Yemen: la "strage di mendicanti" e l'apocalisse umanitaria ignorata dal mondo
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Yemen: la "strage di mendicanti" e l'apocalisse umanitaria ignorata dal mondo

Ne scrivono perché c’è il titolo ad effetto: “La strage di mendicanti”. Perché ci sono i video che tirano. Ma poi sullo Yemen, e su un’apocalisse umanitaria che non ha eguali dal dopoguerra ad oggi,  calerà l’oblio internazionale.

Yemen: la "strage di mendicanti" e l'apocalisse umanitaria ignorata dal mondo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Aprile 2023 - 14.40


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Ora ne scrivono. Dopo anni di silenzio. Ne scrivono perché c’è il titolo ad effetto: “La strage di mendicanti”. Perché ci sono i video che tirano. Ma poi, statene certi, sullo Yemen, e su un’apocalisse umanitaria che non ha eguali dal secondo dopoguerra ad oggi,  calerà l’oblio internazionale.

La “strage di mendicanti”

Doveva essere un evento di beneficenza, con distribuzione di generi di prima necessità, cibo e coperte. Ma è diventata una strage. Almeno 85 persone sono rimaste uccise e più di 300 ferite nell’evento organizzato nella capitale dei ribelli Sanaa, nel distretto di Bab el Yemen. Lo Yemen, il paese più povero della penisola arabica, è stato dilaniato dal 2014 da un conflitto tra i ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, e le forze filogovernative sostenute da una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita.  “Tra i morti ci sono donne e bambini e circa 50 feriti sono in gravi condizioni” ha detto una fonte delle forze di sicurezza.

Lo sparo e il panico

La folla era radunata in una scuola del quartiere della città vecchia, dove le centinaia di persone si erano radunate per ricevere aiuti e cibo quando qualcuno sostiene di aver sentito degli spari che hanno provocato il panico. Le autorità di Sanaa non hanno citato le cause dell’incidente né il numero delle vittime, accontentandosi di parlare di “decine di morti a seguito di una fuga precipitosa durante una caotica distribuzione di somme di denaro e cibo da parte di alcuni commercianti”.

Immagini drammatiche

Un video trasmesso dal canale televisivo dei ribelli, Al Masirah TV, mostra corpi ammucchiati e persone che si arrampicano l’una sull’altra nel tentativo di aprirsi la strada. Alcuni cercano di allontanare le mani dal viso per respirare, il resto dei loro corpi è completamente inghiottito dalla folla. Nel luogo della strage ormai svuotato dalla folla, i video trasmessi dalla televisione mostrano cadaveri, sandali, brandelli di vestiti. Il capo politico dei ribelli Houthi al potere, Mahdi al-Mashat, ha dichiarato che è stata formata una commissione per le indagini; un funzionario della sicurezza Houthi ha dichiarato che tre persone sono state arrestate. Gli Houthi hanno annunciato che avrebbero pagato circa 2mila dollari di risarcimento a ogni famiglia che avesse perso un parente, mentre i feriti otterranno circa 400 dollari a testa.

Apocalisse umanitaria

Un intero popolo è costretto ad affrontare una catastrofe umanitaria senza precedenti, a causa di una guerra devastante, iniziata nel 2015, con oltre 377 mila vittime dirette e indirette, di cui oltre 19 mila civili. L’economia è al collasso, con i prezzi di cibo, carburante e beni di prima necessità aumentati in modo vertiginoso. Oltre 21 milioni di persone, i due terzi della popolazione, dipendono oggi dagli aiuti umanitari per sopravvivere.

È quanto denuncia Oxfam – al lavoro nel Paese per soccorrere la popolazione – a oltre 8 anni dall’inizio del conflitto. 

“Dopo la fine della tregua durata 6 mesi, lo scorso ottobre, gli scontri non sono ripresi con l’intensità di prima, ma la Pace è ancora lontana e il prezzo più alto lo sta pagando la popolazione – afferma Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia – In questo momento più di 17 milioni di yemeniti sono sull’orlo della carestia, e tra loro il 75% sono donne e bambini, di cui 2,2 milioni sotto i 5 anni già gravemente malnutriti. L’inflazione, la mancanza di lavoro e reddito per le famiglie, si è sommata alla svalutazione monetaria e all’impatto della crisi ucraina, dato che il Paese importava ben il 42% di grano proprio da qui. La conseguenza è che l’incubo della fame rischia di riguardare adesso un intero Paese”.

Lo Yemen è stato colpito in modo drammatico dall’aggravarsi della crisi alimentare globale. Due esempi su tutti.

Dal 2015, i prezzi del grano sono aumentati quasi del 300% nelle aree sotto il controllo degli Houthi e quasi del 600% nelle aree controllate dal Governo riconosciuto a livello internazionale. Nello stesso periodo il prezzo del gas è aumentato circa del 600%, così molte famiglie sono costrette a usare la plastica di scarto come combustibile per cucinare, correndo gravi rischi per la salute. 

“La crisi dei prezzi dell’ultimo anno ha colpito un Paese che era già poverissimo prima della guerra, costretto oggi ad importare il 90% dei prodotti alimentari. – continua Petrelli – Stiamo assistendo a una crisi umanitaria che rischia di trasformarsi in catastrofe. Le imprese che importano cibo hanno già messo in chiaro che l’aumento globale dei costi metterà a dura prova la loro capacità di assicurare le necessarie quantità di grano in Yemen, dove il pane rappresenta l’alimento principale per la stragrande maggioranza della popolazione. Questo significa che milioni di persone rischiano di morire letteralmente di fame”.

L’impatto sulle famiglie yemenite, le prime vittime sono donne e bambini

Per sopravvivere tantissime famiglie hanno ridotto la quantità e la qualità del cibo, si sono indebitate per comprarlo o hanno venduto quel poco che avevano: bestiame, terreni, case. 

Con la metà delle strutture sanitarie inservibili e molti sistemi idrici andati distrutti, quasi 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e assistenza sanitaria di base.

Le famiglie che hanno pagato il prezzo più alto sono quelle in cui le donne si sono ritrovate a far fronte da sole ai bisogni dei figli. Molte ragazze hanno dovuto abbandonare la scuola. Altrettante sono costrette a matrimoni precoci o a chiedere l’elemosina in strada.

Il dramma per oltre 4 milioni di sfollati, il 56% non ha nessuna fonte di reddito

A questo si aggiunge la situazione disperata per gli oltre 4 milioni di sfollati interni che non hanno più una casa a cui tornare e che per il 56% non hanno alcuna fonte di reddito: di questi il 77% sono donne e bambini.

“Tutto è cambiato quando è iniziata la guerra. – racconta Eman, 38 anni, madre di tre figli – Abbiamo improvvisamente perso le nostre uniche fonti di reddito. Le cose col passare degli anni sono andate di male in peggio, abbiamo vissuto l’inferno e non abbiamo più nulla.”.

Una risposta internazionale insufficiente, la pace è l’unica soluzione possibile 

Se da una parte i bisogni crescono, dall’altra mancano le risorse per rispondervi adeguatamente. Il World Food Program è stato costretto a ridurre gli aiuti, mentre al momento i grandi donatori internazionali, nel recente summit sulla crisi, si sono impegnati a stanziare appena un terzo dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza (1,2 miliardi su 4,3). 

“La comunità internazionale, i grandi Paesi donatori non possono voltare le spalle ancora una volta a quella che rimane una delle più gravi crisi umanitarie del mondo. – conclude Petrelli – È ora che i leader mondiali esercitino una reale pressione per riportare tutte le parti al tavolo delle trattative, in modo da porre fine in modo permanente al conflitto”.

La risposta di Oxfam in Yemen

Da luglio 2015, Oxfam ha soccorso oltre tre milioni di persone colpite dal conflitto in nove governatorati del Paese, distribuendo acqua potabile e servizi igienici, fornendo aiuti per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità. Riabilitando le infrastrutture idriche e fornendone di nuove alimentate ad energia solare. Grazie alla campagna “Dona acqua, salva una vita” potrà, ad esempio, soccorrere oltre 10 mila sfollati e famiglie vulnerabili nell’area di Aden, Lahj e Al-Dhale’e e Abyan.

Undicimila bambini uccisi o seriamente feriti

Lo denuncia Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, in un documentato report. 8 anni brutali di conflitto hanno devastato la vita di milioni di bambini in Yemen e ne hanno lasciati 11 milioni che necessitano di una o più forme di assistenza umanitaria, ha dichiarato oggi l’Unicef, avvertendo che, senza un’azione urgente, in milioni potrebbero correre maggiori rischi di malnutrizione.

La crisi umanitaria in Yemen deriva da una convergenza devastante di diversi fattori: 8 anni di conflitto feroce, economia al collasso e un sistema di sostegno sociale paralizzato che colpisce i servizi essenziali. Il conflitto ha anche aggravato la crisi di malnutrizione in corso in Yemen. 2,2 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, compresi oltre 540.000 bambini che soffrono di malnutrizione acuta grave – una condizione che mette in pericolo la vita se non curata urgentemente. 

Tra marzo 2015 e novembre 2022, le Nazioni Unite hanno verificato che oltre 11.000 bambini sono stati uccisi o seriamente feriti. Oltre 4.000 bambini sono stati reclutati e utilizzati dalle parti in conflitto e ci sono stati oltre 900 attacchi e uso militare di strutture scolastiche e sanitarie, che ostacolano la realizzazione dei diritti fondamentali dei bambini a un accesso sicuro e adeguato alla salute e all’istruzione. Poiché questi sono solo i numeri accertati, è probabile che il bilancio reale sia molto più alto.

“La vita di milioni di bambini vulnerabili nello Yemen rimane a rischio a causa delle conseguenze quasi inimmaginabili e insopportabili di una guerra schiacciante e senza fine”, ha dichiarato Peter Hawkins, Rappresentante dell’Unicef in Yemen. “L’Unicef è stato presente, fornendo il supporto disperatamente necessario durante gli ultimi 8 anni, e anche prima, ma possiamo fornire solo tanto sostegno ai bambini e alle famiglie colpite senza una pace duratura”.

A causa di anni di conflitto, miseria e dolore, 8 milioni di persone hanno bisogno di servizi per la salute mentale e psicosociale in Yemen. Con le molteplici minacce e gli sfollamenti, i bambini e le persone che se ne prendono cura sono minacciati e spesso ricorrono a meccanismi negativi di ripresa come il matrimonio precoce, il lavoro minorile e, in molti casi, il reclutamento nei combattimenti.

Analogamente, la situazione per i bambini sfollati interni continua a rappresentare una grande preoccupazione. Oltre 2,3 milioni di bambini vivono ancora in campi per sfollati dove il loro accesso a servizi di base sanitari, nutrizionali, per l’istruzione, la protezione, idrici e igienici rimane inadeguato.

Dopo 8 anni, molti bambini e famiglie si sentono bloccati in un ciclo perpetuo di disperazione”, ha proseguito Hawkins. “Visitando di recente una famiglia sfollata dalle proprie case da oltre sette anni, ci si rende conto che per troppe famiglie, oltre ai volti dei bambini, poco è cambiato della loro situazione. I bambini sono cresciuti conoscendo solo il conflitto, e fornire a questi bambini un po’ di spazio per la speranza di un futuro di pace è assolutamente fondamentale”.

La denuncia di Save the Children

L’anno scorso in Yemen un bambino è stato ucciso o ferito in media ogni due giorni da mine o altri ordigni esplosivi: è il numero più alto degli ultimi cinque anni secondo il report “Ad ogni passo un rischio” (Watching our every step), diffuso da Save the Children.  Dopo otto anni di conflitto, il rapporto ricorda che sono i più piccoli a pagare il prezzo più pesate della guerra. L’organizzazione chiede un’azione immediata per proteggere le bambine, i bambini e i ragazzi da queste armi mortali.
La nuova analisi dell’organizzazione – che prende in considerazione il periodo che va da gennaio 2018 a novembre 2022 – mostra che i bambini stanno affrontando un rischio altissimo di incontrare mine e ordigni inesplosi come proiettili d’artiglieria, granate, mortai, razzi e bombe. Il rapporto mostra che, mentre il numero di bambini vittime di violenza armata causata da attacchi aerei, bombardamenti o fuoco incrociato, è complessivamente diminuito dal 2018, i bambini feriti da ordigni esplosivi sono aumentati: da una media di uno ogni cinque giorni nel 2018 a uno ogni due nel 2022, a causa del protrarsi del conflitto che in otto anni ha disseminato il Paese di mine e ordigni inesplosi. Nel 2022 le vittime infantili causate da mine o ordigni inesplosi sono salite a 199 (pari al 55% delle vittime infantili complessive) rispetto alle 68 del 2018. Il rapporto rileva, inoltre, che la percentuale di feriti e morti tra i bambini causati da questi fattori è aumentata durante i sei mesi di tregua mediati dalle Nazioni Unite l’anno scorso, quando le famiglie sono potute tornata a casa nei territori che erano stati campi di battaglia. Le bambine e i bambini in Yemen rischiano di imbattersi in mine e residuati bellici esplosivi mentre giocano – ricorda l’ong -, raccolgono la legna da ardere e l’acqua o si occupano del bestiame perché non hanno l’esperienza necessaria per identificarli o evitarli. Secondo l’analisi di Save the Children, quasi la metà di questi incidenti che hanno coinvolto bambini sono stati mortali.

Zaid*, 9 anni, vive in Yemen, ha perso una gamba a causa di un bombardamento mentre giocava con gli amici. «È difficile vivere senza una gamba», ha detto. «Prima giocavo a calcio, correvo e stavo con i miei amici, ma poi una granata mi ha colpito. Ora resto a casa a giocare con i miei giocattoli». Il Paese è in cima alla lista dei 10 peggiori Paesi colpiti da conflitti dove vivere per i bambini. 

Un inferno in terra. Dimenticato dal mondo.  Tranne che dai produttori e venditori di armi, anche made in Italy, che su quel conflitto senza fine prosperano. Con l’assenso dei governi. Vero, presidente Meloni? 

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