Da Reagan a Trump, metamorfosi dei repubblicani: da distruttori dell'impero sovietico a "Putin un genio"
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Da Reagan a Trump, metamorfosi dei repubblicani: da distruttori dell'impero sovietico a "Putin un genio"

Oggi il Gop guarda con partecipato interesse alla democratura realizzata in Russia dallo Zar. La destra

Da Reagan a Trump, metamorfosi dei repubblicani: da distruttori dell'impero sovietico a "Putin un genio"
Putin e Trump
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

22 Aprile 2022 - 18.50


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Oltre Oceano, Vladimir Vladimirovic Putin può contare su un Partito che un tempo si vantava di aver contribuito con i suoi presidenti, in primis Ronald Reagan, ad aver abbattuto l’impero sovietico, e che oggi, invece, guarda con partecipato interesse alla democratura realizzata in Russia dallo Zar.

Cambio di pelle

Ne dà conto Alon Pinkas, tra i più autorevoli analisti israeliani di politica internazionale.

Così su Haaretz: “Se avete ascoltato le reazioni di alcuni politici repubblicani mentre la crisi ucraina si stava sviluppando, potreste essere scusati per aver pensato che il defunto senatore repubblicano Joseph McCarthy potrebbe aver avuto retroattivamente ragione quando ha sostenuto negli anni ’50 che spie, simpatizzanti e sostenitori sovietici si erano infiltrati nel sistema politico degli Stati Uniti.

Paradossalmente, 70 anni dopo, si scopre che quei simpatizzanti non sono sabotatori comunisti che minano la repubblica americana, ma attivisti repubblicani, influenzatori, operatori politici e persino membri del Congresso.

Il punto di partenza di qualsiasi analisi delle posizioni repubblicane sulla Russia è che esiste un bene generalmente familiare e conosciuto chiamato “il Partito Repubblicano”, e che ha principi e valori di politica estera distinguibili. Se una tale analisi fosse stata condotta negli anni ’80 o ’90, il riferimento sarebbe stato chiaro e il termine “repubblicano” riconoscibile. Ma oggi, questo è un presupposto errato e fuorviante: quel Partito Repubblicano non esiste più.

L’intero partito è diventato RINO, che significa “Repubblicano solo di nome”. La parola repubblicano ha perso tutti i suoi significati precedenti. Invece, c’è un culto cospirativo e arrabbiato di Trump che va sotto il nome di “repubblicano”. È per lo più bianco, prevalentemente rurale e costituisce la “Red America” che ha votato due volte per Donald Trump. Non è lontanamente collegato all’entità precedentemente conosciuta come “il Partito Repubblicano”. La nuova versione è prima di tutto un partito antidemocratico: i suoi valori, principi e politiche sono definiti negativamente da ciò contro cui sono, non da ciò per cui sono. Sono anti-“élite costiere” che dettano norme culturali e linguaggio, anti-liberali, anti-gay, anti-aborto, anti-immigrati, anti-minoranze e, soprattutto, anti-governo.

Questo non è certamente “il partito di Reagan”, né quello di George H.W. Bush, e nemmeno George W. Bush. Questo è un nuovo fenomeno politico, plasmato, modellato e volentieri preso in consegna da Trump, dal populismo trumpiano e dal trumpismo culturale.

Poi c’è il repubblicano Madison Cawthorn, che il mese scorso ha definito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky un “delinquente”. Un senatore repubblicano, Rand Paul, nel frattempo, ha detto che il suo collega repubblicano Ted Cruz ha sostenuto le sanzioni sulle esportazioni di energia della Russia solo per aiutare l’industria petrolifera nel suo stato natale del Texas.

Che Trump adori, ammiri e sia incantato dallo stile di governo autocratico, prepotente, brutale e poliziesco del presidente russo Vladimir Putin non è una novità.

“Putin è molto intelligente. … Quando ha dichiarato ‘indipendente’ una parte dell’Ucraina, ho detto, ‘Quanto è intelligente?'” ha detto un astuto presidente americano che voleva comprare la Groenlandia, ha scambiato lettere d’amore con Kim Jong Un della Corea del Nord, si considerava un “genio stabile” e raccomandava agli americani di bere una deliziosa candeggina per combattere il “virus cinese”.

Ma ciò che è nuovo è il successo di Trump nell’instillare la sua adulazione di Putin e la derisione della Nato nella mente di così tanti altri repubblicani, dagli elettori ai legislatori. Infatti, un recente sondaggio ha mostrato che tra le nazioni occidentali, quella in cui la più grande percentuale della popolazione incolpa gli Stati Uniti per la guerra in Ucraina sono … gli Stati Uniti.

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Ecco perché le denunce di Putin da parte di alcuni alti repubblicani suggeriscono che il partito sta esibendo una schizofrenia. Perché mentre il suo indubbio leader, Trump, ammira Putin, il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell – alias “Moscow Mitch” – ha recentemente descritto Putin come “un teppista spietato” che “ha invaso un altro paese sovrano e ucciso migliaia di persone innocenti”.

Il senatore Lindsey Graham, che ha fatto di tutto negli anni per dimostrare la sua completa servitù a Trump, ha suggerito in un recente tweet che i generali russi dovrebbero assassinare Putin, mentre Nikki Haley, ambasciatrice di Trump alle Nazioni Unite quando lodava Putin ripetutamente, ora sta chiamando l’invasione russa “una guerra per la libertà” e non solo una guerra per l’Ucraina. Dov’era lei quando Trump voleva fermare tutti gli aiuti militari all’Ucraina a meno che non avesse aperto un’indagine contro il figlio del suo avversario politico? I resti del “vecchio” Partito Repubblicano, l’ala dell’establishment che non è riuscita a fermare la sua presa di potere da parte dell’elemento di base di Trump, sta cercando di parlare duro sull’Ucraina. Ma c’è un sentimento forte e duraturo tra i repubblicani di essere sospettosi e contrari all'”internazionalismo liberale” – che invariabilmente comporta un intervento all’estero, spesso con una sostanziale componente militare.

Questo alimenta un’altra tradizione conservatrice-repubblicana: l’isolazionismo. Ecco perché il partito repubblicano trumpista è ugualmente ostile sia ai liberaldemocratici che ai neoconservatori che si trovano nella stessa categoria di politica estera. Alcuni hanno adottato un comodo approccio “Putin è cattivo, ma…”. Da un lato, incolpano gli Stati Uniti per aver sponsorizzato e incoraggiato l’espansione della Nato che presumibilmente ha causato la guerra. E dall’altro, criticano l’amministrazione Biden per non aver armato l’Ucraina presto e abbastanza pesantemente con piattaforme e sistemi sofisticati.

Tutto questo dimostra che, in questo momento, non esiste un Partito Repubblicano in termini di partito politico che una volta rappresentava ed esprimeva il conservatorismo americano. Inoltre, la nuova mutazione non ha una politica estera coerente se non un principio: opporsi a qualsiasi passo venga fatto dal presidente Joe Biden”.

Così Pinkas.

D’altro canto, è stato lo stesso Trump, prima di una correzione di tiro che sa molto di elezioni di mid term piuttosto che di riflessione autocritica, a definire Putin “un genio” per le sue azioni in Ucraina. “Conosco molto bene Putin: durante la mia amministrazione non avrebbe mai fatto quello che sta facendo ora, assolutamente no!”, ha affermato il tycoon, elogiando “l’intelligenza” delle tattiche del leader russo e sostenendo che la crisi si sarebbe potuta evitare se fosse stata “gestita in maniera appropriata” dall’attuale presidente Joe Biden

Oltre l’isolazionismo

Di grande interesse è un editoriale de Il Foglio: “Per trovare degli oppositori del Cremlino tra i politici americani, qualche anno fa, bisognava cercarli nel Partito repubblicano, , tra i John McCain e i Dan Coats per citare due senatori famosi. Negli ultimi anni però, complice la fascinazione per l’ex presidente Donald Trump, Putin è diventato un modello per alcuni politici conservatori. Qualche giorno fa il senatore trumpiano Josh Hawley, già noto per aver salutato con un pugno gli insorti del 6 gennaio, aveva affermato che l’Ucraina non doveva essere ammessa nella Nato per concentrarsi di più nel contrasto della Cina. L’ex collaboratore di Donald Trump, ancora di recente, ha espresso la necessità di prendere le parti di Vladimir Putin per “non lasciarlo alla Cina”.

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A volte c’era qualcosa di più. Sappiamo dell’ammirazione personale di Donald Trump o dell’ospitata alla tv russa di Mike Pompeo, dove esprimeva ammirazione per le mosse del presidente russo nei confronti dell’Ucraina, prima dell’invasione. C’è anche chi si è spinto oltre, come il senatore Rand Paul, che ha annacquato una risoluzione bipartisan di condanna delle azioni russe in Ucraina, o come la candidata al Senato in Delaware Lauren Witzke, che ha espresso la sua condivisione dei “valori cristiani” promossi da Vladimir Putin. 

Non è il solito isolazionismo. C’è qualcosa di più. Sembra che quel pezzo di mondo repubblicano che si autodefinisce “nazional-conservatore” abbia abbandonato la lotta contro la tirannia per prendere spunto e instaurare un governo autoritario anche negli Stati Uniti. Dopo l’invasione sembrerebbe che il sentimento di Mitt Romney, che definì la Russia il principale nemico geopolitico dell’America, sia tornato prevalente. C’è da chiedersi quanto questa retromarcia sia opportunistica e quanto invece l’ammirazione per un dittatore sia diventata parte integrante di questa parte politica”. Così l’editoriale de Il Foglio

Non v’è dubbio che le elezioni presidenziali americane del 2016 siano   state un momento cruciale nel rapporto della Russia con l’America conservatrice e la destra religiosa. Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, e il sentimento anti-russo è stato sostituito dall’ammirazione per ‘l’uomo forte Putin‘ e per la posizione illiberale del suo regime su questioni che vanno dai diritti LGBTQ, all’uguaglianza di genere, all’immigrazione, fino all’economia e alla religione e religiosità. E’ il capovolgimento del sentimento di una parte dell’America rispetto al periodo della Guerra Fredda, quando i conservatori erano vigorosamente antisovietici. “Il fatto che Trump ammirasse apertamente Putin significava che anche molti dei suoi sostenitori ammiravano apertamente Putin”, afferma David Smith, professore associato di politica americana e politica estera presso l’United States Studies Center. “I repubblicani hanno abbandonato la loro tradizionale sfiducia nei confronti della Russia e sono diventati molto più filo-russi”.

“Un leone conservatore”

Così la destra americana più reazionaria nei meandri del web glorifica l’autocrate russo. 

Nel social media Gab.com, popolare tra l’estrema destra americana, il capo del Cremlino spopola e ci sono utenti con nomi come «Rutin 4 Putin». Ma chi sono i fan di Putin in America? Tanti utenti di questo social media si definiscono «Non vaccinati, sangue puro, timorosi di Dio, possessori di armi e patrioti» che credono nell’esistenza di “due generi” e in un solo dio e affermano che «c’è più verità che viene da Putin che da tutti gli altri leader occidentali messi insieme».

Perché Putin piace all’estrema destra americana

Secondo il Washington Post, il presidente russo viene apprezzato dalla destra americana per il modo in cui usa la difesa dei valori tradizionali per giustificare l’invasione dell’Ucraina. Nella narrativa putiniana, infatti, l’avvicinamento di Kiev alla Nato e alla Ue rappresenta soprattutto anche una minaccia morale, l’avanzata dei diritti Lgbt, della teoria gender, della società liberal che si oppone ai valori tradizionali della Russia. «Vogliono distruggere i nostri valori tradizioni e costringerci ad assumere i loro falsi valori che ci distruggeranno» tuona Putin nel video diffuso il giorno dell’invasione, accusando l’Occidente di “degradazione e degenerazione” a causa di comportamenti “contrari
alla natura umana”. 

Non solo privati cittadini, novax ed ex trumpisti. Nel popolo d’America che guarda a Putin come esempio c’è anche il telepredicatore evangelico Pat Robertson che ha detto che il leader russo è stato “spinto da Dio” ad invadere l’Ucraina. E persino alcuni esponenti dell’estrema destra che siedono al congresso con i repubblicani, come Marjorie Taylor Greene, deputata della Georgia vicina alla setta QAnon, che ha parlato nei giorni scorsi ad una manifestazione suprematista bianca dove la folla scandiva “Putin! Putin! Putin!”  La stessa deputata la scorsa settimana ha votato contro la legge cui gli Stati Uniti hanno revocato i privilegi commerciali alla Russia. Tra i fan di Putin c’è anche il repubblicano Madison Cawthorn, accusato di aver avuto un ruolo nell’organizzazione dell’assalto al congresso del 6 gennaio 2021, che ha definito Volodymyr Zelensky “un delinquente”, in una dichiarazione molto ripresa dai media russi.

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Annota su lindro.itJérôme Viala-Gaudefroy, docente presso Sciences Po, St Germain-en-Laye: “La guerra di Putin ha messo in luce le tensioni all’interno di un Partito Repubblicano, schiacciato tra, da un lato, le sue tendenze nazionaliste (‘America First’), anche a volte isolazioniste, e, dall’altro, la corrente internazionalista, più interventista. Mentre i leader dei gruppi repubblicani al Senato e alla Camera dei Rappresentanti hanno entrambi condannato Putin, i sostenitori di Donald Trump cercano una narrativa alternativa”.

“Di fronte alle possibili ricadute politiche dell’invasione russa, il campo pro-Trump si è precipitato insieme in un hotel di Washington per creare una contro-narrativa sfidando l’idea di Joe Biden di una guerra a lungo termine tra ‘autocrazia e democrazia, tra libertà e repressione’. Anche se significa affermare che la guerra è stata provocata in primo luogo dagli Stati Uniti e dalla Nato, e rifiutare qualsiasi intervento contro la Russia”.

Sottolinea Matteo Muzio in un documentato report su Rolling Stone: “L’estremismo radicale non è certo una novità nel Paese che ha visto il Ku Klux Klan essere rifondato per ben tre volte. Se non fosse che due deputati repubblicani in carica hanno partecipato. La prima, Marjorie Taylor Greene, nota per le sue idee cospirazioniste sul Covid e l’elezione presidenziale sue molestie verbali ad Alexandria Ocasio Cortez e per aver insultato il presidente Joe Biden durante lo Stato dell’Unione, è andata di persona (chissà se Fuentes le ha detto la sua opinione sul diritto di voto) mentre Paul Gosar, anche lui noto per aver postato un finto anime che lo raffigura mentre uccide democratici (tra cui proprio Alexandria Ocasio Cortez, un’autentica fissazione per quest’area), ha soltanto inviato un video di trenta secondi.

Il leader di quest’area non è Trump, è direttamente Putin, elogiato sul palco il 25 febbraio, il giorno dopo l’invasione dell’Ucraina. Non è una novità che Putin venga definito ultima speranza “bianca” dell’Occidente. Non stupisce che quest’area sia popolare come il Partito Comunista durante la Guerra Fredda”.

Negli Stati Uniti recente sondaggio ha mostrato che il 62% degli elettori repubblicani crede che Putin sia«un leader più forte» di Joe Biden. “Quello che conta per loro è che vedono Putin affrontare il liberalismo, lo vedono affrontare i diritti LGBT, lo vedono affrontare il femminismo», rileva David Smith, professore associato di politica americana e politica estera presso l’United States Studies Center. Per poi concludere: “Credono che stia cercando di creare il tipo di società omogenea con una forte identità nazionale fondata sui valori tradizionali che vorrebbero vedere in America”.

(seconda parte, fine)

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