000 e i 3.000 rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Sudan che si avvicinano alle aree di accoglienza dell’Unhcr nella Grande Cairo e ad Alessandria.


Anche l’Etiopia, che già ospita una delle più grandi popolazioni di rifugiati del continente africano, riferisce di continui arrivi di rifugiati, che di recente hanno superato le 50.000 unità.


Coloro che attraversano le frontiere, per lo più donne e bambini, arrivano in aree remote con poco o nulla e hanno un disperato bisogno di cibo, acqua, riparo e cure mediche. Molte famiglie sono state separate e arrivano in difficoltà. Genitori e bambini hanno assistito o subito violenze terribili, il che rende prioritario il sostegno psicosociale.
Molti bambini arrivano malnutriti. In Ciad, negli ultimi mesi sono stati identificati 33.184 casi di malnutrizione acuta moderata e 16.084 casi di malnutrizione acuta grave tra i bambini arrivati sotto i 5 anni. Con il protrarsi del conflitto e l’aggravarsi della mancanza di assistenza e di opportunità, un numero sempre maggiore di persone sarà costretto a fuggire dal Sudan verso i Paesi limitrofi o a spostarsi ulteriormente, rischiando la vita intraprendendo viaggi lunghi e pericolosi per mettersi in salvo.


Nell’ultimo anno, l’Uganda – che conta già oltre 1 milione di rifugiati – ha accolto 30.000 rifugiati sudanesi, di cui oltre 14.000 dall’inizio dell’anno. La maggior parte dei sudanesi arrivati proviene da Khartoum e ha un’istruzione di livello universitario. Le statistiche dell’Unhcr mostrano un aumento dei movimenti di rifugiati sudanesi verso l’Europa, con 6.000 arrivi in Italia da Tunisia e Libia dall’inizio del 2023 – un aumento di quasi sei volte rispetto all’anno precedente.


I Paesi ospitanti sono stati estremamente generosi nell’accogliere coloro che sono stati costretti a fuggire e nel fare sforzi per garantire loro l’accesso ai servizi pubblici, tra cui documenti, istruzione, assistenza sanitaria e alloggi. Stiamo lavorando duramente per mobilitare una risposta tempestiva allo sviluppo per sostenere i servizi nazionali in linea con il Patto globale per i rifugiati.


Nonostante l’ampiezza della crisi, i finanziamenti rimangono estremamente bassi. Solo il 7% dei requisiti delineati nel Piano di risposta regionale ai rifugiati per il Sudan per il 2024 è stato soddisfatto. Allo stesso modo, il Piano di risposta umanitaria per l’interno del Sudan è finanziato solo al 6%. l’Unhcr e i suoi partner stanno salvando vite umane, ma in molte località non siamo riusciti a fornire nemmeno il minimo indispensabile.  È necessario un impegno deciso da parte della comunità internazionale a sostenere il Sudan e i Paesi che ospitano i rifugiati, per garantire che coloro che sono stati costretti a fuggire dalla guerra possano vivere in modo dignitoso”.

Un rapporto di Msf

La crisi in Sudan è una delle peggiori che il mondo abbia mai visto da decenni – dichiara Christos Christou, presidente internazionale di Medici senza frontiere – Ci sono livelli estremi di sofferenza in tutto il paese, i bisogni crescono di giorno in giorno, ma la risposta umanitaria è profondamente inadeguata. In molte delle aree in cui lavoriamo, siamo l’unica organizzazione umanitaria presente. Prima dell’inizio della guerra, c’erano decine di organizzazioni internazionali che rispondevano in tutto il paese. Ora non ce n’è quasi nessuna. Per una crisi di questa portata è inimmaginabile e inaccettabile, e questo livello di negligenza internazionale è scioccante. Come Msf esortiamo le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie a raddoppiare gli sforzi per fornire assistenza alla popolazione del Sudan”.

Blocco degli aiuti umanitari

Fin dall’inizio della guerra, e in particolare negli ultimi sei mesi, c’è stato un sistematico impedimento dell’accesso degli aiuti, compreso del personale e delle forniture, nelle aree di grande bisogno, in particolare nelle zone del paese controllate dalle Forze di Supporto Rapido (RSF). In Sudan, solo il 20-30% delle strutture sanitarie è ancora funzionante e se non arrivano i rifornimenti la popolazione avrà ancora meno accesso alle cure. “Non c’è dubbio che in Sudan ci siano sfide enormi, ma non sono insormontabili. È possibile rispondere e noi lo sappiamo, perché come Msf siamo lì. Il blocco degli aiuti equivale a un impedimento deliberato della fornitura di assistenza umanitaria e sta avendo un impatto devastante sulla vita di milioni di persone in tutto il paese” continua il dott. Christou di Msf. “Molte delle nostre strutture sono a corto di forniture: al Turkish Hospital di Khartoum, ad esempio, è rimasto solo il 20% delle scorte e abbiamo già esaurito l’artesunato, farmaco essenziale per il trattamento della malaria”.

Le conseguenze indirette della guerra sulla salute della popolazione sono state altrettanto devastanti. Le cattive condizioni di vita, la mancanza di accesso all’acqua potabile, la mancanza di vaccinazioni e di accesso all’assistenza sanitaria hanno creato le condizioni per esacerbare significatamene la prevalenza di malattie e l’insorgenza di focolai. Le équipe di Msf hanno registrato più di 100.000 casi di malaria, curato più di 2.000 persone per il colera e registrato diverse migliaia di casi di morbillo. Le donne incinte sono particolarmente colpite dalla mancanza di accesso all’assistenza sanitaria: nell’ultimo anno, Msf ha assistito più di 8.400 parti e ha effettuato 1.600 parti cesarei.

Anche la malnutrizione è un bisogno critico e crescente. Msf ha supportato il trattamento di oltre 30.000 casi di malnutrizione acuta in un anno. In Darfur settentrionale, nel campo di Zamzam, i tassi di malnutrizione hanno raggiunto la soglia d’emergenza specialmente tra i bambini ed è allarmante il numero totale di decessi giornalieri.

“I pazienti muoiono a causa delle ferite provocate dalla violenza e di malattie prevenibili, i bambini muoiono a causa della malnutrizione. I vaccini si stanno esaurendo e sono già scoppiati focolai di malattie mortali come il colera e il morbillo. I dati sono estremamente allarmanti e ci aspettiamo che la situazione peggiori. Le previsioni sull’insicurezza alimentare sono estremamente preoccupanti anche per il resto del paese. Questi sono solo alcuni indicatori medici degli immensi bisogni basati sulle poche aree in cui Msf è in grado di accedere e rispondere, ma sappiamo che questa è solo la punta dell’iceberg. I bisogni in tutto il paese sono enormi e in gran parte non soddisfatti” dice il dott. Christos Christou di Msf.

Nonostante le difficoltà, la presenza dei team di Msf e l’assistenza medica dimostrano che è possibile svolgere attività umanitarie in Sudan. Tuttavia, molto spesso le équipe di Msf si trovano a essere gli unici attori umanitari nelle aree in cui lavorano. Di fronte agli immensi bisogni della popolazione, è necessario e urgente un massiccio aumento della risposta umanitaria. “Per fornire assistenza sanitaria lavoriamo in un contesto di estrema insicurezza ed è fondamentale che le parti in conflitto aderiscano al diritto internazionale umanitario e alle risoluzioni umanitarie dell’accordo di Gedda che hanno firmato nel maggio dello scorso anno per proteggere i civili e garantire un accesso umanitario sicuro a tutte le aree del Sudan – questo include la revoca urgente del blocco, l’apertura delle frontiere e degli aeroporti” conclude il dott. Christos Christou, presidente internazionale di Msf. “Esortiamo le Nazioni Unite a usare la loro influenza e la loro leadership in questa crisi per garantire che le parti in conflitto rispettino questi obblighi e per avviare con urgenza un rapido aumento della risposta umanitaria. Esortiamo inoltre i donatori ad aumentare i finanziamenti per la risposta umanitaria in Sudan. Senza questi tre impegni essenziali, non sarà possibile fornire una risposta umanitaria sufficiente per evitare che questa crisi colossale peggiori ulteriormente”.

Sudan, per non dimenticare. 

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