Haiti, l'isola della violenza e della miseria: cosa c'è dietro l'assassinio del presidente
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Haiti, l'isola della violenza e della miseria: cosa c'è dietro l'assassinio del presidente

All'indomani dell'uccisione del Presidente della Repubblica di Haiti Jovenel Moïse, l'Unicef è preoccupato per le ripercussioni umanitarie delle violenze in corso,

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8 Luglio 2021 - 17.33


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A poche ore dall’assassinio che ha paralizzato Haiti, dove l’aeroporto è stato chiuso e dichiarato lo stato d’assedio, la polizia ha arrestato due dei killer del presidente Jovenel Moise, ucciso  ieri nella sua abitazione di Porte au Prince. Altri quattro sospetti sono stati invece freddati in uno scontro a fuoco con gli agenti.

Il capo della polizia Leon Charles ha parlato di “mercenari” responsabili dell’uccisione di Moise e spiegato che è ancora in corso “lo scontro” tra le forze della sicurezza e gli aggressori che “verranno catturati o uccisi”. 

Intanto la first lady MartineMoise, come anticipato ieri dall’ambasciatore haitiano della Repubblica dominicana, è stata trasferita in aereo da Port au Prince a Miami, in Florida, a seguito delle gravi ferite riportate durante l’agguato. Ora è ricoverata nel Jackson Memorial Hospital. Secondo l’emittente televisiva Local 10 le sue condizioni sono “critiche, ma stabili”.

La first lady è rimasta ferita dopo l’attentato alla residenza della coppia presidenziale, nella notte di ieri, ad opera di un gruppo di mercenari pesantemente armati, che è costato la vita al presidente. Il primo ministro ad interim Claude Joseph ha affermato che la polizia e l’esercito hanno il controllo della sicurezza. Haiti ha una lunga storia di dittature e sconvolgimenti politici ed è il Paese più povero delle Americhe.

Anche la Farnesina “condanna fermamente l’attacco al cuore delle Istituzioni haitiane, esprime sincero cordoglio alla famiglia del Presidente e al popolo haitiano ed auspica che i colpevoli di questo delitto siano al più presto assicurati alla giustizia”. Il ministero degli Esteri italiano inoltre “fa appello a tutti gli attori e alle forze politiche haitiane affinché si preservino i delicati equilibri politici, si prevengano tensioni e si assicurino la stabilità istituzionale del Paese e la sicurezza della popolazione”

L’allarme dell’Unicef

All’indomani dell’uccisione del Presidente della Repubblica di Haiti Jovenel Moïse, l’Unicef è preoccupato per le ripercussioni umanitarie delle violenze in corso, che stanno generando serie sfide al lavoro dei nostri operatori umanitari sul campo. 

La situazione umanitaria dei bambini e delle famiglie di Haiti è drammatica e si sta rapidamente deteriorando dall’inizio di quest’anno. Più di 1,5 milioni di bambini hanno attualmente bisogno di assistenza umanitaria urgente ad Haiti. È la peggiore crisi umanitaria che il paese abbia affrontato negli ultimi anni. E sta peggiorando settimana dopo settimana. 

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La vita dei bambini ad Haiti è sempre più minacciata dall’effetto combinato della pandemia, della violenza crescente, della mancanza di accesso ai servizi di nutrizione preventiva e di acqua pulita e delle condizioni meteorologiche estreme, come gli uragani. 

 Aumento della violenza urbana e sfollamento forzato 

Dall’inizio di giugno, sono scoppiati nuovi scontri tra gang armate rivali in alcune aree urbane della capitale Port-au-Prince, centinaia di case sono state incendiate o danneggiate. Più di 15.000 donne e bambini sono stati costretti a fuggire dalle loro case a causa di atti di violenza a Port-au-Prince e dintorni, di cui l’80% è avvenuto solo nelle ultime quattro settimane. 

La violenza diffusa delle gang a Port-au-Prince e nella parte meridionale del paese sta colpendo circa 1,5 milioni di persone. I partner umanitari mirano a fornire aiuti a 214.000 persone in difficoltà maggiore. 

La nuova ondata di incidenti violenti che potrebbe verificarsi dopo l’uccisione del presidente di Haiti potrebbe aggravare ulteriormente i bisogni umanitari e ostacolare l’accesso umanitario ai gruppi più vulnerabili, lasciando migliaia di persone colpite con poca o nessuna assistenza. 

 Aumento dei casi di Covid-19 e zero dosi di vaccino 

Questo recente picco di violenza si verifica in un momento di crescita dei casi di Covid-19 ad Haiti. Dal 29 giugno, sono stati registrati più di 18.500 casi confermati di Covid-19 e 425 morti, con un tasso di letalità che raggiunge il 2,34%. 

I principali ospedali dedicati al Covid-19 sono saturi e affrontano una carenza di ossigeno per la cura dei pazienti. I casi di Covid-19 ad Haiti non sono mai stati così alti dall’inizio della pandemia. Alcuni pazienti stanno morendo perché la violenza delle gang armate impedisce alle ambulanze di raggiungerli con l’ossigeno e le cure di emergenza. 

Haiti è anche l’unico paese dell’emisfero occidentale a non aver ricevuto una sola dose di vaccino contro il COVID-19. Per raggiungere almeno il 20% della popolazione haitiana, oltre 2 milioni di persone devono essere vaccinate contro il Covid-19 nel paese. E finora, non una sola dose è stata ricevuta. È ingiusto e pericoloso. 

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In tutto il Paese – prosegue la nota dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia –  l’Unicef sosterrà la distribuzione, il trasporto e lo stoccaggio dei vaccini contro il Covid-19 alla giusta temperatura. Negli ultimi tre anni, l’Unicef ha installato più di 920 frigoriferi solari ad Haiti per rafforzare la catena del freddo soprattutto nelle aree remote dove l’elettricità è scarsa. In totale, l’Unicef ha dotato il 96% delle 900 strutture sanitarie di Haiti di frigoriferi solari. 

Crescente malnutrizione dei bambini e mancanza di fondi 

La malnutrizione acuta tra i bambini sotto i cinque anni è aumentata del 61% nell’ultimo anno ad Haiti. Secondo le stime della valutazione dei bisogni umanitari, nel 2021, circa 217.000 bambini haitiani potrebbero soffrire di malnutrizione acuta rispetto ai 134.000 bambini nello stesso periodo dell’anno scorso. 

Solo nei primi tre mesi di quest’anno, il numero di ricoveri di bambini con malnutrizione acuta grave nelle strutture sanitarie di Haiti è aumentato significativamente, del 26% rispetto all’anno scorso. L’Unicef è allarmato dall’impennata della malnutrizione nell’ultimo anno e preoccupato per la carenza di alimenti terapeutici pronti all’uso nelle prossime settimane. 

Per il 2021, l’Unicef ha lanciato un appello di 48,9 milioni di dollari per rispondere ai bisogni umanitari di 1,5 milioni di persone ad Haiti, tra cui oltre 700.000 bambini, una situazione che è stata notevolmente aggravata dalla pandemia da Covid-19 e dalla violenza delle gang. Finora, questo appello umanitario è rimasto largamente sottofinanziato con solo il 31% dei fondi necessari. Con 15,3 milioni di dollari disponibili, l’Unicef ad Haiti sta affrontando un deficit di finanziamento del 69% all’inizio di luglio di quest’anno. 

Un presidente scomodo

Juvenel Moise aveva 53 anni. Alle spalle aveva un passato da imprenditore agricolo di successo, come esportatore di banane, ed era praticamente sconosciuto al grande pubblico quando era apparso sulla scena politica. Il suo sogno era di dare alla sua nazione un profilo di potenza agricola, sviluppando l’entroterra. Moise aveva prestato giuramento come presidente il 7 febbraio 2017: il suo unico mandato da capo dello Stato lo ha trascorso sostanzialmente in isolamento, con un parlamento sospeso e governando attraverso decreti. Padre di due figli, è stato incapace di fermare la spirale negativa in cui si avvitava il Paese, il più povero del continente americano, segnato da diffuse violenze. Una volta eletto, si era impegnato a risanare il Paese minato dalla corruzione. Ma presto alcuni dei suoi collaboratori si erano ritrovati sospettati di aver stornato fondi pubblici. Anno dopo anno si erano susseguite le inchieste parlamentari, le inchieste di Ong o della Corte dei conti che avevano confermato come le istituzioni di Haiti continuassero ad essere preda della corruzione. Proveniva da una famiglia modesta, padre meccanico e madre sarta e commerciante. Era nato nel Dipartimento del Nord-Est, aveva studiato Scienze dell’educazione all’università Quisqueya di Haiti. La sua famiglia si era installata a Port-au-Prince nel 1974. Nel 1996 Moise aveva sposato la sua compagna di classe Martine. Da qualche mese era impegnato in un braccio di ferro con l’opposizione perché contestava la richiesta di lasciare il suo incarico il 7 febbraio 2021. Moise riteneva di aver diritto ad un altro anno di mandato mentre i suoi oppositori consideravano concluso il periodo della sua presidenza, forti di una norma della Costituzione che fa partire il conto alla rovescia dal giorno dell’elezione e non dall’insediamento. Il suo giuramento era stato rinviato perché le elezioni, celebrate nel 2015, si erano concluse tra sospetti di brogli con un ballottaggio posticipato due volte per “problemi di sicurezza”.  Durante gli anni della sua presidenza non erano state convocate e celebrate come previsto le elezioni a livello locale e nazionale, mentre un referendum costituzionale in programma per il mese scorso era stato rinviato e programmato per settembre, assieme alle presidenziali e legislative.  All’inizio di quest’anno, di fronte a nuove proteste e – stando alle sue dichiarazioni – nel timore di un tentativo di colpo di stato voluto per ucciderlo, si era mosso per proteggere la propria posizione, ordinando l’arresto di 23 persone tra cui un giudice della Corte suprema e un alto funzionario di polizia. I suoi oppositori avevano accusato il suo governo di alimentare la violenza politica fornendo alle bande armi e denaro per intimidire i suoi avversari.

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