Droni suicidi, sanzioni all'Iran: la guerra in Ucraina e la polveriera mediorientale
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Droni suicidi, sanzioni all'Iran: la guerra in Ucraina e la polveriera mediorientale

La guerra in Ucraina si “mediorientalizza”. Sul campo e nelle politiche sanzionatorie che dopo la Russia investono l’Iran. 

Droni suicidi, sanzioni all'Iran: la guerra in Ucraina e la polveriera mediorientale
ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Ottobre 2022 - 15.58


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La guerra in Ucraina si “mediorientalizza”. Sul campo e nelle politiche sanzionatorie che dopo la Russia investono l’Iran. 

Gli Stati Uniti minacciano nuove sanzioni all’Iran per aver fornito alla Russia i droni “kamikaze” che utilizza contro la popolazione e le infrastrutture civili, seguendo così le orme dell’Unione europea. Washington ha detto che ci sono “prove abbondanti” che l’Iran sta trasferendo droni in Russia che vengono utilizzati in Ucraina e ha assicurato che “non esiterà” a utilizzare sanzioni e “altri strumenti appropriati” per punire tutte le parti coinvolte. La dichiarazione degli Stati Uniti arriva poche ore dopo che l’Unione Europea ha raggiunto un accordo politico per sanzionare l’Iran per lo stesso motivo. Da parte loro, Russia e Iran hanno negato separatamente alle Nazioni Unite che i droni iraniani siano stati usati nella guerra in Ucraina, definendo queste accuse bugie infondate. “Abbiamo chiesto alle autorità ucraine di fornire prove riguardo al presunto uso di droni iraniani nella guerra in Ucraina” da parte della Russia.

Lo ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, come riporta Mehr, in una telefonata con l’omologo croato in cui ha affermato che l’Iran è “fermamente contrario alla guerra” e alla fornitura di armi alle parti in conflitto. “Non abbiamo fornito alla Russia alcuna arma iraniana da utilizzare nella guerra contro l’Ucraina”, ha detto Amirabdollahian senza negare che Mosca e Teheran abbiano una cooperazione sulla Difesa.

Secca la ribattuta di Kiev. L’Iran ha preso “soldi sporchi di sangue” dalla Russia per aver fornito droni kamikaze utilizzati in attacchi mortali contro città come Kiev: lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel corso di un’intervista rilasciata ieri all’emittente televisiva canadese Ctv.  “Non mi fido della leadership iraniana”, ha detto Zelensky.   “Hanno negato pubblicamente tutto questo, dicendo che non abbiamo venduto nulla, ma ecco che vediamo: Centinaia di attacchi, in Ucraina, nella capitale, contro le infrastrutture civili, le scuole, nelle vicinanze dell’università, nell’università e nella chiusura del nostro sistema energetico”. “Non mi fido della leadership iraniana”, ha dichiarato Zelensky in un’intervista rilasciata mercoledì all’emittente canadese Ctv. “Hanno negato pubblicamente tutto questo, dicendo ‘non abbiamo venduto nulla’, ma ecco cosa vediamo. Centinaia di attacchi. In Ucraina, nella capitale, nelle infrastrutture civili, nelle scuole, nelle vicinanze dell’università, nell’università e la chiusura del nostro sistema energetico”, ha detto il presidente ucraino. 
“L’Iran fornisce loro droni … L’uccisione di ucraini.  Questo è ciò che hanno concordato. Concordato per denaro. Questo denaro sporco di sangue che l’Iran sta guadagnando – ha proseguito -. Stiamo parlando con precisione. L’Iran fornisce droni che hanno ucciso ucraini e continuano a uccidere. Non si tratta di uno a cinque. Non è un incidente. Sono centinaia”. 

I droni suicidi. Per saperne di più

A scriverne, con competenza e documentazione, è Andrea Mottola, analista di RID (Rivista Italiana Difesa).

Annota Mottola: “A differenza dei droni da ricognizione e da attacco classici, quelli “spendibili”, o suicidi, sono dotati di una carica bellica integrata e possono essere impiegati per l’attacco di obiettivi fissi (raffinerie, aeroporti e così via), ma anche per colpire le batterie antiaeree. I loro sistemi di guida sono tendenzialmente semplici e si basano su un ricevitore GPS che consente ai droni di seguire una rotta con waypoint pre-caricati. Si tratta di apparecchi che, tanto nel conflitto yemenita, quanto in quelli del Nagorno-Karabakh, del Siraq e dell’Ucraina, hanno dimostrato tutta la loro costo-efficacia data dai bassissimi costi di acquisizione ed esercizio, a fronte della loro capacità di evadere le difese antiaeree tradizionali in virtù di dimensioni contenute, della loro capacità di seguire rotte e profili di volo a bassissima quota e dell’utilizzo, in fase di assemblaggio, di materiali compositi scarsamente radar riflettenti. Il primo drone suicida iraniano è stato un ABABIL, utilizzato durante le ultime fasi della guerra contro l’Iraq come UAV kamikaze ed equipaggiato con una testata esplosiva di 30 kg. Il suo successore, denominato ABABIL-2, è caratterizzato da una cellula con fusoliera cilindrica, ala arretrata e piani canard anteriori. Propulso da un motore a pistoni a 2 cilindri WAE-342 da 25 CV con elica spingente a 2 pale, è costruito con materiali metallici e ha un peso di circa 80 kg. Può essere lanciato da una piattaforma tramite ausilio di razzo, montabile all’occorrenza su veicolo o nave, oppure da una catapulta pneumatica montata su camion o pick-up. Per il recupero, è dotato di un paracadute ma è possibile montare pattini per atterraggi convenzionali. Peraltro, alcune cellule sono state equipaggiate anche con carrello di atterraggio classico. Venne presentato nel 1998 in 3 diverse varianti: il drone bersaglio ABABIL-2B; l’UAV da sorveglianza ABABIL-2S, che condivideva la stessa cellula del precedente, integrata da payload elettro-ottico non infrarosso; infine l’ABABIL-2T, dotato di una cellula riprogettata, caratterizzata da doppia coda e composta da materiali in vetroresina, a differenza degli altri modelli. Accreditato di maggior autonomia – circa 2 ore, rispetto ai 70/80 minuti – e velocità, può operare nel doppio ruolo di piattaforma ISR o drone spendibile con carica esplosiva di 40 kg, con una tangenza massima di 3.500 m. Da quest’ultimo sono state sviluppate almeno 2 ulteriori varianti: MERSAD e QASEF. Gli ABABIL-2 iraniani risultano ancora in servizio con l’Esercito. L’ABABIL-3, invece, rappresenta uno dei più recenti UAV sviluppati dall’industria iraniana. Entrato ufficialmente in servizio con le Forze iraniane nel 2020, ma paradossalmente già attivo nel 2012 nel conflitto sudanese, è una delle ultime evoluzioni della famiglia di sistemi ABABIL, rispetto ai quali, tuttavia, differisce per un design totalmente rivisitato. La sua cellula in vetroresina, infatti, è basata sul design dell’UAV sudafricano SEEKER-2D e caratterizzata da corpo cilindrico, struttura alare alta situata al centro della fusoliera, con forma rettangolare nella prima sezione e leggermente più assottigliata verso le estremità, e doppia coda “ad H”. Di dimensioni decisamente maggiori rispetto agli ABABIL-2 – 6,9 m di apertura alare, rispetto ai circa 3 m dei predecessori – è propulso da un motore tedesco Limbach L550E o, più probabilmente, di una sua copia sino-iraniana. Dai pochi dati analizzabili sulle sue prestazioni, si parla di un velivolo in grado di restare in volo per circa 4 ore e con un’autonomia di 100 km, e di raggiungere i 5.000 m di quota massima. Il payload è costituito da classica torretta EO/IR e carico bellico variabile. Può essere, infatti, armato con una coppia di missili aria-sup o bombe guidate – fondamentalmente di tipo QAEM-1/5 – trasportate sui 2 piloni subalari, elemento che lo differenzia dai 2 predecessori che, nati come aerobersagli/droni spendibili, non prevedono armamento di caduta. Negli ultimi mesi, peraltro, il velivolo sarebbe stato certificato al trasporto di un nuovo missile anticarro con gittata accreditata di 10 km, probabilmente appartenente alla famiglia QAEM. Alcune fonti collegano questo nuovo missile – la cui denominazione dovrebbe essere QAEM-9/114 – al completamento di un’opera di ingegneria inversa (l’ennesima da parte dell’Iran) partita dallo studio dell’anticarro israeliano SPIKE-LR, uno dei quali sarebbe caduto in mani iraniane – via Hezbollah – nel 2006. Il nuovo missile dovrebbe prevedere 2 varianti a seconda del tipo di guida utilizzata, seeker TV o infrarosso. Oltre 200 ABABIL-3 sono in servizio con Esercito e Marina regolari e con le Forze Aerospaziali dei Pasdaran (Islamic Revolutionary Guard Corps, IRGC) molti dei quali ospitati nelle basi a ridosso dello Stretto di Hormuz (Bandar Abbas e Minab). Anche in questo caso esisterebbe una variante aggiornata – denominata ATLAS – che dovrebbe mantenere la cellula originaria, rinforzata nelle ali e nella fusoliera, e integrata con un nuovo sistema idraulico relativo al carrello e con un dispositivo automatizzato per il decollo e l’atterraggio. L’ultima versione conosciuta della famiglia è l’ABABIL-5, di cui in realtà non si sa praticamente nulla. Durante la recente presentazione della base sotterranea 313, avvenuta lo scorso maggio, si sarebbe notata la presenza di uno dei 3 prototipi esistenti dell’ABABIL-5, equipaggiato con il già menzionato missile QAEM-9/114.

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Per quanto concerne il KARRAR, nato come aerobersaglio e sviluppato tramite reverse engineering degli MQM-107 STREAKER americani, acquisiti negli anni ‘70 all’epoca dello Shah, e dei sudafricani SKUA, è stato progressivamente migliorato dalla sua prima apparizione nel 2002. Caratterizzato da una cellula con ala bassa a semi-delta, fusoliera cilindrica con presa d’aria dorsale per il motore turbogetto Microturbo-TRI-60, o una delle sue copie iraniane TOLOUE-5, e piano di coda con doppi stabilizzatori verticali, è dotato di un sistema di guida di tipo inerziale/GPS senza ausilio di sensori ottici, il che implica la necessità di seguire rotte pre-programmate, seppur aggiornabili durante il volo. La procedura di utilizzo è quella classica da aerobersaglio, con decollo che avviene tramite l’ausilio di un razzo e recupero con dispiegamento di paracadute. Secondo fonti ufficiali iraniane, ad oggi viene utilizzato sia come drone spendibile anti aereo, privo di carica esplosiva ma equipaggiato con seeker IR a ricerca di calore installato nel muso per abbattimenti cinetici, sia come UAV d’attacco. In quest’ultima versione, sarebbe armato con carico di 225 kg – costituito da bombe non guidate (2 di tipo Mk-81 o una Mk-82), o da una coppia di missili antinave KOWSAR, o da un singolo missile NASR-1 – configurazione che ne ridurrebbe di circa il 50% l’autonomia dichiarata di 1.000 km. Prima di adottare la suddetta soluzione cinetica, era stato precedentemente testato, con scarsi risultati, come intercettore, armato con missili aria-aria a corto raggio e guida IR AZARAKHSH, cloni iraniani dei SIDEWINDER. Tra le presunte capacità sbandierate dal Regime, ci sarebbe quella di sorveglianza, sebbene siano assenti sensori per l’esecuzione di tali compiti. Più recentemente, durante la presentazione della nuova base sotterranea 313, sarebbe stato identificato un nuovo modello denominato KARRAR-3, armato con missili SHAFAQ e nuove bombe guidate BALABAN, simili come design e dimensioni alle GBU-39 SDB statunitensi. Per quanto concerne peso e prestazioni, si parla di 650 kg a pieno carico e velocità massima di oltre 800 km/h.

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Altri esempi più recenti di piattaforme UAV sono rappresentati dalla famiglia di velivoli KIAN/ARASH. Presentati al pubblico nel 2019, si tratta di apparecchi dotati di propulsione a getto fornita da un motore Bukhari WAE-342/742 e disponibili nella doppia configurazione droni bersaglio ad alta velocità (KIAN), o munizioni circuitanti (ARASH) meno veloci ma con maggior capacità di permanenza in volo, entrambe in servizio. Durante la presentazione ufficiale, il Gen. Sabahifard, Comandante delle Forze di Difesa Aerea iraniane, ha affermato che i KIAN sono in grado di effettuare anche missioni di ricognizione e sorveglianza su distanze di circa 1.000 km, sebbene nessuno dei 2 velivoli presenti all’evento fosse equipaggiato con payload elettro-ottico/infrarosso necessario all’esecuzione di simili compiti. A 3 anni da tali dichiarazioni, ancora non esistono elementi che confermino tale capacità che, quindi, va verosimilmente inserita a pieno titolo nella classica propaganda iraniana.

Infine, altri droni kamikaze recenti, sono gli SHAHED-131/136. Lo SHAHED-136, ampiamente usato in Ucraina, è stato presentato durante un’esercitazione del 2019, nella quale compariva con una cellula chiaramente somigliante all’HARPY israeliano e configurato come sistema montato su autocarro con cassone ribaltabile appositamente modificato per il trasporto di 5 apparecchi. Lo SHAHED-131 dovrebbe rappresentare una semplice versione ridotta del 136. Negli ultimi anni, sono stati entrambi utilizzati in operazioni contro l’Arabia Saudita, navi mercantili e basi statunitensi in Iraq. Gli Houthi dispongono di una variante dello SHAHED-136 con maggior gittata denominata WAID”.

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Così l’analista di RID.

Ecco allora che la guerra ad Est tendere sempre più a coinvolgere un’altra area calda del pianeta. Quei droni suicidi rischiano di far deflagrare la polveriera mediorientale.

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