La Cina può premere sulla Russia perché plachi le sue voglie imperialiste verso i paesi che le sono intorno, oppure insista nell’ambito di quella che potrebbe essere una lotta anti-Occidente come più volte ha auspicato da Lavrov.
Il viaggio del presidente Xi Jinping a Mosca, dal 20 al 22 marzo prossimi, «riguarderà l’amicizia volta ad approfondire la fiducia reciproca tra Cina e Russia».
È quanto ha detto nel briefing quotidiano il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin.
Wang, inoltre, non ha confermato se Xi abbia anche pianificato una video chiamata con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo la missione a Mosca, come ha riportato nei giorni scorsi il Wsj.
A una domanda se Xi spiegherà nei dettagli a Putin `il documento cinese sulla soluzione politica della crisi ucraina´ presentato il 24 febbraio e esercitando una influenza sulla parte russa per risolvere la crisi, Wang ha risposto che «anche questa volta la visita è per la pace. Mantenere la pace nel mondo e promuovere lo sviluppo comune sono gli scopi della politica estera cinese».
Sulla questione ucraina, «la Cina si è sempre schierata dalla parte della pace, del dialogo e della correttezza storica. Il documento ha riaffermato le idee fondamentali precedentemente proposte dal presidente Xi, che incarnano gli sforzi della Cina in Ucraina con una posizione obiettiva e imparziale».
La proposta, ha aggiunto il portavoce, «può essere riassunta in una frase: persuadere la pace e promuovere i colloqui. Crediamo sempre che il dialogo politico sia l’unico modo per risolvere conflitti e controversie, e la consegna di armi, le sanzioni unilaterali e l’estrema pressione non faranno che intensificare le contraddizioni e aumentare le tensioni, che non sono in linea con gli interessi e le aspettative della maggior parte dei Paesi del mondo».
Pertanto, la Cina «manterrà la sua posizione obiettiva ed equa sulle questioni dei punti caldi internazionali e regionali come la crisi ucraina e continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione politica della crisi».