Boric presidente del Cile, ben scavato, vecchia talpa. “La historia es nuestra y las hacen los pueblos”
Top

Boric presidente del Cile, ben scavato, vecchia talpa. “La historia es nuestra y las hacen los pueblos”

Undici punti, 20 anni di differenza e posizioni politiche diametralmente opposte, separano Gabriel Boric da José Antonio Kast: il nuovo presidente leader della sinistra, a soli 36 anni sarà il più giovane presidente della storia della Repubblica del Cile

Boric presidente del Cile, ben scavato, vecchia talpa. “La historia es nuestra y las hacen los pueblos”
Gabriel Boric eletto presidente del Cile
Preroll

globalist Modifica articolo

20 Dicembre 2021 - 12.17


ATF

Ora lo si può dire davvero: “Ben scavato, vecchia talpa”. Una talpa cilena. Vi sono occasioni in cui nello scrivere sei travolto dalle emozioni, trascinato dai ricordi. Il cuore, oltre che la mente, va agli anni della gioventù, quando, giovane comunista de Il Manifesto,  assieme a tante e tanti della mia età, riempivamo le piazze di tutta Italia scandendo, tra rabbia e speranza, El pueblo unido jamas serà vencido. Ci sentivamo, tutti, Salvator Allende, Victor Jara, i compagni del Mir. E ognuno di noi avrebbe voluto avere tra le mani il generale golpista, al soldo degli americani, per compiere un atto di giustizia. Giustizia, non vendetta. Il Cile, anche dopo la morte tardiva di Augusto Pinochet, è sempre rimasta una ferita aperta che il tempo non aveva lenito. Fino a ieri. 

La storia siamo noi.

Fino alla proclamazione del vincitore del ballottaggio nelle elezioni presidenziali. I risultati li conoscete già. Ma ricordarli ancora una volta dà piacere, emoziona. 

Undici punti, 20 anni di differenza e posizioni politiche diametralmente opposte, separano Gabriel Boric da José Antonio Kast: il nuovo presidente leader della sinistra, a soli 36 anni sarà il più giovane presidente della storia della Repubblica del Cile. La sua è una vittoria con un margine ampio sull’ultraconservatore. Già quando lo scrutinio aveva raggiunto il 92,12%, Boric era già in vantaggio con oltre il 55% contro il 44% dell’avversario. Un voto confermato con l’avanzare dello spoglio, 55,7% dei voti contro il 44,2% di Kast, condizionato da un’affluenza record superiore al 50% degli aventi diritto. Il sindaco comunista del distretto di Recoleta a Santiago del Cile, e rivale di Boric nelle primarie vinte da quest’ultimo, ha dichiarato: con “questa vittoria consideriamo chiuso il capitolo della dittatura di Augusto Pinochet”. Deputato ed ex leader della sinistra studentesca, Boric ha assicurato che sarà il presidente “di tutti i cileni”: lo ha detto durante la “tradizionale telefonata” televisiva con il presidente uscente, il conservatore Sebastián Piñera. “Sarò il presidente del Cile di tutti i cileni e non governerò solo tra quattro mura”. Boric promette la rottura con le politiche del passato e ha già incassato le congratulazioni dello sfidante. Erede politico delle rivolte dell’ottobre 2019, propone di rafforzare il ruolo dello Stato nell’economia, un aumento delle tasse per finanziare la spesa sociale e la fine del sistema pensionistico privato ereditato dalla dittatura. 

Scrive sul Corriere della Sera Sara Gandolfi, che il Cile conosce come pochi: “Nel suo discorso della vittoria’, iniziato nella lingua indigena dei Mapuche, ha riconosciuto che «i tempi a venire non saranno facili: dovremo affrontare le conseguenze sociali, economiche e sanitarie della pandemia, andremo avanti a passi brevi ma decisi» ma ha assicurato anche che guiderà «un governo aperto, perché un governo non avanza da solo. Con noi, la gente entra a La Moneda». Quindi ha ribadito la promessa di combattere il cambiamento climatico bloccando una controversa miniera di rame. E ha chiuso con un riferimento esplicito al discorso della vittoria fatto da Salvador Allende, nella notte del 4 settembre 1970: «Vayan a sus casas con la alegría sana de la limpia victoria alcanzada» (Tornate a casa con la sana gioia della netta vittoria ottenuta).

E ancora: “I 15 milioni di cileni chiamati alle urne alla fine hanno scelto l’ex leader studentesco che dal 2014 guida una coalizione di sinistra che riunisce il Frente Amplio e il Partito comunista. Si è presentato come l’uomo del cambiamento e l’erede politico del movimento del 2019 che, prima dello scoppio della pandemia, spinse decine di migliaia di giovani a protestare contro le politiche ultraliberiste di Piñera. Le imponenti manifestazioni dell’autunno di quell’anno sfociarono in violenti scontri con le forze dell’ordine e con la morte di una trentina di persone. 

Per la prima volta in tre decenni, le forze che hanno governato il Paese — ovvero Chile Vamos e l’ex Concertación — non sono arrivate con un candidato al ballottaggio presidenziale. Boric ha ottenuto al duello finale l’appoggio degli ex presidente Ricardo Lagos e Michelle Bachelet. La sua sinistra sarà però molto diversa da quella che ha governato in alternanza con la destra il Cile dalla fine della dittatura del generale Pinochet, nel 1990. E di certo il suo governo prenderà le distanze dalle politiche economiche dell’ultimo esecutivo di centro-destra, che ha trasformato il Cile in una sorta di «laboratorio dell’ultraliberismo».

Così Gandolfi.

Kast era arrivato in testa al primo turno delle presidenziali, ma le sue posizioni estremiste — in più occasioni ha elogiato Pinochet — hanno spaventato il centro e la destra moderata. Dal canto suo Boric ha sminuito le accuse di voler seguire le orme del «chavismo» venezuelano ed è invece riuscito a riunire attorno a sé non soltanto i giovani e i ceti meno agiati ma anche la classe media e gli intellettuali, proponendo un nuovo modello di Stato sociale, con un forte sviluppo del welfare state, tasse per i «super ricchi» e lotta all’ineguaglianza”.

La giornata elettorale era stata caratterizzata dalle polemiche sulla scarsità dei mezzi pubblici nei quartieri popolari (i seggi in Cile sono a volte molto lontani dalla residenza degli elettori, assolutamente non raggiungibili a piedi, ndr). Ma i timori dei sostenitori di Boric sui voti persi a causa dei pochi autobus sono stati fugati dai primi risultati. Molto presto, in una vera e propria ansia di galateo istituzionale, Kast ha riconosciuto la sconfitta, ha chiamato Boric ed è andato a trovarlo all’ Hotel Fundador. Il presidente Sebastian Piñera, che comunque resta in carica fino all’11 marzo, si è congratulato col vincitore. Ma pochi minuti dopo Boric è salito sul palco che era stato ottimisticamente montato sull’Alameda. Ha toccato tutti temi a lui cari, i bambini, le donne, l’orario di lavoro, le pensioni, la salute e la educazione pubbliche, l’ambiente, l’acqua, i diritti umani e ovviamente la difesa del lavoro della Assemblea Costituente. Ma ha parlato da “presidente di tutti”, che considera come opportunità più che come limite l’equilibrio di forze nel nuovo Parlamento, e che farà un governo aperto. Poi è partito il concerto. La vittoria è stata festeggiata anche in molte altre piazze.

Prenderà così vita il Governo più a sinistra dai tempi di Salvador Allende. Il Cile era a un bivio dopo aver premiato al primo turno i due estremismi: se si fosse imposta l’ultradestra di Kast, infatti, l’ombra di Augusto Pinochet si sarebbe materializzata sul Palazzo della Moneda.

Il sindaco comunista del distretto di Recoleta a Santiago del Cile, e rivale di Boric nelle primarie vinte da quest’ultimo, ha dichiarato che con “questa vittoria consideriamo chiuso il capitolo della dittatura” di Augusto Pinochet. Dai risultati del ballottaggio emerge che Boric ha prevalso facilmente nella regione metropolitana, un’area che già al primo turno aveva premiato Apruebo Dignidad, nella regione di Valparaíso e, a sorpresa anche ad Antofagasta, regione dove il 21 novembre al primo turno aveva prevalso il candidato dell’antipolitica Franco Parisi. 

L’agenda sociale verrà riscritta 

Annota su Il Sole 24Ore Roberto Darin: “Il programma di Boric è stato espresso con chiarezza riguardo ai temi sociali: ridurre le disuguaglianze in un Paese con alto indice di contrazione della ricchezza a favore delle oligarchie. Riformulare il sistema delle pensioni, conferendo maggiori tutele delle classi sociali più svantaggiate, e riequilibrare i benefici di quel «milagro chileno», miracolo cileno, di cui pontificano gli osservatori internazionali, ma che non si traduce in una migliore distribuzione di ricchezza. «Stabilità sì – sostiene Boric – ma con meno povertà e discriminazioni».I tre pilastri della riforma delle pensioni saranno questi: solidale, individuale e contributivo (da parte delle imprese).

Riforma delle pensioni 

Il vecchio sistema dei Fondi pensione, va ricordato, è stato foriero di disastri nella finanza pubblica, ripianati poi dal governo di Michelle Bachelet, ex presidente del Cile. Il diritto all’acqua è un altro punto del programma di Boric che vorrà stemperare i meccanismi meno virtuosi dell’ultraliberismo di Sebastian Piñera. La governabilità di Boric sarà comunque complessa, la sua giovane età potrebbe essere interpretata come inesperienza. Sarà necessario guardare al centro e cercare voti tra i moderati. Le sue prime mosse pare siano queste: rassicurare i mercati, nominare un ministro dell’Economia che non spaventi gli operatori internazionali, concedere diritti sociali senza compromettere la stabilità macrofinanziaria del Paese. Un ostacolo obiettivo sarà la mancanza della maggioranza alla Camera dove si prefigurano scontri con la destra di Kast. Il presidente eletto Boric aveva solo quattro anni quando Pinochet, nel 1990, interruppe la sua lunga dittatura”, conclude Darin.

Con Elena Basso si torna all’emozione di un momento atteso da una vita. “Mentre i cittadini festeggiano – scrive su Repubblica – camminando sicuri nelle stesse strade dove per due anni le forze dell’ordine hanno represso con brutalità le proteste – sono oltre 8mila i cittadini che fino ad oggi hanno denunciato di essere stati abusati dagli agenti – si alza un coro: ‘No estamos todos, faltan los presos – Non siamo tutti, mancano i prigionieri”, facendo riferimento alle centinaia di manifestanti che sono stati incarcerati e dal 2019 si trovano in prigione preventiva in attesa di giudizio.

Ma non sono gli unici a mancare. Non ci sono Mario Acuña – 44enne a cui è stata diagnosticata la morte cerebrale dopo un pestaggio di gruppo da parte dei Carabineros -, Patricio Pardo Muñoz – 26enne accecato durante le proteste, si è suicidato dieci giorni fa -, Mario Acuña, il primo manifestante ucciso, aveva 29 anni -, Julía – che ha denunciato di essere stata violentata in una caserma e, da allora, non esce più di casa. Il Cile oggi sta vivendo un cambiamento storico, ma tutto questo non sarebbe certamente stato possibile senza chi, sacrificando tutto, ha dato inizio alla rivolta sociale che ha cambiato il Paese”.

Augusto Pinochet Ugarte è passato alla storia come uno dei più disumani dittatori del Novecento, tristemente celebre per la barbara eliminazione dei suoi oppositori. Salì al potere nel 1973 dopo il sanguinoso colpo di Stato che costò la vita all’allora presidente del Cile e che travolse il legittimo governo. Appena preso il potere cancellò tutti i provvedimenti del precedente governo, dichiarò fuori legge i partiti politici, chiuse il parlamento e distrusse i registri elettorali. Istituì quindi un organo di  polizia repressiva che, durante la sua feroce dittatura, dal 1973 al 1990, sequestrò, torturò e fece sparire migliaia di persone, la maggior parte degli oppositori politici di sinistra , accademici, professionisti, religiosi, studenti e operai.   
Amnesty International e altre organizzazioni chiesero il suo arresto per violazione dei diritti umani , e fu emesso un mandato di cattura internazionale, ma il generale Pinochet morì a Santiago nel 2006 a 91 anni senza che i crimini compiuti nei dolorosi anni della sua dittatura trovarono giustizia. Tipico del fenomeno dei desaparecidos fu la segretezza con cui operarono le forze governative; gli arresti ed i sequestri avvenivano spesso di notte ed in genere senza testimoni, così come segreto rimaneva tutto ciò che seguiva all’arresto: le autorità non fornivano ai familiari la notizia degli avvenuti arresti (anzi spesso alle madri, alle mogli, alle nonne che si affannavano a cercare a  il marito, il figlio, il nipote rispondevano, deridendole, che forse potevano essere scappati con un ‘altra donna) e gli stessi capi di imputazione erano solitamente molto vaghi; della maggioranza dei desaparecidos non si seppe effettivamente mai nulla e solo dopo la caduta del regime militare ed il ripristino della democrazia, fu possibile conoscere che molti di loro furono detenuti, torturati, uccisi e il loro corpo occultato. Ritrovare i corpi nascosti è stato molto difficile perché i militari e i diversi organismi di sicurezza e repressione che operarono in Cile non hanno voluto fornire le informazioni e hanno nascosto ciò che è avvenuto in tutti questi anni.                                                    

Gli stadi lager

Da un rapporto del 2013 di Amnesty International: 

Durante il regime di Pinochet, furono in funzione in tutto il Cile centinaia di centri di detenzione dove le persone arrestate venivano torturate. Molte delle quali non sono più state riviste.

Questo è l’elenco dei centri di detenzione più noti: Stadio nazionale, Santiago: circa 40.000 detenuti tra settembre e novembre 1973.  Villa Grimaldi, Santiago: circa 4500 detenuti tra il 1974 e il 1977.  Tres Alamos, Santiago: circa 400 detenuti tra il 1974 e il 1975. Chacabuco, Cile settentrionale: circa 1800 detenuti tra il 1973 e il 1975. Pisagua, regione di Tarapaca: circa 800 detenuti tra il 1973 e il 1974.
Isola di Quiriquina, baia di Concepción: circa 1000 detenuti tra il 1973 e il 1975 . Isola di Dawson: circa 400 detenuti tra il 1973 e il 1974.  Nave Esmeralda, Valparaiso: circa 100 detenuti
Londra 38 Santiago: circa 2000 detenuti.

“La historia es nuestra y las hacen los pueblos” disse Allende nel suo ultimo discorso. La vittoria di Boric lo testimonia.

Native

Articoli correlati