Migranti respinti e affogati: per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti
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Migranti respinti e affogati: per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti

No, non è solo una ferrea logica “securista”. Né si può ridurre il tutto, vedi il “voto della vergogna”, nel pagare gli aguzzini perché facciano il lavoro sporco a posto nostro. 

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

31 Luglio 2021 - 19.30


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No, non è solo una ferrea logica “securista”. E neanche solo un’applicazione feroce dell’esternalizzazione delle frontiere. Né si può ridurre il tutto, vedi il “voto della vergogna”, nel pagare gli aguzzini perché facciano il lavoro sporco a posto nostro. 

Crimini contro l’umanità

Globalist ne ha scritto in centinaia di articoli, interviste, analisi. I lager libici, le stragi di migranti nel “mar mortum” che da tempo è il Mediterraneo, i porti sbarrati, le trattative segrete con capi del traffico di esseri umani riciclati nella cosiddetta Guardia costiera libica. Alla fine c’è da tirare le somme. E andare al cuore del marcio che alberga nel belpaese.

Riassumibile così: più ne salviamo, più arrivano. E allora, per non essere “invasi”, meglio farli annegare. E’ inutile girarci attorno, o indorare la pillola salva coscienza diluendola in un bicchiere di lacrime di coccodrillo. E non basta prendersela con i Salvini, le Meloni, i fasci di CasaPound. Perché, per dirla con il grande Fabrizio De Andrè nell’indimenticabile “Canzone del maggio”, “Per quanto voi vi crediate assolti / Siete per sempre coinvolti”.

Le denunce di Amnesty

Da tempo la Libia non è un luogo sicuro per rifugiati e migranti.

Attori statali e non statali li sottopongono a una serie di violazioni dei diritti umani e abusi, tra cui uccisioni illegali, torture e altri maltrattamenti, stupro e altre violenze sessuali, detenzione arbitraria a tempo indefinito in condizioni crudeli e inumane e lavoro forzato.

Nonostante i continui e ben documentati raccapriccianti abusi perpetrati nell’impunità per oltre un decennio, stati e istituzioni europee continuano a fornire supporto materiale e perseguire politiche migratorie che permettono ai guardacoste libici di intercettare uomini, donne e bambini che cercano di scappare alla ricerca di salvezza attraversando il mar Mediterraneo, e ne consentono il ritorno forzato in Libia, dove vengono trasferiti per essere sottoposti a detenzione illegittima e affrontano ulteriori cicli di violazioni dei diritti umani.

Nei primi mesi del 2021 i guardacoste libici hanno intercettato in mare e rimpatriato in Libia circa 15.000 persone, un numero maggiore rispetto all’intero 2020. Alle persone sbarcate nei porti libici è stato consentito solo un accesso sommario alle organizzazioni umanitarie in circostanze tese e caotiche che non consentono un’adeguata valutazione dei loro bisogni e delle loro difficoltà, per non parlare dell’individuazione di persone che richiedono protezione internazionale. Migliaia di persone sbarcate sono finite in centri di detenzione, un numero calcolato in 6.100 persone alla fine di giugno 2021.

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Cambiare questo sistema non è impossibile.

L’Unione europea e i suoi stati membri devono sospendere la cooperazione con la Libia in tema di controllo delle frontiere e delle migrazioni, fino alla creazione di meccanismi di due diligence, monitoraggio e accertamento delle responsabilità e fino a quando le autorità libiche non adotteranno misure concrete e comprovabili per proteggere i diritti di rifugiati e migranti, anche chiudendo i centri di detenzione e rilasciando tutte le persone detenute sulla base del proprio status di migranti.

Oltre 10.000 migranti, rifugiati e richiedenti asilo, tra cui 2.000 bambini, sono imprigionati nei centri di detenzione, senza sapere quando e se mai verranno rilasciati.

Le condizioni sono inumane: hanno scarso accesso al cibo, all’acqua, alle cure mediche e sono sottoposti a trattamenti brutali, tortura, violenze sessuali, e perfino venduti.

Immagini filmate, fotografie e documenti esaminati da Amnesty International mostrano una nave donata dall’Italia nell’aprile 2017, la Ras Jadir, protagonista di un’operazione sconsiderata che nel novembre 2017 ha causato l’annegamento di un numero imprecisato di persone.

Ignorando i più elementari protocolli, la Ras Jadir ha avvicinato un gommone in avaria a circa 30 miglia nautiche dalle coste libiche. Non ha lanciato in acqua gli scafi semi-rigidi di salvataggio per facilitare i soccorsi, costringendo i naufraghi ad arrampicarsi sugli alti bordi della nave, col risultato che molti sono finiti in acqua.

La Sea-Watch 3, una nave di una Ong che era nelle vicinanze, si è diretta verso la zona mettendo in azione gli scafi di salvataggio. Come mostrano le immagini, a quel punto il personale a bordo della Ras Jadir ha iniziato a lanciare oggetti costringendo gli scafi ad allontanarsi. Altre immagini mostrano persone già a bordo della Ras Jadir venir colpite con una corda ed altre gettarsi in mare per cercare di raggiungere gli scafi della Sea-Watch 3.

Anche se azioni sconsiderate e pericolose della Guardia costiera libica erano state documentate già in precedenza, questa pare essere stata la prima volta in cui in un’operazione del genere è stata utilizzata una nave fornita da un governo europeo.

Violazioni dei diritti umani in corso nei centri di detenzione della Libia

Nella prima metà del 2021 ad al-Mabani sono state portate oltre 7000 persone intercettate in mare. Ex detenuti hanno descritto ad Amnesty International le torture, le condizioni detentive inumane, le estorsioni e i lavori forzati cui erano sottoposti. Alcuni hanno anche riferito di essere stati costretti a subire perquisizioni corporali invasive, umilianti e violente.

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L’altro centro di detenzione precedentemente diretto da una milizia e ora integrato nel Dcim è quello di Shara’ al-Zawiya, a Tripoli, cui sono destinate persone in condizioni di vulnerabilitàEx detenuti hanno raccontato ad Amnesty International che le guardie stupravano le donne e che alcune di loro venivano obbligate ad avere rapporti sessuali in cambio di forniture essenziali come l’acqua potabile o della libertà.

“Grace” (nome di fantasia) è stata picchiata brutalmente per non aver accettato il ricatto: “Gli ho detto di no. Allora [la guardia] mi ha picchiato con una pistola, poi mi ha dato un calcio su un fianco con uno scarpone di cuoio da soldato”.

A seguito delle violenze subite, due giovani donne detenute a Shara’a al-Zawiya hanno tentato il suicidio.

Tre donne hanno testimoniato che due bambini, detenuti in cattive condizioni di salute con le loro madri dopo essere stati intercettati in mare, sono morti all’inizio del 2021 dopo che le guardie avevano rifiutato di trasferirli in ospedale.

Il rapporto di Amnesty International descrive violazioni dei diritti umani simili – tra cui pestaggi brutali, violenze sessuali, estorsioni, lavori forzati e condizioni detentive inumane – in sette centri di detenzione del Dcim.

Nel centro di Abu Issa, nella città di al-Zawiya, i detenuti hanno riferito di essere stati privati di sostanze nutrienti fino al punto di patire la fame. Ad al-Mabani e in altri due centri del Dcim, Amnesty International ha documentato l’uso illegale della forza e delle armi da fuoco da parte delle guardie e di altri uomini armati, che hanno ucciso e ferito detenuti.

Le missioni “di soccorso” libiche mettono in pericolo le vite umane

Tra gennaio e giugno del 2021 le missioni “di soccorso” dei guardacoste libici sostenuti dall’Europa hanno intercettato in mare e riportato in Libia circa 15.000 persone, più che in tutto il 2020.

Le persone intervistate da Amnesty International hanno regolarmente descritto la condotta dei guardacoste libici come negligente e violenta. Sopravvissuti hanno raccontato come i guardacoste libici avevano deliberatamente danneggiato le imbarcazioni su cui viaggiavano, in alcuni casi causandone il capovolgimento e – in almeno due occasioni – l’annegamento di migranti e rifugiati. Un testimone oculare ha dichiarato che dopo che i guardacoste libici avevano fatto capovolgere un gommone, anziché soccorrere le persone in mare hanno filmato la scena.

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Nei primi sei mesi del 2021 nel Mediterraneo centrale sono morti annegati oltre 700 migranti e rifugiati.

Persone intervistate da Amnesty International hanno spesso dichiarato che, durante la traversata, avevano visto degli aerei sopra di loro o delle navi nei paraggi che rifiutavano di offrire assistenza, mentre i guardacoste libici si avvicinavano.

Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere e delle coste, svolge sorveglianza aerea sul Mediterraneo per individuare imbarcazioni di migranti e rifugiati e dal maggio 2021 utilizza un drone su questo tratto di mare. Le navi europee hanno per lo più abbandonato le rotte del Mediterraneo centrale per evitare di dover soccorrere imbarcazioni di migranti e rifugiati a rischio di affondamento.

L’Italia e altri stati membri dell’Unione europea hanno continuato a garantire assistenza materiale, come ad esempio motovedette, ai guardacoste libici e stanno lavorando alla creazione di un centro di coordinamento marittimo nel porto di Tripoli, prevalentemente finanziato dal Fondo Fiduciario dell’Unione europea per l’Africa.

Cosa chiede la società civile

 Stop al rinnovo della missione in Libia e alla prosecuzione della cooperazione con le autorità libiche senza garanzie concrete sulla protezione dei diritti umani di migranti e rifugiate; no al sostegno e alla collaborazione con la “Guardia costiera libica” finalizzato al respingimento forzato in Libia, si alla costruzione di un piano che preveda l’evacuazione immediata delle persone rinchiuse nei centri di detenzione libici e all’estensione dei canali di ingresso regolari per persone migranti e rifugiate; si al ripristino di un sistema istituzionale di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale e al riconoscimento del ruolo essenziale svolto dalle Ong per la salvaguardia della vita in mare.

A promuovere la mobilitazione sono lle principali reti della società civile italiana: AOI – Associazione Ong Italiane, Campagna Io Accolgo, CINI – Coordinamento Italiano Ong internazionali, Forum per cambiare l’ordine delle cose, Forum Antirazzista di Palermo, LasciateCIEntrare, Libera,  Piattaforma delle Ong del soccorso in mare, Sbilanciamoci!, Società della cura, Tavolo Asilo e Immigrazione. Nelle piazze saranno presenti i volontari e gli attivisti di tantissimi gruppi e associazioni, tra cui Amnesty International, ARCI, Comitato Diritto al Soccorso, Cospe, Emergency, Gruppo Abele, Medici Senza Frontiere, MEDU, Mediterranea Saving Humans, Movimento nonviolento, Open Arms, Oxfam, Sea-Watch, ResQ, SOS Mediterranee, Un Ponte per.

Per restare umani. Per non essere complici. 

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