Guerra: cosa nasconde la retorica russa sulla "denazificazione" dell'Ucraina
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Guerra: cosa nasconde la retorica russa sulla "denazificazione" dell'Ucraina

Una retorica nazionalista che pesca a piene mani nella narrazione della “guerra patriottica” contro le armate del Terzo Reich

Guerra: cosa nasconde la retorica russa sulla "denazificazione" dell'Ucraina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Febbraio 2023 - 19.43


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La propaganda è l’”anima” della guerra moderna. E quanto a retorica, Mosca non conosce rivali. Una retorica nazionalista che pesca a piene mani nella narrazione della “guerra patriottica” contro le armate del Terzo Reich.

L’Unione europea “continua a sostenere sconsideratamente il regime neonazista a Kiev”. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, all’indomani del vertice tra Unione Europea e Ucraina che si è svolto a Kiev alla presenza del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. “Il vertice Ue-Ucraina a Kiev ha confermato che per indebolire la Russia e servire le aspirazioni egemoniche degli Stati Uniti e della Nato, Bruxelles continua a sostenere sconsideratamente il regime neonazista a Kiev”, ha affermato Zakharova, citata dall’agenzia Tass. La portavoce ha poi sottolineato che “tutti i partecipanti” al vertice Ue-Ucraina resteranno “molto delusi” dal momento che “gli obiettivi dell’operazione militare speciale della Federazione Russa saranno raggiunti”.

Messaggio da Volgograd.

A lanciarlo è il presidente russo Vladimir Putin. La città meridionale ha ospitato il leader del Cremlino in occasione dell’ottantesimo anniversario della devastante battaglia per Stalingrado nel sud della Russia, uno dei capitoli più sanguinosi della seconda guerra mondiale. Stalingrado ora è Volgograd. Ma per Putin resta sempre Stalingrado, poiché rappresenta il simbolo di un conflitto cruciale che ha segnato la vittoria dell’Unione Sovietica contro i nazisti.

Da qui, Putin ha lanciato un duro attacco contro le nazioni occidentali a pochi giorni dalla decisione americana e di diversi partner europei di intensificare le forniture militari al Paese che sta subendo l’aggressione del Cremlino. Il leader russo ha parlato di una minaccia proveniente dalla Germania, lanciandosi in un paragone storico. “L’ideologia del nazismo nella sua forma moderna rappresenta di nuovo una minaccia per la Russia. È incredibile, ma siamo di nuovo minacciati da carri armati Leopard tedeschi”, ha affermato Putin che ha ribadito quanto la Russia sia vicino alla vittoria. Sono la “continuità di generazioni, valori e tradizioni” che spingeranno il Cremlino a vincere la battaglia, è il ragionamento di Putin. 

In un gioca da equilibrista, il leader russo ha precisato che Mosca non “invierà blindati ai confini” dell’Occidente ma “ha di che rispondere” a chi la minaccia con le forniture di carri armati a Kiev. Il monito è rivolto alle potenze occidentali che da quasi un anno aiutano Kiev con forniture militari a respingere l’offensiva russa. “Siamo ancora costretti a respingere l’aggressione dell’Occidente collettivo”, ha aggiunto Putin avvertendo che “coloro che trascinano la Germania in una nuova guerra con la Russia, e irresponsabilmente ne parlano come un dato di fatto compiuto (il riferimento è al ministro degli Esteri Annalena Baerbock, ndr), coloro che si aspettano di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, a quanto pare non capiscono che una guerra moderna con la Russia sarà per loro completamente diversa”. 

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“Vladimir Putin ha cercato di giustificare l’aggressione all’Ucraina parlando di una missione per “denazificare” il paese. Una bugia a cui la maggior parte del mondo non ha creduto. Gli ebrei d’Ucraina per primi, che hanno definito la Russia di Putin una grande fake news. E così le sue accuse a Kiev di essere antisemita, in mano a nazisti responsabili di un presunto genocidio ai danni della popolazione russofona. Ora anche lo Yad Vashem è intervenuto per contrastare la retorica del Cremlino. Il Memoriale delle Shoah di Gerusalemme “condanna questa banalizzazione e distorsione dei fatti storici dell’Olocausto”, ha dichiarato il suo presidente Danny Dayan. La propaganda di Putin, ha proseguito Dayan, è “satura di dichiarazioni irresponsabili e paragoni completamente imprecisi con l’ideologia nazista e le azioni prima e durante la Shoah”.


Secondo il filosofo Jason Stanley, docente a Yale, rispetto al ruolo della Russia e all’estremismo di destra è necessario ribaltare il discorso. È Putin, spiega Stanley in un’intervista al New York Jewish Week, a rappresentarne oggi il baluardo. I suoi discorsi sui nazisti e presunti genocidi in cui si banalizza la Shoah rappresentano infatti una porta aperta all’antisemitismo e un pericolo per gli ebrei. “Il regime di Putin è un regime nazionalista cristiano, e il nazionalismo cristiano è una minaccia per gli ebrei ovunque. Non credo che stia cercando di convincere qualcuno. Penso piuttosto che stia cercando di deridere il linguaggio della Shoah”. Per Stanley questa retorica rappresenta “l’antisemitismo dell’Europa orientale” che “prende la forma nel dire che noi ebrei abbiamo rubato la narrazione del vittimismo”. Con questi discorsi il presidente russo “prende in giro gli ebrei”. La sua tesi, continua Stanley, è che “le vere vittime siano i russi cristiani in Ucraina orientale: quelle sono le vittime del genocidio, non il discendente di sopravvissuti alla Shoah, il leader ebreo dell’Ucraina”. Questo, spiega il filosofo, figlio a sua volta di sopravvissuti, è uno dei problemi principali: “Il nazionalismo cristiano è antisemita fino al midollo”.


In un articolo pubblicato dal Guardian, Stanley amplia la sua riflessione e traccia un parallelo con il fascismo. Quest’ultimo, scrive, è “un culto del leader, che promette la restaurazione nazionale di fronte a presunte umiliazioni commesse da minoranze etniche o religiose, da liberali, femministe, immigrati e omosessuali. Il leader fascista sostiene che la nazione è stata umiliata e la sua mascolinità minacciata da queste forze. Deve riconquistare la sua antica gloria (e spesso il suo antico territorio) con la violenza. Egli si offre come l’unico che può ripristinarla”. Ad essere indicati come primo agente nemico di questa restaurazione sono gli ebrei, sottolinea il filosofo. Sarebbero loro a utilizzare “gli strumenti della democrazia liberale, dell’umanesimo laico, del femminismo e dei diritti dei gay” per introdurre “decadenza, debolezza e impurità”. Contro gli ebrei si scaglia così il fascismo che giustifica la sua violenza “offrendo di proteggere una presunta identità pura religiosa e nazionale dalle forze del liberalismo. In occidente, il fascismo si presenta come il difensore della cristianità europea contro queste forze, così come la migrazione musulmana di massa. Il fascismo in occidente è quindi sempre più difficile da distinguere dal nazionalismo cristiano”. Ovvero da quello promosso da Putin, sostiene Stanley, che si autoindetifica come “leader globale del nazionalismo cristiano, ed è sempre più considerato tale dai nazionalisti cristiani di tutto il mondo”.

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Una retorica applicata ora all’invasione dell’Ucraina. “Denazificare” in questo caso significa fare “appello ai miti dell’antisemitismo contemporaneo dell’Europa orientale. Ovvero che una cabala globale di ebrei erano (e sono) i veri agenti della violenza contro i cristiani russi e che le vere vittime dei nazisti non erano gli ebrei, ma piuttosto questo gruppo. I cristiani russi sono bersagli di una cospirazione di un’élite globale, che, usando il vocabolario della democrazia liberale e dei diritti umani, attacca la fede cristiana e la nazione russa. La propaganda di Putin non è rivolta ad un occidente ovviamente scettico, ma piuttosto si appella all’interno di questo ceppo del nazionalismo cristiano”, scrive Stanley”.

E’ un illuminante articolo pubblicato su Moked, il portale dell’ebraismo italiano. L’articolo è del 28 febbraio 2022, quattro giorni dopo l’inizio della guerra di aggressione russa all’Ucraina. Un anno dopo, la sua attualità è stringente.

Putin “non ha tratto quasi niente dal comunismo, fatta eccezione per l’odio verso il nazismo che è rimasto dalla Seconda guerra mondiale. Anche lui ha posto molta enfasi sul suo antinazismo e questa enfasi ha avuto un ruolo importante nel suscitare quel supporto che Putin è riuscito a raccogliere fra i suoi compatrioti russi. Ma, per altri versi, l’antinazismo non è un punto di forza della sua dottrina. Negli ultimi anni, i neonazisti in Ucraina hanno avuto visibilità, anche se soltanto in forma di graffiti sul muro e di saltuarie manifestazioni di piazza. Ma non hanno avuto un ruolo né grande né piccolo. Hanno avuto un ruolo irrilevante e questo significa che l’enfasi di Putin sui neonazisti ucraini, che è utile per la sua popolarità in Russia, introduce però una rilevante distorsione nel suo pensiero.

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E da qui proveniva l’aspettativa, che è stata delusa, secondo cui un gran numero di ucraini, spaventati dai neonazisti, avrebbe guardato con gratitudine i carrarmati russi che transitavano lungo le strade. Ma non c’è alcun altro elemento del comunismo che sopravvive nel suo pensiero. Al contrario, Putin ha ricordato con dispiacere come le dottrine comuniste ufficiali del passato avessero incoraggiato l’autonomia dell’Ucraina invece di incoraggiare la sua sottomissione nell’ambito di una più grande nazione russa. La posizione di Lenin su quella che era abitualmente definita “questione nazionale” non è la sua stessa posizione…”. 

E’ un brano di uno straordinario – per profondità e fascinazione di pensiero – saggio storico-politico scritto da Paul Berman per Foreign Policy, pubblicato in Italia da Linkiesta (traduzione di Guido De Franceschi). 

Dmitry il piromane.

L’ex presidente russo, numero due del Consiglio di sicurezza di Mosca, Dmitry Medvedev ha affermato che l’invio di ulteriori armi e carri armati occidentali in Ucraina incoraggerà soltanto nuovi attacchi dalla Russia: “Tutta l’Ucraina che rimane sotto il dominio di Kiev brucerà”. Queste le parole riportate dalla giornalista Nadana Fridrikhson a proposito dell’intervista scritta rilasciata da Medvedev. La giornalista ha chiesto all’ex premier se l’uso di armi a lungo raggio potrebbe costringere la Russia a negoziare con Kiev: “Il risultato sarà esattamente l’opposto. Solo i maniaci della morale, e ce ne sono abbastanza sia alla Casa Bianca che al Campidoglio, possono discutere in questo modo”. La risposta di Mosca agli attacchi di Kiev alla Crimea o a qualsiasi altra regione russa “profonda” sarà dura e convincente: “Secondo la nostra dottrina nucleare, la Russia può usare armi nucleari se armi nucleari o di altro tipo di distruzione di massa vengono usate contro la Russia o i suoi alleati, se riceve informazioni verificate sull’avvio di missili balistici per attaccare la Russia o i suoi alleati, in caso di aggressione convenzionale se l’esistenza dello Stato è in pericolo”

Retorica e minaccia nucleare. La propaganda russa si nutre di questo.  Una propaganda di guerra. Una guerra di aggressione che non ha nulla di “patriottico”.

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