Migrante curda incinta muore di stenti al confine della Polonia: soccorsa troppo tardi
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Migrante curda incinta muore di stenti al confine della Polonia: soccorsa troppo tardi

Si chiamava Avin Irfan Zahr aveva 38 anni: a raccontare la sua storia è Fundacja Dalog, un'organizzazione umanitaria cattolica che da settembre lavora per fornire assistenza ai migranti bloccati al confine tra Polonia e Bielorussia.

Migrante curda incinta muore di stenti al confine della Polonia: soccorsa troppo tardi
Migranti ai confini della Polonia
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5 Dicembre 2021 - 15.14


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Nessun aiuto ai migranti, ingresso vietato a giornalisti e media indipendenti ma in compenso via libera per la caccia al cinghiale in quei boschi nonostante ci possano essere in giro anche disperati.

Ora un’altra storia tristissima mostra quando sia ingiusto e orribile quello che accade al confine della ‘civile’  Unione Europea.

Da giorni il bambino che portava in grembo non si muoveva più: troppo faticoso per una donna incinta al sesto mese trascorrere settimane nei boschi, senza cibo e acqua sufficienti e il freddo pungente di questa stagione. 

Quando i medici dell’ospedale di Hajnowka, nel nord-est della Polonia, l’hanno soccorsa, l’11 novembre scorso, Avin Irfan Zahr gridava di dolore e la sua temperatura era di 27 gradi. I sanitari le hanno fatto un cesareo d’urgenza e hanno tentato di salvarla dalla setticemia, ma venerdì 3 dicembre si è spenta anche lei.

A raccontare la sua storia è Fundacja Dalog, un’organizzazione umanitaria cattolica che da settembre lavora per fornire assistenza ai migranti bloccati al confine tra Polonia e Bielorussia. Oltre 300 le persone assistite finora.

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Come riporta la Fondazione stessa sui suoi canali social, Avin Irfan Zahr aveva 38 anni ed era arrivata ai primi di novembre col marito Murad e i cinque figli in Bielorussia dal Kurdistan iracheno, come centinaia di altri profughi che dall’estate scorsa hanno raggiunto Minsk per tentare poi di ottenere l’asilo in un vicino paese dell’Unione europea. Per giorni la famiglia ha vissuto nei boschi al confine bielorusso, poi i sette erano riusciti a entrare nel lato polacco. Qui, dopo quattro giorni e notti trascorse tra gelo e stenti, la donna ha iniziato a stare molto male. Quando finalmente i volontari di Fundacja l’hanno raggiunta, l’hanno subito portata nel più vicino ospedale e qui i sanitari hanno potuto constatare che il feto era morto da almeno 20 giorni. 

Mentre Avin Irfan Zahr lottava tra la vita e la morte, il suo bambino veniva sepolto in un cimitero musulmano polacco, a Buhoniky. Il marito Murad e i figli sono stati portati nel più vicino campo per migranti e solo dopo qualche giorno hanno potuto fare visita alla piccola tomba, sperando che almeno Avin si salvasse. Ma è andata diversamente.

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A fine novembre, sui social Fundacja scriveva: “Murad è un eroe, ha una forza incredibile. Sa perfettamente prendersi cura dei figli più piccoli confortando quelli più grandi, che si rendono conto del pericolo in cui si trova la mamma e temono per la sua sopravvivenza”.

Diverse persone hanno già perso la vita nella crisi umanitaria al confine tra Bielorussia e Polonia. Varsavia ha vietato l’accesso all’area a giornalisti, ong e personale delle Agenzie delle Nazioni Unite e pertanto su questo lato del confine non esistono stime certe del fenomeno. Solo i volontari riportano notizie dei decessi, in quanto ne vengono a conoscenza direttamente o perché informati dai migranti.

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