Grecia, quel video shock e i criminali di stato di Atene
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Grecia, quel video shock e i criminali di stato di Atene

I video sono stati girati da Fayad Mulla, un politico austriaco, sull’isola di Lesbo che però è anche uno dei principali luoghi di arrivo dei migranti irregolari per via della sua estrema vicinanza alle coste turche

Grecia, quel video shock e i criminali di stato di Atene
La guardia costiera greca rimanda indietro migranti e li lascia alla deriva su un gommone
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Maggio 2023 - 16.26


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Criminali di Stato. Le autorità greche. Criminali smascherati. 

«La Grecia sostiene di non abbandonare i migranti in mare. Ma è stata colta sul fatto». E’ il titolo dell’articolo-denuncia pubblicato dal quotidiano statunitense New York Times

Quel video shock

Nel video si vede un gruppo formato da 12 persone migranti, tra cui alcune donne e bambini, che dopo essere approdato sull’isola di Lesbo ed essere scampato al “viaggio” in mare viene caricato con la forza su un autobus che li porta nel lato dell’isola meno abitato, dove si vede una motovedetta della Guardia costiera greca che li riporta in mare per abbandonarli, lasciandoli, infine, su un gommone alla deriva in mare. Un respingimento in piena regola nel mare Egeo, effettuato dalle autorità greche che di fatto mettono nuovamente a rischio e in pericolo di vita le persone migranti. Peraltro dopo che queste erano approdate sul suolo greco e dunque avrebbero avuto il diritto di chiedere asilo e protezione internazionale in Europa.

«Non ci aspettavamo di sopravvivere quel giorno. Quando ci hanno messo sulla zattera gonfiabile, lo hanno fatto senza alcuna pietà», ha raccontato Aden, una donna di 27 anni originaria della Somalia. Secondo i giornalisti del New York Times, il calvario vissuto da Aden e dalle altre 11 persone caricate sul gommone è lo stesso di tanti altri migranti respinti dalle autorità greche. Non è la prima volta che in Grecia si discute di questi metodi di respingimento.

I video sono stati girati da Fayad Mulla, un attivista e politico austriaco, sull’isola di Lesbo, una popolare destinazione turistica che però è anche uno dei principali luoghi di arrivo dei migranti irregolari per via della sua estrema vicinanza alle coste della Turchia (meno di 15 chilometri). Mulla ha girato i video di nascosto, appostandosi in lontananza, e poi li ha consegnati al New York Times, i cui giornalisti hanno verificato tutti i contenuti analizzando le immagini e soprattutto riuscendo a parlare con i migranti coinvolti.

“I migranti -rimarca il Post –  sono 12 persone che provengono da Etiopia, Somalia ed Eritrea: tra loro ci sono sei bambini, alcuni dei quali molto piccoli. Considerando che i luoghi da cui provengono sono coinvolti in scontri violenti e guerre civili (per esempio alcuni di loro provengono da una zona della Somalia dominata dal violento gruppo terroristico al Shabaab) è probabile che se gli fosse stato consentito di far richiesta d’asilo almeno alcuni di loro l’avrebbero ottenuto.

Invece l’11 aprile di quest’anno i migranti, che erano appena arrivati a Lesbo su un barchino, sono stati catturati da alcuni uomini mascherati e caricati su un furgoncino bianco senza scritte o insegne. Da lì sono stati portati dapprima su un’imbarcazione a motore, che a sua volta li ha caricati al largo su una motovedetta della Guardia costiera greca, marchiata numero 617.

A quel punto la motovedetta si è diretta verso le coste turche e si è fermata poco prima del confine delle acque territoriali greche. Ha scaricato i migranti su un gommone senza motore e se n’è andata. Questi gommoni, spiega il New York Times, non possono essere manovrati e sono ad alto rischio di ribaltarsi.

Poco dopo i migranti lasciati sul gommone sono stati soccorsi dalle autorità turche, che li hanno portati in un centro di soggiorno a Smirne. Molto spesso sono le stesse autorità greche ad avvertire la Turchia della presenza di gommoni al largo.

A Smirne i migranti sono stati rintracciati dai giornalisti del New York Times, che hanno parlato con loro e sono riusciti a confermare tutti gli elementi del video (prima che il video fosse loro mostrato). I giornalisti hanno anche verificato indipendentemente vari altri elementi dei filmati. Per esempio, la motovedetta greca che ha portato i migranti al largo aveva il transponder spento (cioè il sistema che serve per rilevare la posizione delle imbarcazioni). Ma i giornalisti del New York Times sono riusciti a verificare ugualmente la sua posizione perché sullo sfondo del video si intravede una grossa nave portacontainer, la MSC Valencia, che si trovava in zona in quel momento.

Si parla da tempo del fatto che la Grecia metta in atto tutta una serie di misure illegali o comunque poco etiche nelle sue operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina. Per esempio, tra gli esperti e gli attivisti che seguono la questione delle migrazioni verso la Grecia è noto che la Guardia costiera greca faccia questo tipo di espulsioni clandestine lasciando i migranti su gommoni in mare. Ma è la prima volta che tutta l’operazione illegale viene ripresa, documentata e provata in maniera così completa.

La Guardia costiera greca nel corso degli anni è stata accusata di varie irregolarità. Ci sono prove che le sue motovedette facciano dei “respingimenti” in mezzo ala mare, in cui le motovedette attaccano o minacciano i barchini dei migranti. La Grecia ha compiuto respingimenti irregolari anche lungo il confine di terra con la Turchia. Nel 2020 si parlò anche del fatto che il governo greco aveva fatto costruire una prigione segreta per trattenere in maniera illegale e sommaria i richiedenti asilo che arrivano dalla Turchia, per poi riportarli indietro”.

Per rinfrescare la memoria

Così Globalist il 18 ottobre 2022: “Perché finanziare chi fa il lavoro sporco al posto nostro (Europa) . Questo “lavoro” si può fare in proprio, direttamente. E magari farsi pagare da Bruxelles. E’ il caso della Grecia.

A darne conto, su Avvenire, è Vincenzo R. Spagnolo. 

“«Please, per favore aiutateci. Abbiamo molti bambini con noi, alcuni malati, e non vogliamo che la polizia ci respinga ancora. Siamo terrorizzati…». È uno degli angoscianti audiomessaggi pubblicati nelle scorse ore dal sito web Aegeanboatreport.com, gestito da una ong che realizza dettagliati rapporti sugli spostamenti di migranti nel Mediterraneo, citata più volte in giudizio dal governo di Atene per la sua opera di denuncia di presunti respingimenti. L’audiomessaggio arriva da un gruppo di 25 persone, fra cui 17 bambini piccoli, che dopo l’approdo notturno sull’isola greca di Lesbo, nei giorni scorsi sarebbero state prima fermate dalla polizia locale, poi «picchiate e maltrattate» prima di essere riportate in acqua e infine lasciate alla deriva in mare aperto su una zattera poi incagliatisi sulle coste turche. Un presunto respingimento, dunque, preceduto da un rastrellamento a Lesbo da parte di uomini armati e con passamontagna ma poi culminato – secondo le testimonianze dei migranti raccolte dalla ong – nel trasbordo su un’imbarcazione della Guardia costiera greca, ossia di personale di uno Stato dell’Unione europea, tenuto al rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali. La vicenda, nella ricostruzione (quasi una cronaca minuto per minuto, documentata con foto e corroborata da testimonianze) è presente sul sito Aegeanboatreport.com…”.

E’ un racconto drammatico, vissuto in tempo reale.

“Secondo quanto sostiene Aegean Boat Report – rimarca Spagnolo – non si tratterebbe di un episodio isolato. Al contrario, si legge nel sito, questo tipo di pratiche va avanti da «oltre 22 mesi», con oltre «25mila persone respinte illegalmente nel Mar Egeo, 485 zattere di salvataggio trovate alla deriva con a bordo 8.400 persone». Tutte, è l’accusa dell’ente umanitario, «per mano del governo greco». La ong denuncia dunque queste presunte «violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani», ricordando come la Commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, abbia solennemente ammonito che «i respingimenti non dovrebbero mai essere normalizzati» né «legalizzati». C’è da sperare che il governo di Atene e le istituzioni di Bruxelles intendano presto fare chiarezza”.

Donne incinte e bambini detenuti nei campi

Al loro arrivo negli hotspot delle isole, i migranti – molti dei quali in condizione di particolare vulnerabilità, come bambini, donne incinta, disabili – vengono di fatto posti in stato di detenzione senza accesso alle necessarie cure e tutele. Il sistema rende poi incredibilmente difficile l’esame delle cause che spingono i richiedenti asilo a lasciare i propri paesi di origine, spesso attraversati da guerre e persecuzioni. Le testimonianze raccolte da Grc (Greek Refugees Council) nel campo di Moria sono ancora una volta terribili. Rawan(nome di fantasia) arrivata dall’Afghanistan in Grecia da sola con due figli minorenni, vittima di violenza di genere, ha dovuto vivere sotto una tenda per 6 mesi in una zona del campo sovraffollata dove non ci sono nemmeno i bagni.  “La situazione nel campo era già spaventosa, ma con la pandemia è diventato peggio. Se il virus arriva qui – ci dicevamo – scaveranno una gigantesca fossa in cui seppellirci. Ci hanno dato due mascherine e un pezzo di sapone, di cui non sappiamo che farcene visto che non c’è acqua. Alla distribuzione dei pasti c’era talmente tanta gente che era impossibile mantenere la distanza”.

Mesi e anni in cui si rimane intrappolati in condizioni disumane nei campi come Moria, con il bene placetdell’Unione europea; esposti a molestie e abusi, soprattutto se si è donne sole. Questo è l’inferno di Lesbo. Proprio durante gli ultimi mesi di lockdown dovuti all’emergenza coronavirus, si è registrato un aumento di denunce di casi di stupro e violenze.

 “Ricordo una notte in cui degli uomini hanno iniziato a minacciare un gruppo di donne, sono entrati nelle loro tende e gli hanno preso i cellulari – racconta Barlin (nome di fantasia), rifugiata somala in uno dei campi – Una donna qui deve difendersi da sola ed è pericoloso anche solo usare i bagni perché non c’è polizia, nessuno che ti protegga. Molte delle giovani ragazze sono terrorizzate e soffrono di attacchi di panico. Hanno bisogno di essere soccorse, curate, ma nel campo non ci sono medici”.

La Grecia è firmataria della Convenzione europea sui rifugiati ed è quindi illegale rifiutarsi di accogliere una domanda d’asilo o rimpatriare dei richiedenti asilo in Paesi in cui corrono dei rischi. Secondo Eleni Takou, vicedirettore e responsabile della Ong HumanRights360, ogni giorno emergono testimonianze e vittime dei cosiddetti “push-back”, i respingimenti di migranti alla frontiera al di là del fiume Evros. 

I più indifesi tra gli indifesi

A pagarne il prezzo più alto sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. La clinica pediatrica di Medici senza frontiere a Lesbo  conta più di 100 visite al giorno, tra cui bambini con gravi patologie cardiache, casi di epilessia, diabete. Soffrono di problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione e psicosomatici. Bambini “spaventati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare – testimonia Marco Sandrone  già a  capo del progetto di Msf nell’isola. -. Si chiudono a guscio. Accogliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più uscire dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti”. “Il diritto di essere bambini – dice il responsabile di Msf –  è qui fagocitato dalla miseria di un campo senza dignità, alle porte dell’Europa”. 

 “Ai rifugiati e ai richiedenti asilo va garantita l’assistenza e la protezione alla quale hanno diritto. I bambini in particolar modo, e tutte le persone vulnerabili, devono essere protetti ad ogni costo e non possono essere respinti ai confini come pedine in un gioco politico. Ora più che mai, i leader europei devono unire gli sforzi e convergere su meccanismi di responsabilità condivisa, aumentando i reinsediamenti e garantendo che gli aiuti umanitari possano raggiungere i più vulnerabili. I minori non accompagnati e le famiglie vulnerabili devono inoltre essere ricollocati con urgenza dalle isole greche ai Paesi dell’Ue e vanno accelerati i trasferimenti dei bambini che hanno diritto di ricongiungersi ai propri familiari in altri Paesi membri”, afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children.

Gli Stati europei devono agire immediatamente per porre fine alle condizioni disumane in cui si trovano migliaia di bambini e adolescenti intrappolati sulle isole di approdo in Grecia, garantendo la loro accoglienza e protezione attraverso il ricollocamento, dando seguito all’appello del presidente del Parlamento europeo Sassoli sulla protezione dei minori più vulnerabili in condizioni di emergenza in Grecia. In una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente di ora in ora, il richiamo alla responsabilità dei singoli stati del Presidente del Parlamento Europeo Sassoli non può rimanere inascoltato mettendo così a rischio la vita e il futuro di tanti minori”, incalza Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Occorre immediatamente mettere in atto un meccanismo di responsabilità condivisa, che tuteli rifugiati e richiedenti asilo, anziché chiudersi in egoismi nazionali – prosegue Milano -. Anche di fronte alla grave emergenza umanitaria con migliaia di persone al confine di Edirne, dove secondo le stime il 40% sono donne e bambini, gli Stati Europei non possono comportarsi come se la cosa non li riguardasse. Non si gioca con la vita dei bambini”. Save the Children ricorda che nelle isole greche “i bambini, vivono in condizioni disumane, dormendo anche all’aperto nei rigori invernali e sono esposti a rischi per la salute e a violenze e stanno  pagando un prezzo altissimo”.

Egeo, è l’inferno

Nelle isole dell’Egeo, chiunque sia approdato dopo il 1° marzo 2020 viene trattenuto arbitrariamente nelle strutture portuali o in altre aree, senza poter chiedere asilo e sempre a rischio di essere rimandato in Turchia o nello stato “di origine o di transito”. Solo sull’isola di Lesbo circa 500 persone, tra cui più di 200 minori, sono state tenute per 10 giorni a bordo di una nave della Marina greca di solito adibita al trasporto di carri armati e di altri veicoli militari. Altre centinaia di migranti e di richiedenti asilo sono stati trattenuti in altri porti dell’Egeo.

In fuga da persecuzioni e torture, trattenuta senza cibo né acqua e respinta. La storia di K.

“Sono scappata dal mio paese per non finire in carcere dopo una condanna ingiusta. Ci avrei passato la mia giovinezza tra maltrattamenti e torture” racconta K., una giovane rifugiata politica, fuggita dal suo paese per evitare persecuzioni e torture.

 Dopo essere stata arrestata dalle forze dell’ordine in Grecia – nonostante avesse presentato richiesta di asilo – K. è stata trattenuta per quasi un giorno insieme ad altre persone in un vecchio edificio, al freddo senza né acqua né cibo. “Ho capito che ci avrebbero rispedito indietro. Lo fanno sistematicamente, è una prassi consolidata”. La storia si conclude infatti con un respingimento: messa su una barca dalle autorità greche, insieme ad altre 150 persone provenienti da Siria e Afghanistan con la sola prospettiva di finire in mano turca o morire.

  La testimonianza di K. dimostra uno schema che si ripete in decine di casi, confermato anche dall’Obudsman (difensore civico nazionale), secondo cui “ripetuti e costanti respingimenti si registrano sia sulla terraferma a Evros, che sulle isole dell’Egeo”.

Fronte di guerra

Lesbo, un fronte di guerra. Una immagine niente affatto forzata, tanto meno retorica. “La situazione che viviamo qui ogni giorno – rimarca Marco Sandrone , già  capo del progetto di Msf nell’isola. –  non è molto diversa da quella di una zona di guerra. Una guerra fatta alla dignità, ai diritti umani e alla resilienza di chi fugge per cercare sicurezza. In Europa, un continente teoricamente sicuro, si è scelto deliberatamente, cinicamente, di voltare lo sguardo altrove”. “E’ da incoscienti continuare a chiudere gli occhi per non vedere la realtà. E’ da irresponsabili continuare a far finta di non capire quello che sta accadendo a Lesbo – denuncia Sansone -. Dalla scorsa estate stiamo registrando un incremento esponenziale di arrivi, che non si sono fermati, da allora non è stata data alcuna risposta. In otto mesi siamo passati dai 6.500 alle attuali 20.000 persone nel campo di Moria, attrezzato per ospitarne non più di 3.000”. A pagarne il prezzo più alto sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. “Il diritto di essere bambini – dice Sandrone –  è qui fagocitato dalla miseria di un campo senza dignità, alle porte dell’Europa”. 

Una Europa che oltre agli occhi ha chiuso le porte a questa umanità sofferente. “Gli Stati membri dell’Ue – è il messaggio che giunge da Lesbo, da chi gli occhi non li ha chiusi e continua a provare a salvare vite umane – devono affrontare la vera emergenza: evacuare le persone dalle isole verso quei Paesi europei che sono in grado di accoglierli, fornire un sistema di asilo funzionante, smettere di intrappolare le persone in condizioni orribili, disumane. Il calcolo politico sulla pelle degli innocenti deve essere fermato ora”.

A Lesbo, l’Europa muore. Muore la sua civiltà, i principi e i valori che ne erano stati a fondamento. Le notizie che giungono dalle isole greche “dimostrano ancora una volta il fallimento dell’Europa. Un’Europa crudele, cinica e spietata di fronte alla sorte di uomini, donne e bambini che fuggono da conflitti, come quello in corso in Siria”, annota con dolore e rabbia Sandrone. È da incoscienti continuare a far finta di non capire quello che sta accadendo”. La clinica pediatrica di Msf conta più di 100 visite al giorno, tra cui bambini con gravi patologie cardiache, casi di epilessia, diabete. Soffrono di problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione e psicosomatici. Bambini “spaventati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare – la testimonianza del capo progetto -. Si chiudono a guscio. Accogliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più uscire dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti”.

 “Allo stesso tempo – conclude Sansone – è cruciale che i paesi membri, come l’Italia, sostengano la Grecia nel proteggere e garantire un futuro giusto e dignitoso a persone in fuga da guerre e persecuzioni. La politica di esternalizzazione del controllo delle frontiere comunitarie realizzata con la Turchia in questo caso, e in modo simile con la Libia per respingere i flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, si è dimostrata fallimentare e ha messo a rischio migliaia di vite, oltre ad esporle ad orrori indicibili. Tutto questo non può continuare”.

E invece continua. Aggiungendo vergogna a vergogna. Ultima, in ordine di tempo, la Guardia costiera greca.

Sette mesi dopo, la vergogna continua. E l’Europa sta a guardare.

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