Palestina, gli accordi di Oslo 30anni dopo: muore la speranza, si moltiplicano gli insediamenti
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Palestina, gli accordi di Oslo 30anni dopo: muore la speranza, si moltiplicano gli insediamenti

Oslo, trent’anni dopo. E’ morta la speranza, si sono moltiplicati gli insediamenti. A darne conto è un documentato Rapporto di Peace Now, la storica organizzazione pacifista israeliana, che grazie a JCall Italia, Globalist pubblica nella sua interezza.

Palestina, gli accordi di Oslo 30anni dopo: muore la speranza, si moltiplicano gli insediamenti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Settembre 2023 - 14.09


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Oslo, trent’anni dopo. E’ morta la speranza, si sono moltiplicati gli insediamenti. 

A darne conto è un documentato Rapporto di Peace Now, la storica organizzazione pacifista israeliana, che grazie a JCall Italia, Globalist pubblica nella sua interezza.

Un Rapporto che documenta una realtà che è crescita nel corso degli ultimi trent’anni, e che oggi ha ucciso ogni residua possibilità di praticare una pace fondata sulla soluzione “a due Stati”. Il governo fascista, definizione di Haaretz, che oggi guida Israele, a questa inarrestabile, anche per la connivenza e i silenzi complici della comunità internazionale, politica colonizzatrice, ha dato una forte connotazione ideologica. L’occupazione, la colonizzazione di Giudea e Samaria (i nomi biblici della West Bank) altro non è che l’affermazione sul campo del disegno di Eretz Israel, la Grande Israele. Un disegno colonizzatore e razzista, che ha portato alla creazione, de facto, nei territori palestinesi occupati, un regime di apartheid. Uno Stato palestinese è irrealizzabile. Non solo perché chi governa oggi Israele, considera il solo parlarne una provocazione, una blasfemia. E’ impossibile, perché la realtà determinata con atti unilaterali da Israele ha fatto sì che la West Bank (Cisgiordania) sia oggi un territorio frantumato in una miriade di enclave, popolato da quasi mezzo milioni di coloni che da quella che considerano la loro terra sacra, non se ne andranno mai. In decine di articoli e report, Globalist ha documentato l’espansionismo israeliano, che in diversi passaggi, come per Gerusalemme Est, ha assunto i sinistri caratteri di una “pulizia etnica” condotta nei confronti della popolazione palestinese. 

Trent’anni dopo gli accordi di Oslo-Washington, la verità storica è quella che svelano le cartine geografiche della Cisgiordania: pezzetti di territori abitati dai palestinesi circondati da insediamenti israeliani, molti dei quali diventati, non solo per dimensioni ma per connotati giuridici, vere e proprie città.

Scrive Peace Now: “Al momento della firma degli Accordi di Oslo nel 1993, c’erano circa 110.000 coloni in Cisgiordania e circa 140.000 a Gerusalemme Est. In Cisgiordania c’erano 128 insediamenti e a Gerusalemme Est l’attività di insediamento era concentrata in 12 grandi quartieri, costruiti per lo più negli anni ’70 e ’80, come Gilo, Pisgat Ze’ev, Ramot e altri.

Oggi, 30 anni dopo, ci sono circa 465.000 coloni in Cisgiordania, residenti in circa 300 insediamenti e avamposti. A Gerusalemme Est ci sono circa 230.000 coloni, oltre a circa 3.000 che risiedono nei quartieri palestinesi di Gerusalemme Est.

Gli accordi di Oslo, firmati 30 anni fa questa settimana, avrebbero dovuto portare a un accordo di pace tra Israele e uno stato palestinese sovrano entro il 1999. Pur specificando che le questioni degli insediamenti, di Gerusalemme e dei confini (tra le altre) sarebbero state negoziate, gli accordi di Oslo vietavano la creazione di nuovi insediamenti e qualsiasi modifica alla realtà esistente sul territorio. In pratica, nonostante i divieti, l’impresa degli insediamenti ha prosperato negli ultimi trent’anni, soprattutto grazie a cinque diversi fattori: l’espansione degli insediamenti esistenti, la creazione di centinaia di avamposti, la costruzione di strade di circonvallazione, l'”importazione” di popolazioni ultraortodosse negli insediamenti e la creazione di insediamenti all’interno di quartieri palestinesi a Gerusalemme Est.

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Cisgiordania – Espansione degli insediamenti, creazione di avamposti, strade di circonvallazione e -importazione״ di popolazioni ultraortodosse

All’epoca degli accordi di Oslo, in Cisgiordania c’erano 128 insediamenti con una popolazione di circa 110.000 coloni. Nel corso di questi trent’anni, sono stati avanzati centinaia di piani che hanno ampliato gli insediamenti e, cosa ancora più significativa, ne hanno aumentato la popolazione. Yitzhak Rabin, che firmò gli accordi di Oslo, decise di congelare la maggior parte delle costruzioni negli insediamenti, ma dopo il suo assassinio e l’ascesa di Benjamin Netanyahu alla carica di primo ministro, questa politica cambiò drasticamente. Netanyahu ha interrotto il blocco delle costruzioni e ha permesso l’avanzamento dei piani di costruzione degli insediamenti esistenti. Questi piani sono stati giustificati sostenendo che non aumentavano l’impronta territoriale degli insediamenti o che erano adiacenti a quelli esistenti. In pratica, non solo gli insediamenti si sono espansi territorialmente, ma la loro componente demografica si è quasi quintuplicata.

Creazione di nuovi insediamenti – avamposti

Poiché gli accordi di Oslo vietavano espressamente di modificare unilateralmente la realtà sul terreno, il Primo Ministro Netanyahu e il governo israeliano hanno trovato un “trucco” per aggirare questo divieto. Nonostante il divieto, hanno creato almeno 200 nuovi insediamenti, noti come avamposti. Gli avamposti sono insediamenti che vengono creati senza l’approvazione ufficiale del governo e senza piani di costruzione approvati. Nel corso degli anni, il governo israeliano ha adottato diverse misure per screditare e sminuire il significato di questi avamposti e negli accordi di Annapolis si è persino impegnato a evacuarne alcuni. Tuttavia, solo una minoranza di avamposti è stata evacuata e negli ultimi anni si è assistito a un massiccio sforzo per riclassificarli come nuovi insediamenti o come quartieri all’interno di insediamenti già esistenti. Ad oggi, 27 avamposti sono stati legalizzati retroattivamente, mentre la maggior parte di essi rimane un avamposto “illegale” (155).

Importazione״ di popolazioni ultra-ortodosse

Sebbene la comunità ultra-ortodossa non abbia un interesse ideologico a stabilirsi in Cisgiordania, con il massiccio afflusso di residenti ultra-ortodossi negli insediamenti si è verificato un significativo cambiamento demografico. I leader degli insediamenti si sono resi conto che se fossero riusciti ad attirare le comunità ultraortodosse a stabilirsi, avrebbero aumentato in modo significativo la popolazione dei coloni. Pertanto, crearono diversi insediamenti ultra-ortodossi. Quelli situati nelle profondità della Cisgiordania, come Immanuel, ebbero un successo limitato, ma quelli situati più vicino al quartiere centrale o a Gerusalemme ebbero successo. Di conseguenza, le due città più grandi della Cisgiordania sono ora Haredi: Beitar Illit e Modi’in Illit, con una popolazione complessiva di circa 150.000 coloni, mentre all’epoca degli accordi di Oslo Beitar Illit contava solo circa 5.000 coloni e Modi’in Illit non esisteva ancora. L’insediamento più grande in termini di popolazione è Modi’in Illit, con circa 82.000 residenti. Il secondo più grande è Beitar Illit, con circa 63.000 residenti. Questi due insediamenti Haredi (ultraortodossi) insieme contano quasi 150.000 coloni.

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Strade e tangenziali

Gli accordi di Oslo hanno favorito lo sviluppo di strade di circonvallazione intorno alle città palestinesi in Cisgiordania. Con il ritiro dell’esercito israeliano dalle città palestinesi, è iniziata la costruzione di strade di circonvallazione. Inizialmente, queste strade furono costruite per aggirare città palestinesi come Hebron, Betlemme, Nablus e Ramallah. Un esempio è la “Strada dei tunnel”, aperta al traffico nel 1996. La strada collega gli insediamenti intorno a Betlemme (insediamenti di Gush Etzion ed Efrat) a Gerusalemme, aggirando Betlemme e passando sotto il villaggio palestinese di Beit Jala. Allo stesso modo, sono state create strade che collegano gli insediamenti direttamente a Israele attraverso percorsi veloci e diretti, come l’autostrada 5 da Ariel o l’autostrada “Liberman” da Nokdim. Le strade in generale, e le tangenziali in particolare, hanno svolto un ruolo significativo nella crescita degli insediamenti, fornendo un accesso comodo e veloce senza passare per i villaggi e le città palestinesi (evitando anche i rallentamenti del traffico). Per autorizzare e costruire queste strade in Cisgiordania, Israele ha espropriato più di 30.000 dunams di terra. Nel 1995, durante le prime fasi di costruzione delle strade di circonvallazione, si è registrato un record di oltre 100 chilometri di nuove strade costruite in Cisgiordania, che rappresentavano oltre il 20% del totale delle strade di circonvallazione costruite nel paese in quell’anno. 

Negli ultimi anni, il governo israeliano ha accelerato la costruzione di strade e tangenziali. Solo nel 2020, il Ministero dei Trasporti ha promosso lo sviluppo o la costruzione di almeno 13 strade di circonvallazione tra Hebron e Ramallah, tra cui l’espansione della Strada dei Tunnel, l’allargamento dell’Autostrada 60 a sud di Gerusalemme, l’espansione dell’Autostrada 437 (circonvallazione di Gerusalemme-Hizma), la costruzione della circonvallazione di Al-Aroub, la costruzione del sottopassaggio di Qalandiya, l’espansione della strada dell’Apartheid tra Azaria e a-Zaim, la sezione orientale dell’Autostrada della Natura di Gerusalemme e altro ancora.

Gerusalemme Est

All’inizio degli anni ’90, la natura dell’attività di insediamento a Gerusalemme Est è cambiata. Oltre alla costruzione di nuovi quartieri (come Har Homa nel 1997 e Ramat Shlomo nel 1998) e all’espansione di quelli esistenti (Ramot, Neve Yaakov, Gilo e altri), l’attività di insediamento si è rafforzata anche all’interno dei quartieri palestinesi e della Città Vecchia, prendendo possesso delle case abitate dai palestinesi. Un cambiamento significativo si è verificato durante la Seconda Intifada con l’intensificazione degli “insediamenti turistici”. Le organizzazioni di colonizzazione, con il sostegno del governo, si sono fatte carico dei siti turistici di Silwan e della Città Vecchia. 

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Questi insediamenti turistici attirano ogni anno un gran numero di visitatori israeliani, fungendo da piattaforma per le relazioni pubbliche e influenzando milioni di turisti. Ad esempio, il sito turistico “City of David”, gestito dall’organizzazione dei coloni Elad e situato nel cuore di Silwan, attira ogni anno centinaia di migliaia di visitatori israeliani. Sebbene il numero di coloni che risiedono nei quartieri palestinesi sia rimasto relativamente basso, la loro influenza sulla vita quotidiana dei palestinesi e l’esacerbazione delle tensioni e della violenza con le frequenti incursioni dei coloni sono state significative. All’inizio degli anni ’90, circa 800 coloni vivevano nei quartieri palestinesi di Gerusalemme Est e nel quartiere musulmano della Città Vecchia. Oggi, circa 3.000 coloni risiedono nei quartieri palestinesi, principalmente a Silwan, Ras al-Amud, Sheikh Jarrah, il quartiere musulmano della Città Vecchia e altri. La crescita del numero di coloni ha portato a cambiamenti significativi nella vita quotidiana dei palestinesi e ha generato attriti e frequenti violenze causate dagli attacchi dei coloni.

Conclusioni

I trent’anni successivi agli accordi di Oslo sono stati caratterizzati da una significativa espansione della popolazione di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, che è passata da circa 250.000 nel 1993 a quasi 700.000 entro il 2023. Questa crescita demografica è il risultato della continua espansione degli insediamenti da parte di Israele, della creazione di nuovi insediamenti sotto forma di avamposti e della costruzione di centinaia di chilometri di strade di circonvallazione, che rendono più facile il collegamento degli insediamenti con Israele. Inoltre, un significativo rafforzamento della popolazione di coloni proviene dagli Haredim (ultra-ortodossi), che non hanno alcun legame ideologico con gli insediamenti e non si erano insediati in Cisgiordania prima degli accordi di Oslo, ad eccezione di alcuni quartieri di Gerusalemme Est (Neve Yaakov, Ramat Shlomo e Ramot).

Le conclusioni tratte dai dati sono chiare. Il settore degli insediamenti non ha risentito degli accordi di Oslo, ma anzi ha prosperato. Israele ha continuato a espandere, sviluppare e autorizzare gli insediamenti in Cisgiordania senza sosta. Anche negli anni in cui sono stati creati pochi nuovi insediamenti (1993-1997), i lavori di infrastruttura sono continuati. Se si tiene conto dei terreni agricoli e dei pascoli sequestrati dai coloni, si può concludere che l’impresa degli insediamenti non è mai stata in una posizione migliore, mentre la situazione per i palestinesi in Cisgiordania rimane difficile e irta di sfide”.

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