Droga, armi, petrolio, narcos alleanze: l'Hezbollah holding "acquista" uno Stato fallito
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Droga, armi, petrolio, narcos alleanze: l'Hezbollah holding "acquista" uno Stato fallito

Droga, traffico d’armi, legami con i cartelli sudamericanI. Un rapporto consolidato con i Talebani per una cogestione della produzione dell’oppio e delle nuove rotte della cocaina.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Ottobre 2021 - 16.36


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Droga, traffico d’armi e di auto, legami con i cartelli sudamericanI. Un rapporto sempre più consolidato con i Talebani per una cogestione della produzione dell’oppio e delle nuove rotte della cocaina. Produzione in proprio di metanfetamina. Collocamento del petrolio iraniano.  E’ l’Hezbollah holding.

Hezbollah holding

Una fitta rete di traffici che dal Medio Oriente si estende all’area sudamericana del narcotraffico, per raggiungere l’Europa e, in esa, l’Italia. Al tema è dedicato un capitolo del saggio Terrorismo, Criminalità e Contrabbando, curato dalla Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis), che si occupa di analizzare i temi della difesa e dello spionaggio, e pubblicato nel 2019 da Rubbettino.

Traffici e finanziamenti
Scrive Chiara Gentili su sicurezzainternazionale.luiss.it: “Sin dalla sua nascita negli anni Ottanta, spiega il saggio, Hezbollah ha ricevuto un forte sostegno da parte degli iraniani, sia economico che militare. Ma a ciò si deve aggiungere il fatto che il movimento si è finanziato anche attraverso traffici illegali in giro per il mondo: in America Latina, ad esempio, da numerose inchieste è emerso che il gruppo ha sempre avuto forti legami con diverse organizzazioni di narcotrafficanti, e in particolare con le Farc colombiane e con i cartelli messicani Los Zetas e Sinaloa. Con questi ultimi, in particolare, Hezbollah ha scambiato armi e ha insegnato loro a scavare tunnel al confine con gli USA simili a quelli scavati negli ultimi anni tra Libano e Israele. In cambio, gli Hezbollah si sono riforniti di droghe sintetiche da vendere soprattutto in Medio Oriente per finanziare le proprie operazioni.
A facilitare le attività del movimento a fianco dei cartelli sudamericani vi è il fatto che nella zona nota come “Three Borders Area”, situata tra Argentina, Brasile e Paraguay, negli ultimi decenni sono arrivati migliaia di immigrati libanesi, e in tutto il continente vi sono circa un milione di musulmani. Ciò presumibilmente ha fornito loro anche una base d’appoggio per l’attentato al centro ebraico AMIA a Buenos Aires del 18 luglio 1994.
A provare i legami tra le milizie sciite e i narcos sono state varie indagini internazionali: nel 2010 la DEA, l’agenzia federale americana di contrasto al narcotraffico, ha scoperto una rete attiva nel riciclaggio di denaro e nel traffico di droga tra gli Usa e il Libano; il capo di questa, l’uomo d’affari libanese Ayman Saied Joumaa, avrebbe finanziato gli Hezbollah con i proventi del traffico di stupefacenti. Mentre in Brasile, nel 2014, la polizia federale ha scoperto che nelle carceri brasiliane vi erano dei contatti tra membri di Hezbollah e del PCC (Primeiro Comando da Capital), un’organizzazione criminale molto influente nelle carceri del Paese.

Ma Hezbollah non si limita a comprare armi con i proventi del traffico di droga. Da tempo, il gruppo è divenuto anche produttore di metamfetamine, in spregio della legge islamica che considera le droghe proibite perché impure e contrarie alla religione. Per questa ragione, con l’occasione della guerra civile oltreconfine, la produzione di droghe sintetiche è stata appositamente trasferita dal Libano alla Siria. Da anni, infatti, nel mercato mediorientale, ad andare per la maggiore sono le droghe sintetiche, la cui domanda è cresciuta esponenzialmente soprattutto in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, dove il consumo di metamfetamine sostituisce le restrizioni in materia di alcol e droghe naturali.

Ma le droghe sintetiche non sono l’unica fonte di finanziamento dell’organizzazione: negli anni è emerso che Hezbollah è molto attiva anche nel commercio illegale di diamanti provenienti dall’Africa Occidentale, e in particolare dalla Sierra Leone. Un’attività, questa, che come riportava il quotidiano Haaretz il 30 giugno 2004, in quegli anni valeva tra i 70 e i 100 milioni di dollari.
Un altro business redditizio in cui sono coinvolti è quello del contrabbando di sigarette: secondo uno studio del 2008, le autorità americane avevano scoperto negli anni ’90 che una cellula di Hezbollah attiva nella Carolina del Nord aveva contrabbandato sigarette in Michigan, e sfruttando la diversa tassazione sul prodotto tra i due Stati. Ciò fu reso possibile grazie all’appoggio di una consistente comunità libanese presente in Michigan. I membri della cellula vennero arrestati nel luglio 2000 attraverso l’Operazione Smokescreen, ma si calcola che il ricavato del loro contrabbando fosse tra 1,5 e 2,5 milioni di dollari, che furono investiti in attrezzature militari quali sistemi GPS, apparecchi per la visione notturna, attrezzature informatiche, software e macchine fotografiche; oltre, naturalmente, a finanziare il partito. Il loro capo, Mohamad Youssef Hammoud, che nel gennaio 2011 fu condannato a 30 anni di carcere, si è sempre definito un membro di Hezbollah, di cui fa parte dall’età di 15 anni (ne aveva 37 quando fu condannato), rimarca ancora Gentili.

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“Il Libano affronta un pericoloso esaurimento delle risorse, compreso il capitale umano, e la manodopera altamente qualificata è sempre più propensa a cogliere opportunità all’estero, creando una perdita sociale ed economica permanente per il Paese”, ha detto Saroj Kumar Jha, direttore regionale del Mashreq della Banca Mondiale. “Solo un governo riformista, che intraprenda un percorso credibile di ripresa economica e finanziaria, e che lavori a stretto contatto con tutte le parti interessate, può invertire la rotta di un’ulteriore caduta e prevenire una maggiore frammentazione nazionale”.       

Ma anche la peggiore impasse può diventare un’occasione per ampliare il proprio potere, la propria influenza, anche se al prezzo di un innalzamento della tensione geopolitica. Come è accaduto il lo scorso 19 agosto, quando il leader di Hezbollah (partito che controlla la politica di difesa nazionale), Hassan Nasrallah, per dare risposte alla rabbia dei libanesi, ha annunciato un accordo con l’Iran per l’invio in Libano di tre petroliere (l’accordo non poteva essere formalizzato dal governo transitorio perché avrebbe violato l’embargo imposto dagli Stati Uniti sull’acquisto di petrolio da Teheran), scatenando l’ira sia di Washington, sia dei partiti rivali, preoccupati dall’esito dell’interferenza. Samir Geagea, leader delle forze cristiane libanesi, se l’è presa con il presidente Aoun: «Stai permettendo a Hezbollah di gestire la questione con metodi illegali a livello internazionale, e questo esporrà il Libano a una vera catastrofe». Dunque Hezbollah come uno “stato nello stato”, comprese le minacce a Stati Uniti e Israele di non interferire sulla spedizione: «Considerate quelle petroliere come territorio libanese». La prima delle navi, secondo quanto riporta la Reuters, 

dovrebbe attraccate in Siria e da lì il petrolio sarà portato via terra in Libano. Sostiene l’analista politico libanese, Bachar El Halabi: «I funzionari di Hezbollah vogliono dimostrare che posso provvedere alle necessità dei propri elettori, e non solo. Inoltre, se gli americani o gli israeliani avessero deciso di attaccare le petroliere, sarebbe stata un’altra vittoria per Hezbollah: avrebbero detto che è la prova che il mondo occidentale sta assediando il Libano».

Di recente è stato pubblicato un report molto dettagliato e documentato da parte del think tank inglese, Chatham House, dove si analizza in profondità la situazione del Libano ed il pericolo che il paese dei cedri correrebbe se Hezbollah conquistasse il potere. Hezbollah opera indisturbato con traffici illeciti godendo della collaborazione e della copertura di funzionari corrotti della politica e delle istituzioni. Le milizie al confine siriano gli sono fedeli e questo ha consentito di far passare droga e merci e, naturalmente, armi inviate da Teheran. Da alcune indiscrezioni trapelate sembra che spesso l’organizzazione logistica di Hezbollah ottenga documenti falsi rilasciati direttamente dal Ministero dell’Agricoltura per far entrare, attraverso il confine, carichi di droga spacciandoli per sementi e affini. Inoltre, le stesse fonti riferiscono che le milizie sciite abbiano libero accesso, con la compiacenza di direttori generali corrotti, ai fondi ministeriali stanziati anche in favore di  Ong affiliate, potendoli quindi utilizzare senza necessità di ulteriori iter autorizzativi da parte dei ministri. 

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Biden sanziona

L’amministrazione Usa ha imposto sanzioni, in collegamento con il Qatar, del presidente degli Stati Uniti,  a diversi presunti finanziatori di Hezbollah, con sede nella regione del Golfo, accusandoli di fornire e facilitare il sostegno materiale al gruppo libanese. Il Dipartimento del Tesoro USA ha annunciato la mossa mercoledì 29 settembre, specificando che sarebbe volta a contrastare quella che ha definito una “grande” rete finanziaria di Hezbollah con sede nella penisola arabica. L’amministrazione ha preso di mira, nello specifico, 7 persone, cittadini di Qatar, Bahrain e Arabia Saudita, tra cui Ali al-Banai, Ali Lari e Abd al-Muayyid, e una società immobiliare che avrebbe incanalato milioni di dollari a Hezbollah e alle istituzioni legate al gruppo. Si tratta di AlDar Properties, con sede in Qatar.

Le misure statunitensi congelano i beni negli Stati Uniti delle entità interessate e rendono un potenziale crimine per i cittadini americani fare affari con loro. Più tardi, sempre nella giornata di mercoledì, anche Doha ha confermato di aver imposto sanzioni in coordinamento con Washington. “Questa decisione arriva alla luce della cooperazione con gli Stati Uniti nel quadro dell’adempimento dei suoi obblighi da parte del Qatar e dei suoi incessanti sforzi nella lotta al terrorismo a livello locale, regionale e internazionale”, ha affermato l’agenzia di stampa ufficiale del Qatar, QNA, in una dichiarazione. A questa ha fatto eco il segretario di Stato americano, Antony Blinken, che ha accolto con favore le sanzioni, definendole un esempio della cooperazione dell’amministrazione Biden con gli alleati internazionali.

Andrea M Gacki, direttore dell’Office of Foreign Assets Control, del ministero del Tesoro degli Stati Uniti, ha accusato Hezbollah di abusare del sistema finanziario internazionale per finanziare “attività terroristiche”. “La natura transfrontaliera di questa rete finanziaria legata ad Hezbollah sottolinea l’importanza della nostra continua cooperazione con partner internazionali, come il governo del Qatar, per proteggere gli Stati Uniti e i sistemi finanziari internazionali dagli abusi terroristici”, ha affermato Gacki in una nota.

Washington ha intensificato di recente i suoi sforzi contro la rete di finanziamento di Hezbollah. Già l’ex presidente Usa, Donald Trump, aveva aumentato la pressione sul gruppo legato all’Iran come parte della sua campagna di massima pressione contro Teheran. L’anno scorso, il Tesoro degli Stati Uniti ha dichiarato di aver preso di mira, a partire dal 2017, circa 90 individui ed entità affiliati a Hezbollah. A inizio settembre, l’amministrazione Biden ha sanzionato presunti finanziatori dell’organizzazione in Kuwait e in Libano. Pochi mesi prima, a maggio,il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti aveva imposto sanzioni contro 7 individui presumibilmente legati ad Hezbollah e al suo braccio finanziario, accusati di aver trasferito, in modo illegittimo, 500 milioni di dollari a nome del gruppo. Si trattava della prima misura presa dall’amministrazione del presidente Biden contro il gruppo appoggiato dall’Iran. Il braccio finanziario dell’organizzazione sciita è rappresentato da al-Qard al-Hassan e il capo dell’Unità finanziaria centrale di Hezbollah è Ibrahim Ali Daher, che si pensa sovrintenda al bilancio del gruppo.

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Un attacco al cuore della Hezbollah holding. 

La crisi libanese vista da Israele. 

E analizzata da uno dei più autorevoli esperti di strategie militari: Amos Harel

Scrive Harel su Haaretz: “Un grave incidente è scoppiato a Beirut giovedì scorso, quando membri delle milizie cristiane hanno aperto il fuoco su una manifestazione di Hezbollah e Amal, che vogliono mettere fine alle indagini sul disastro dell’agosto 2020 nel porto della città, dove un’esplosione ha ucciso più di 200 persone.

Le conclusioni del giudice istruttore stanno gettando una forte luce sull’oscura attività nel porto di Hezbollah e di uomini d’affari vicini all’organizzazione; migliaia di tonnellate di esplosivo sono state immagazzinate con negligenza e senza controllo nel porto, causando apparentemente il disastro. La copertura dell’incidente da parte della televisione israeliana ha giocato sulla preoccupazione che le battaglie nelle strade di Beirut siano di buon auspicio per l’incombente scoppio di una nuova guerra civile nel paese. Tuttavia, secondo il dottor Shimon Shapira del Jerusalem Center for Public Affairs, la cui ricerca si concentra sul Libano e Hezbollah, una guerra civile rimane una possibilità relativamente remota. Shapira nota un’osservazione alquanto sorprendente del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, nel suo ultimo discorso, secondo cui ha 100.000 combattenti a sua disposizione. La cifra gonfiata citata da Nasrallah, dice Shapira, ha lo scopo di inviare un messaggio ai rivali di Hezbollah che l’organizzazione non è più uno stato all’interno di uno stato, ma è diventata uno stato a sé stante, brandendo una potenza militare di gran lunga superiore a quella dell’esercito libanese. Shapira, un generale di brigata nelle riserve che ha recentemente pubblicato un libro (in inglese) sul triangolo Hezbollah-Iran-Libano, sostiene che il comportamento dell’organizzazione durante l’ultima crisi dimostra che non ha alcun desiderio di provocare una guerra civile. ‘L’Iran e Hezbollah continuano a perseguire la stessa linea strategica, dice. ‘Stanno preservando le conquiste che hanno già registrato – il controllo dei porti e la crescente influenza nell’esercito, negli altri settori della sicurezza e nel parlamento – ma si preoccupano di operare attraverso le istituzioni legittime, non di rovesciarle. Il disastro del porto li ha mostrati per quello che sono. Non si aspettavano un sostegno pubblico così ampio per il lavoro del giudice istruttore. La dimostrazione di forza di Hezbollah ha lo scopo di metterlo da parte, ma senza smantellare completamente il sistema che tiene insieme lo stato’.

Shapira crede che Hezbollah stia affrontando la sfida nello stesso modo in cui ha lavorato per affossare l’indagine contro di lui per l’assassinio dell’ex primo ministro, Rafik Hariri, nel 2005. ‘Tutto ora dipende dalla forza di resistenza del campo rivale’, osserva Shapira. ‘Hezbollah è già riuscito a dividere il campo cristiano attraverso l’alleanza politica che ha forgiato con il presidente, Michel Aoun. Nasrallah si presenta anche come il leader dei cristiani di fronte all’Isis e ad altre forze’ .L’intera storia, afferma, è solo indirettamente legata a Israele, e non c’è motivo che intervenga. “È un evento interno libanese. La preoccupazione è su ciò che accadrà se l’anarchia si diffonde da Beirut al sud del paese. Al momento, Hezbollah sta facendo in modo di prevenire questo e di contenere l’evento all’interno di Beirut. Ma è tutto in aria – c’è sempre il pericolo che gli eventi nelle strade vadano completamente fuori controllo”.

E facciano “ribaltare” l’interio Medio Oriente.

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