Venti dell'Est: per lo 'zar' Vladimir Putin il problema si chiama Nato
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Venti dell'Est: per lo 'zar' Vladimir Putin il problema si chiama Nato

Per Mosca, l’estensione ad Est dell’Alleanza atlantica è una minaccia geopolitica ancor più che militare. Una minaccia che la richiesta di Kiev di entrarne a far parte rende agli occhi di Vladimir Putin intollerabile.

Venti dell'Est: per lo 'zar' Vladimir Putin il problema si chiama Nato
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22 Gennaio 2022 - 15.58


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Si scrive Ucraina, si legge Nato. Perché è quest’ultima il vero nodo del contendere tra la Russia dello “zar” del Cremlino e l’Occidente. Per Mosca, l’estensione ad Est dell’Alleanza atlantica è una minaccia geopolitica ancor più che militare. Una minaccia che la richiesta di Kiev di entrarne a far parte rende agli occhi di Vladimir Putin intollerabile.

Venti di guerra e diplomazia in panne

I negoziati continuano, la tensione cresce, l’impasse regna. L’incontro tra il segretario di Stato Usa Antony Blinken e il suo omologo russo Serghei Lavrov a Ginevra (“franco e sostanziale”) c’è stato – non era scontato – ma ha certificato nuovamente la distanza tra le parti.

Mosca si è presentata chiedendo il ritiro degli effettivi Nato da Bulgaria e Romania, come già esplicitato nelle bozze di trattato pubblicate a dicembre – proposte respinte con sdegno dai due stessi Paesi dell’alleanza, oltre che dalla stessa Nato. Lavrov ha preteso nuovamente “risposte scritte” e Blinken le ha promesse per la prossima settimana. Ma ha anche intimato al Cremlino di “fornire prove” che non sta preparando l’invasione dell’Ucraina. Mentre la Russia ha replicato minacciando “serie conseguenze” se le sue richieste saranno ignorate.

 Il dialogo dunque continua. Blinken ha suggerito l’ipotesi di un nuovo summit Putin-Biden “se può essere la soluzione” per risolvere la crisi. Il Cremlino ha preso nota. Ma poi sul campo la situazione vira e prende tinte fosche. L’Olanda ha dichiarato di aver ricevuto una richiesta di armi “difensive” dall’Ucraina e di essere “disponibile”, dato che c’è una maggioranza parlamentare a favore. E’ l’ultima tessera del mosaico, dopo lo slancio in avanti di Londra, che ha consegnato sistemi anticarro, e l’ok degli Stati Uniti ai Paesi baltici di fornire a Kiev armamenti made in Usa (missili anticarro e antiaerei).

Inutile dire che Mosca giudica “negativamente” tali sviluppi. Washington sta inoltre valutando se evacuare i membri delle famiglie del personale diplomatico in Ucraina, tanto per dire l’aria che tira (una misura che sembra al momento “non allo studio” da parte dell’Unione europea). I segnali insomma non sono positivi e la confusione, al di là dei proclami, è tanta. Il boccino ce l’ha in mano il Cremlino ed ogni decisione finale spetta a Vladimir Putin. Nessuno sa, ora come ora, cosa deciderà di fare lo zar. Probabilmente non lo sa nemmeno lui. Ecco perché questa presa di posizione ai limiti del notarile, con l’accento sulle “risposte scritte”, a ben vedere sa molto di escamotage per prendere tempo.

 La diplomazia dunque è freneticamente al lavoro – gli alleati si sentono o si vedono di continuo – e il mantra resta quello “dell’unità”. Blinken lunedì prenderà parte (virtualmente) al consiglio affari esteri Ue per relazionare i partner europei e fonti Ue assicurano che “non ci sono divisioni, pur con sensibilità diverse tra i Paesi membri rispetto ai rapporti con la Russia, sui principi di base rispetto alle richieste avanzate da Mosca”, classificate come “la principale minaccia all’architettura della sicurezza europea dalla fine della guerra fredda”. Detto questo, un set di sanzioni pronte a scattare non c’è ancora, benché le fonti assicurano che, se necessario, i 27 saranno capaci di agire “in fretta”. Ancora.

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 Gli europei non stanno discutendo “nello specifico” le proposte di Mosca, né tra di loro né con gli Usa. Eppure tutti concordando che “a un certo punto” la Russia dovrà includere l’Ue nei negoziati, benché sinora si sia guardata bene dal farlo. Ma tutto si può dire, tranne che i russi non siano stati chiari su quello che vogliono. E qui sta l’impasse. Il rischio dunque è che, sotto la pressione silente del Cremlino, il fronte si spacchi.

 Il presidente francese Emmanuel Macron, a Strasburgo, ha parlato della necessità di creare “una strategia europea” sulla sicurezza, da sottoporre poi a Mosca “nelle prossime settimane”. Ma ci sarà il tempo? O la voglia, per non dire la capacità, di arrivare a una posizione unitaria, soprattutto rimosso l’ombrello Nato? Usa ed Ue ribadiscono di continuo la “risposta forte” nel caso in cui il Cremlino alla fine optasse per l’aggressione militare, ma a questo punto il vero dubbio è cosa possa accadere se questo stato di tensione resterà costante nel tempo. Che potrebbe pure essere uno degli obiettivi di Putin: la crisi di nervi occidentale, e un fatidico passo falso.

Gli Stati baltici hanno annunciato l’invio di missili anticarro e antiaerei in Ucraina, dopo che gli Stati Uniti avevano approvato la loro richiesta di trasferire armi americane, nell’ambito della minaccia di un’offensiva militare russa.

La situazione in Ucraina è molto delicata. Da una parte gli Stati Uniti hanno approvato le richieste dei paesi baltici di spedire armi di fabbricazione americanain Ucraina. Mentre Mosca ha annunciato ampie esercitazioni navali in diverse parti del mondo questo mese, compreso il Mar Nero. Estonia, Lettonia e Lituania “forniranno ulteriore assistenza” all’Ucraina “per rafforzare la capacità di Kiev di difendersi. L’Estonia fornirà missili anticarro Javelin, Lettonia e Lituania forniranno sistemi missilistici antiaerei Stinger”. Lo ha annunciato il ministero della Difesa dell’Estonia, secondo quanto riporta l’agenzia russa Tass.

Soltanto ieri Blinken da Berlino è tornato a denunciare “l’accumulo di truppe” russe presso il confine ucraino “ora anche in Bielorussia”, alleata da sempre di Mosca. 

A far sentire la propria voce è Kiev stessa: “Questi eventi confermano che la sicurezza globale in Europa è impossibile se la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina non vengono ripristinate”, ha detto Volodymyr Zelensky, presidente ucraino.

Secondo The Times che cita fonti della difesa britannica, la Gran Bretagna sta valutando l’invio di altre centinaia di truppe nei paesi Nato vicini dell’Ucraina come ‘deterrente’ nei confronti della Russia. 

Liz Truss, la ministra degli Esteri britannica, ha lanciato un avvertimento personale a Putin di “fareun passo indietro dall’Ucraina prima che commetta un enorme errore strategico”. 

In un discorso al think tank per gli affari esteri del Lowy Institute a Sydney, in Australia, la ministra degli Esteri ha affermato che “il Cremlino non ha imparatole lezioni della storia. Vogliono ricreare una sorta di Unione Sovietica o Grande Russia”.

Kiev: “C’è Mosca dietro i falsi allarme bomba”

L’Ucraina ha accusato la Russia di essere dietro la campagna di falsi allarme bomba che hanno preso di mira “infrastrutture cruciali” negli ultimi giorni, sostenendo che si tratta di un modo per creare panico nel Paese. Dall’inizio dell’anno sono state registrate più di 300 telefonate anonime e messaggi Internet, in forte aumento rispetto agli oltre 1.100 complessivi dello scorso anno. Nel mirino scuole, aeroporti e un edificio a Kiev che ospita l’amministrazione presidenziale. Per i servizi di sicurezza “l’obiettivo del Paese aggressore è ovvio, aumentare la pressione sull’Ucraina, seminare allarme e panico nella società”.

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Biden: intesa con il Giappone su risposta all’aggressione Russa in Ucraina

Il presidente americano Joe Biden ha incontrato virtualmente oggi il primo ministro del Giappone, Kishida Fumio, per evidenziare la forza delle relazioni USA-Giappone e per promuovere una visione condivisa sulla regione dell’indo-pacifico. I due leader si sono impegnati a lavorare a stretto contatto per scoraggiare qualsiasi aggressione russa contro l’Ucraina e il primo ministro Kishida si è impegnato a continuare lo stretto coordinamento con gli Stati Uniti, altri alleati e partner e la comunità internazionale in caso di risposta a qualsiasi attacco. 

A farsi vivo è anche il Sultano di Ankara. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il cui Paese è membro della Nato, ha rinnovato l’offerta di mediare tra Russia e Ucraina. Il leader turco ha detto che ha intenzione di visitare Kiev il mese prossimo e che avrà colloqui anche con il presidente russo Vladimir Putin.

Lunedì la crisi sul tavolo dei ministri Ue

La crisi in Ucraina, epicentro delle tensioni tra Ue e Russia dal 2014, arriva sul tavolo dei ministri degli Esteri dei Paesi membri, che lunedì prossimo a Bruxelles si riuniranno per dare una risposta unitaria alle richieste del Cremlino, che ha ammassato truppe vicino al confine con l’ex repubblica socialista sovietica, chiedendo la garanzia scritta che Kiev non entri nella Nato. La crisi viene affrontata nei colloqui tra Russia e Usa, finora senza coinvolgere direttamente l’Unione Europea, malgrado i Paesi europei siano vicini alla Russia e abbiano molto da perdere nel caso in cui la situazione dovesse aggravarsi.

Nato: non verranno ritirate le truppe da Romania e Bulgaria

Nel frattempo, la Nato ha respinto la richiesta russa di ritirare le truppe straniere dell’Alleanza presenti in Bulgaria e Romania. “Le richieste della Russia creerebbero membri della Nato di prima e seconda classe, cosa che non possiamo accettare”, ha affermato la portavoce Oana Lungescu.

“Indossare le mimetiche”

Intanto,Il ministero della Cultura ucraino sta inviando alle aziende di Kiev una brossura, dal titolo “Come agire in caso di una situazione d’emergenza o di guerra”. Le copie in formato elettronico stanno girando in rete. In prima pagina si rassicurano che le Forze Armate del paese sono in grado di opporre una degna resistenza all’aggressore. Seguono i consigli pratici per chi dovesse trovarsi in una zona di guerra o in una situazione d’emergenza con il coinvolgimento di uomini armati.

Ecco alcuni esempi: 1) mai comunicare i propri intenti e piani per il futuro a persone poco conosciute o inaffidabili; 2) tenere documenti e soldi in posti diversi – avrete più possibilità di conservarli; 3) avere addosso annotazioni sul proprio gruppo sanguigno; 4) non immischiarsi nei diverbi tra persone sconosciute per evitare provocazioni; 5) quando compaiono persone armate, mezzi militari, scoppiano rivolte, se possibile, lasciare immediatamente l’area pericolosa; 6) evitare convogli di mezzi militari e non sostare in prossimità di veicoli militari; 7) informare le forze dell’ordine, le autorità locali, i militari di persone che commettono azioni illegali e provocatorie; 8) discutere con persone armate, scattare foto e prendere appunti in loro presenza; 9) mostrare armi o oggetti simili alle armi; 10) raccogliere armi e munizioni abbandonate; e 11) indossare uniforme militare o abbigliamento mimetico: è meglio indossare abiti di colore scuro che non attirino l’attenzione ed evitare di avere sull’abbigliamento segni distintivi e simboli, perché possono causare una reazione imprevedibile.

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Putin, una riflessione da ricordare

“Vladimir Putin ha fatto dell’orgoglio nazionale russo la cifra della sua politica presidenziale. E non è dunque un caso che di fronte alle accuse mosse a Mosca dalla premier britannica May e alle ritorsioni diplomatiche messe in atto da Londra, il leader del Cremlino abbia usato una frase ad effetto, buona sia per la comunità internazionale sia, soprattutto, per l’opinione pubblica interna, peraltro alla vigilia del voto: ‘Non si tratta così una potenza’. Vlast (potenza in russo), è una parola che riecheggia spessissimo sulle pagine dei giornali e sui media russi, e non solo quelli, la stragrande maggioranza, controllati dal potere. La cultura russa, la sua letteratura, prim’ancora che la sua politica, è segnata da questa percezione di grandezza. Putin l’ha rigenerata e attualizzata. L’Occidente, e in esso l’Europa, farebbe bene a non dimenticarlo”. A sostenerlo, in una intervista concessa a chi scrive, era stato il professor Vittorio Strada, tra i più autorevoli conoscitori del “pianeta Russia”.

“Nel corso della carriera politica e istituzionale– rimarcò Strada – non vi è stato un solo Putin ma ‘tanti Putin’, nel senso che nei vari passaggi della sua scalata al potere, Putin ha saputo calarsi nel ruolo che in quel dato momento ricopriva. Più che una classe dirigente, ha saputo costruire una ‘mentalità’, che di volta in volta veniva attuata da persone fungibili. In questo senso si può affermare che esiste Putin e non i ‘putiniani’. Quanto al Putin di domani, sarà sicuramente un leader che non chiuderà all’Occidente ma che esigerà un rapporto alla pari e il riconoscimento della Russia come potenza globale”. La questione è se la Russia deve essere considerata parte o soluzione di un problema enorme: quello di un nuovo governo mondiale. Per quel che può contare, il mio consiglio, soprattutto ai leader europei, è quello di considerare Mosca come partner per la stabilizzazione delle aree di crisi e su questioni cruciali come quella energetica. Ed è per questo che ho sempre ritenuto un’arma spuntata, oltre che una strategia sbagliata, quella delle sanzioni”.

L’intervista risale al 2018, pochi mesi prima della scomparsa del professor Strada.  Ma sembra oggi. 

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