Nel discorso che Vladimir Putin ha fatto alla nazione russa il 21 febbraio, due giorni prima di invadere l’Ucraina, ha parlato di un ‘genocidio’ che l’Ucraina avrebbe perpetrato nel Donbass, la regione dell’Ucraina orientale dove si trovano le due ‘repubbliche’ separatiste filorusse di Donetsk e Luhansk.
Il discorso di Putin era pieno di falsità e di forzature storiche. La narrazione di Putin e la giustificazione all’invasione, insieme al genocidio, è quella di sostenere che l’Ucraina come paese non esista e che si tratti di un’invenzione della russia bolscevica. In realtà, alcune città ucraine (come Kiev) risultano essere addirittura più antiche di Mosca.
Riguardo il genocidio, Putin e la Russia sostengono che la guerra nel Donbass (che dura nonostante gli accordi di Minsk del 2015, mai rispettati da nessuna delle due parti, anche se si è trattato finora di una guerra a bassa intensità) sia un’operazione dell’Ucraina per cancellare le persone di cultura russa dalla parte orientale del Paese.
Nella guerra del Donbass, come sostiene l’Onu in un report risalente a gennaio 2022, sono morte fino a 14.000 persone. Ma ‘genocidio’ implica la precisa volontà di cancellare un popolo e la sua cultura, cosa che l’Ucraina non ha mai manifestato. A dir il vero, se di genocidio dobbiamo parlare, sarebbe la Russia a esserne colpevole:
La comunità internazionale ha infatti riconosciuto come genocidio quello di Holodomor (‘La grande fame’) avvenuto tra il 1932 e il 1933: la grande carestia causata dalle politiche agricole di Stalin che uccise 4 milioni di ucraini in un anno.