Artin, il bimbo curdo trovato sulle spiagge norvegesi un anno dopo il naufragio
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Artin, il bimbo curdo trovato sulle spiagge norvegesi un anno dopo il naufragio

La tragedia del naufragio della nave su cui viaggiava è avvenuta quando aveva appena 15 mesi

Tutina di Artin ritrovata in mare
Tutina di Artin ritrovata in mare
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8 Giugno 2021 - 11.48


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Le foto del corpicino di Artin, bimbo curdo annegato quando aveva appena 15 mesi, ha fatto il giro del mondo. Il cadavere del bambino è stato rinvenuto dalla polizia sulle coste del sud della Norvegia, nei pressi della città di Karmoy. Artin è morto il 27 ottobre dell’anno scorso insieme a quattro membri della sua famiglia nel Canale della Manica, quando l’imbarcazione sulla quale tentavano la traversata verso la Gran Bretagna è affondata.
Il loro viaggio, ricostruito da Bbc e polizia britannica, era partito il 7 agosto 2020 dal Kurdistan iraniano per poi raggiungere le coste occidentali della Turchia, dove trafficanti di esseri umani li avevano trasportati nel sud-est dell’Italia, in Puglia. Approdati sullo Ionio, Artin e i suoi familiari avevano risalito lo Stivale in direzione del nord della Francia, da dove avevano preso di nuovo il mare in direzione del Regno Unito, con l’obiettivo di raggiungere il campo di Dunkerque.
L’ultimo tratto di quest’odissea senza eroi ma con troppi martiri, però, ha avuto come esito finale nuovi cadaveri di una catena che sembra infinita, visto il numero delle sue vittime. Solo 15 persone si sono salvate dal naufragio dell’imbarcazione, e le loro testimonianze hanno permesso di ricostruire il viaggio, mentre si è giunti all’identificazione di Artin grazie al profilo del Dna.
La polizia afferma infatti che “professionisti qualificati del dipartimento di scienze forensi dell’ospedale universitario di Oslo sono riusciti a recuperare i profili del Dna corrispondenti”. Una scoperta amara per la famiglia del bambino, i cui resti saranno rispediti in Iran per la sepoltura da parte dei familiari prima angosciati dalla scomparsa di Artin, ora addolorati per la sua fine spaventosa in una delle rotte più pericolose.
Eppure, nella sola prima settimana di giugno, la polizia britannica ha intercettato circa 600 persone partite da Calais alla volta del Regno Unito. Nel 2020 i migranti sono stati 8 mila, tanto che il governo di Londra ha provato a costruire barriere metalliche per arginarne i flussi. Con Parigi, inoltre, si sono intensificati i pattugliamenti dopo un accordo raggiunto a novembre scorso tra i due Paesi divisi dalla Manica. Entrambi faranno ricorso anche all’impiego di droni, per una spesa complessiva di 31 milioni di euro.

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