Migranti e vertice Ue: il trionfo delle "veline" elogiative per Giorgia Meloni
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Migranti e vertice Ue: il trionfo delle "veline" elogiative per Giorgia Meloni

Tutti a dire che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ottenuto un trionfo nella sua missione europea. Ma non è vero

Migranti e vertice Ue: il trionfo delle "veline" elogiative per Giorgia Meloni
Giorgia Meloni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Marzo 2023 - 16.44


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E’ vero. Purtroppo viviamo in tempi in cui la percezione è realtà. Tempi nei quali la narrazione asfalta la riflessione documentata, gli slogan il ragionamento. Tempi nei quali una stampa mainstream si è ridotta a megafono del potente di turno, amplificando degli spot comunicazionali senza uno straccio di criticità. E’ quello che si è ripetuto nel racconto del vertice di Bruxelles dei capi di stato e di governo conclusosi ieri a Bruxelles.

Narrazione e realtà

Uno dei temi caldi al tavolo del vertice era quello dei migranti. E’ il trionfo del “velismo”. Tg della tv pubblica, e non solo, giornali e salotti mediatici hanno fatto a gara per propagandare la “fake” di palazzo (Chigi), per la quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ottenuto un trionfo nella sua missione europea. 

Ma la realtà è ben altra. Annota nella cronaca di giornata il Fatto quotidiano.it: ““L’Italia può dirsi molto soddisfatta” delle conclusioni del Consiglio europeo. Giorgia Meloni professa ottimismo, anche se sul dossier dell’immigrazione – quello a lei più caro – dal vertice di Bruxelles è uscito poco o nulla. Nelle conclusioni, infatti, i leader dei 27 Stati membri si limitano a ricordare ancora una volta “che l’immigrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea” e chiedono “una rapida implementazione” delle conclusioni del vertice del 9 e 10 febbraio, che sarà valutata a giugno. “C’è stato un cambio di passo impresso nello scorso Consiglio, ma adesso la migrazione rimane una priorità degli obiettivi dell’Ue. Questo dimostra che non si trattava di uno spot e di un’iniziativa singola”, rivendica Meloni. “Lavoriamo alla concretezza dei risultati che mi sembrano buoni e dimostrano la buona fede nell’affrontare questa materia”. Nelle comunicazioni alle Camere alla vigilia dell’appuntamento, però, la presidente del Consiglio però aveva detto di aspettarsi “passi in avanti” dal vertice dei 27, ventilando addirittura l’ipotesi un blocco navale europeo in collaborazione con la Libia. Ma la sessione dedicata ai migranti (durata in tutto poco più di mezz’ora) non ha avuto i risultati sperati dal governo italiano. Nel suo intervento la premier ha cercato di catalizzare l’attenzione dei colleghi sul tema che le sta più a cuore: “Se la Tunisia crolla del tutto si rischia una catastrofe umanitaria, con 900mila rifugiati“. Poi ha ringraziato la Commissione per il lavoro svolto per la lettera inviata a seguito della tragedia di Cutro, chiedendo però “azioni rapide e concrete” per bloccare le rotte nel Mediterraneo”.

Alla faccia dell’emergenza! La sessione dedicata ai migranti è durata poco più di mezz’ora. Quanto a impegni concreti, nada de nada. Niente, per fortuna aggiungiamo noi, sul blocco navale europeo in collaborazione con la Libia, ipotizzato dalla premier nelle sue comunicazioni alla Camera alla vigilia del vertice di Bruxelles. La mezzoretta di sessione ha partorito il topolino di una generica richiesta di una “rapida implementazione” delle conclusioni del vertice del 9 e 10 febbraio. Se ne riparlerà a giugno. 

Nel frattempo, si registra un fiume di arrivi attraverso la rotta tunisina sulle coste italiane, dove a Lampedusa in poche ore si sono registrati venti sbarchi di oltre novecento naufraghi mentre la Guardia Costiera ha operato soccorsi in area Sar anche nel mar Ionio e la Geo Barents di Medici Senza Frontiere ha recuperato altri rifugiati nel Mediterraneo.

Sono un migliaio i migranti giunti (altri 190 in arrivo nelle prossime ore a Bari) in Italia a bordo di barconi, messi in salvo dalle autorità italiane o dalle Ong nell’arco di mezza giornata.

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Ma c’è anche chi, come già successo alcune settimane fa in acque calabresi, non ce l’ha fatta.

Al largo della costa tunisina trentaquattro migranti provenienti da Paesi dell’Africa sub-sahariana risultano dispersi dopo che la barca sui cui viaggiavano è affondata: sul barcone, segnalato da Alarm phone informata da un parente di un migrante a bordo, si trovavano 38 persone, di cui quattro sono riuscite a salvarsi grazie all’intervento delle autorità locali. Secondo quanto denunciato da Alarm phone i migranti avrebbero riferito di essere stati picchiati dalla guardia costiera tunisina che avrebbe anche rimosso il motore dall’imbarcazione.

Adesso la rotta quasi per tutti è quella della Tunisia, caduta in una grave situazione economica e di tensione politica: sul Paese si concentrano i timori dell’Unione europea e del governo italiano, pronti ad aumentare gli sforzi per favorire un ritorno alla stabilità dello Stato magrebino fermando l’aumento vertiginoso dei flussi migratori. Dalla città portuale di Sfax sono partiti quasi tutti i barconi giunti sull’isola siciliana e tutti dicono di aver pagato tremila dinari tunisini per il viaggio.  I migranti, di cui diverse donne e minori, sono originari di Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Guinea, Sierra Leone, Siria, Tunisia, Marocco e Burkina Faso. Per evitare che l’hotspot di contrada Imbriacola (sono stati 966 i nuovi arrivi) torni ad essere nuovamente sovraffollato, la prefettura di Agrigento d’intesa con il Viminale ha già disposto il trasferimento di centinaia persone con il traghetto di linea per Porto Empedocle. A soccorrere le imbarcazioni in varie operazioni, durate ore e con mezzi impegnati in acqua fin dalla notte, sono state le motovedette di Guardia di Finanza e Guardia Costiera. Quest’ultima è stata alle prese con i salvataggi anche nel mar Ionio, dove sono stati individuati due pescherecci con migranti in area Sar italiana, soccorsi da quattro motovedette, nave Diciotti, nave Aringhieri e un aereo. Al largo del Mediterraneo sono state poi messe in salvo altre 190 persone dal team di Medici Senza Frontiere, dopo che la barca su cui viaggiavano è stata stabilizzata dalla nave umanitaria Louise Michel. I profughi sono stati fatti salire a bordo della Geo Barents, a cui dopo poco le autorità italiane hanno assegnato Bari come porto di sbarco. La nave è diretta verso nord e sono previsti due giorni e mezzo circa di navigazione per raggiungere lo scalo”.

Divisioni a gogò

Scrive Marco Bresolin, inviato de La Stampa a Bruxelles: “È giusto aumentare la cooperazione con Libia e Tunisia per cercare di frenare le partenze dei migranti, ma «il rispetto dei diritti umani deve essere al centro di questa cooperazione». La questione si sta facendo sempre più largo tra i governi europei, soprattutto quelli del Nord, preoccupati che l’Ue – anche su spinta dell’Italia – finisca per stringere patti col diavolo. Un timore che diverse delegazioni dei Paesi Ue hanno sollevato nelle riunioni dei gruppi di esperti e che sono state poi raccolte in un’analisi effettuata dai servizi del Consiglio. La questione del rispetto dei diritti umani – relativa alla svolta autoritaria del presidente tunisino Kais Saied, ma soprattutto alla situazione in Libia – è stata sollevata tra gli altri anche dal governo tedesco. E a Bruxelles ci sono diverse perplessità anche sull’intenzione di consegnare altre due motovedette alla guardia costiera libica, come indicato nella lettera di Ursula von der Leyen, perché non è chiaro come verranno utilizzate. Su questo anche il Parlamento europeo aveva più volte espresso dubbi. Le attività di ricerca e soccorso di Tripoli e Tunisi lasciano infatti molto a desiderare, come dimostrano le ultime due tragedie: quella di dieci giorni fa al largo delle coste libiche e quella di mercoledì notte a poche miglia dalla costa tunisina, dove già si contano 7 vittime (tra cui quattro bambini e un neonato) e una ventina di dispersi”.

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Ancora sulla Tunisia

Sulla crisi dirompente che da tempo ha investito il paese nonrafricano Globalist ha scritto decine di articoli, quando la Tunisia era uscita dai radar mediatici. Abbiamo documentato il tradimento della “rivoluzione dei gelsomini”, un malessere sociale sempre più esplosivo e l’inerzia colpevole dell’Europa e in essa dei paesi euromediteranei, tra i quali l’Italia. Abbiamo raccontato la deriva autoritaria, la brutale repressione messa in atto da un potere gerontocratico e al servizio dei vecchi potentati sopravvissuti alla “primavera tunisina” del 2011. 

Stavolta raccontiamo la crisi tunisina con due preziosi report.

Il primo è dell’Ansa: “Le recenti dichiarazioni del presidente tunisino Kais Saied che ha invocato “misure urgenti” contro l’immigrazione illegale di africani sub-sahariani nel suo Paese, assieme alla grave crisi economica che soffoca la Tunisia, hanno di fatto provocato un boom di partenze verso l’Italia. E’ un dato che emerge con chiarezza scorrendo i numeri pubblicati dalla Guardia costiera di Tunisi che ha dato conto, solo nell’ultima notte, di 25 operazioni di migrazione illegale sventate e 1.008 persone soccorse in mare, di cui ben 954 di vari Paesi dell’Africa sub-sahariana.

A colpire è la nazionalità di coloro che partono: è evidente che gli irregolari africani non si sentono più al sicuro in Tunisia. Al di là di alcuni video fake messi in rete per denigrare la Tunisia e smascherati in servizi televisivi da Bbc e France 24, il clima nei loro confronti è “sempre più ansiogeno”, come ha dichiarato l’Associazione degli studenti e tirocinanti africani in Tunisia (Aesat), ed è tale da spingere molti di essi a chiedere il rimpatrio volontario. Oltre 1.700 ivoriani sui 7.000 presenti in Tunisia hanno già chiesto di poter tornare nel loro Paese, così come hanno fatto centinaia di maliani e guineani, cui si aggiungeranno presto anche cittadini del Gabon. Non è bastato l’annuncio della presidenza tunisina del 5 marzo scorso dell’introduzione di nuove misure a favore dei migranti stranieri per rasserenare gli animi. Molti africani stranieri anche regolari si sono visti sbattuti fuori di casa e dal loro posto di lavoro (per la maggior parte lavori umili, malpagati e in nero). L’effetto paradossale però è che a rimpatriare volontariamente sono coloro che si trovavano in maniera regolare in Tunisia – studenti, lavoratori – mentre quelli che non hanno un permesso di soggiorno sono costretti a ricorrere ai canali illegali per arrivare in Europa. Un centinaio di essi si sono accampati fuori dalla sede dell’Oim a Tunisi in cerca di vari tipi di assistenza. “Stiamo lavorando il più velocemente possibile per offrire supporto, facendo appello alla calma e al dialogo per garantire soluzioni dignitose e basate sui diritti umani”, ha dichiarato l’Oim al riguardo. La crisi economica che sta vivendo la Tunisia – con l’inflazione al di sopra del 10% e una disoccupazione giovanile altissima -, in un contesto politico difficile dominato dall’iperpresidenzialismo di Saied, spinge letteralmente questi migranti africani a buttarsi tra le braccia di profittatori pronti a tutto per di ottenere facili guadagni. Sempre più frequenti sono le partenze a bordo di imbarcazioni di ferro, costruite alla meno peggio da fabbri improvvisatisi maestri d’ascia. E sempre più frequenti, purtroppo, sono i naufragi, come quello di ieri, costato la vita ad almeno 14 subsahariani al largo di Sfax. Di fronte a questi numeri, e con l’approssimarsi della bella stagione, appare chiaro che le autorità tunisine, senza aiuti supplementari anche economici, non potranno far fronte da sole ad un fenomeno migratorio di tale portata. Questa crisi, testimoniata anche dall’aumento recente dei fermi da parte delle autorità tunisine di irregolari africani sul territorio nazionale, ha permesso comunque al presidente Saied di evidenziare come la Tunisia non sia più solo un Paese di partenza di migranti verso l’Europa ma anche un Paese vittima esso stesso di immigrazione illegale. Le sue parole però lo hanno anche esposto ad accuse di razzismo con conseguenze che potrebbero rivelarsi molto dannose per la Tunisia: la Banca mondiale ad esempio ha annunciato che continuerà a lavorare con Tunisi sui progetti in corso ma vuole sospendere il Country Partnership Framework (Cpf), base per il monitoraggio da parte del consiglio di amministrazione della Bm al fine di valutare e sostenere il Paese nei suoi programmi di aiuto”.

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Uno Stato in default

L’altro report è di Agenzia Nova: L’ultimo declassamento dell’agenzia Moody’s del rating sovrano della Tunisia da “Caa1” a “Caa2”, con outlook negativo, dimostra che “il Paese è ora giudicato come ad altissimo rischio”. Lo ha detto l’esperto economista Ezzedine Saidane all’emittente radiofonica “Shems fm”, spiegando che la classificazione di Moody’s comprende 20 posizioni e la Tunisia occupa attualmente il 18esimo posto: scendere di un altro livello significherebbe bancarotta e, quindi, il ricorso al Club di Parigi per rinegoziare il debito. Moody’s ha declassato il rating del credito della Tunisia mentre il Paese nordafricano fatica a ottenere i fondi necessari per finanziare l’azione del governo, tra le turbolenze economiche causate dalla pandemia di coronavirus e le ricadute della crisi ucraina. “Un nuovo programma del Fondo monetario internazionale deve ancora essere assicurato (…), aggravando una posizione finanziaria già difficile e aumentando le pressioni sulle riserve valutarie della Tunisia”, riferisce l’agenzia.

L’economia tunisina è stata gravemente colpita dalla guerra in Ucraina, che ha ampliato il disavanzo delle partite correnti, dal rallentamento indotto dal coronavirus, dall’elevato debito e dal deterioramento delle finanze. Per uscire dalla peggiore crisi economica e finanziaria post-rivoluzione del 2011, il Paese nordafricano sta cercando di ottenere un prestito di 4 miliardi di dollari. A ottobre, la Tunisia aveva raggiunto un accordo preliminare per un nuovo Strumento di finanziamento esteso di 48 mesi del valore di circa 1,9 miliardi di dollari per sostenere il programma di riforma economica del governo. Tuttavia, a causa dei ritardi nella promulgazione della legge finanziaria e delle poche garanzie date, il Paese deve ancora ottenere finanziamenti dall’istituzione finanziaria con sede a Washington. “Ulteriori ritardi prolungati nell’assicurare un nuovo programma dell’Fmi eroderebbero le riserve di valuta estera attraverso prelievi per i pagamenti del servizio del debito, esacerbando così i rischi della bilancia dei pagamenti e la probabilità di una ristrutturazione del debito che comporterebbe perdite per i creditori del settore privato”, ha affermato Moody’s”.

La “nuova Libia”. Questo sta diventando la Tunisia. Ma l’Europa fa finta di niente. Con buona pace della presidente Meloni. 

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