Nel pantheon mondiale di Salvini manca solo Lukashenko...
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Nel pantheon mondiale di Salvini manca solo Lukashenko...

La politica estera del capo della Lega è stravagante. Ora dice: “Dopo il Covid non è il momento di fare guerre”. E a chi facciamo la guerra? Oppure non possiamo disturbare al-Sisi o Erdogan?

Salvini con la maglietta di Putin
Salvini con la maglietta di Putin
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Giugno 2021 - 15.17


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Dimmi con chi vai, ti dirò chi sei. Il vecchio adagio popolare calza  perfettamente per Matteo Salvini. “Io domenica sarò a Vibo Valentia agli Stati generali della Calabria, quindi non potrò essere in Ungheria. Ma Albano è un grande, spero che avrò un’altra occasione per incontrarlo. Ma avere buoni rapporti con Russia, Egitto, Emirati arabi, Libia, Turchia, Cina… è un dovere, perché gli italiani e le loro imprese hanno diritto di esportare, e dopo il Covid non è il momento di fare guerre”. Così il leader della Lega ospite nei giorni scorsi di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7

Il pantheon di Matteo

Ecco, li ha messi proprio tutti, Salvini, nel suo pantheon di amiconi nel mondo con cui stringere ottimi rapporti. Per la verità, gliene mancherebbe un altro. Una new entry: il satrapo “dirottatore” della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko.

L’ex ministro dell’Interno, nonché vice presidente del Consiglio nel Conte I, non conosce il latino, ma ha fatto suo il detto dei nostri avi  pecunia non olet. Lui, come sempre, usa le parole come una mazza da baseball e le lancia nel campo avversario. Per Salvini fare affari con generali, autocrati, emiri etc. è addirittura un “dovere”. Un dovere che risponde, secondo Matteo, al “diritto” degli italiani e delle loro imprese di esportare. Non basta. La chiosa finale è da antologia: “Dopo il Covid non è il momento di fare guerre”. E a chi, di grazia, l’Italia starebbe muovendo guerra? Al regime egiziano che ha assassinato Giulio Regeni e condannato all’ergastolo “amministrativo” Patrick Zaki. O al Sultano di Ankara, Recep Tayyp Erdogan, che ha riempito la Libia di miliziani tagliagole che prima aveva agito in Siria, uccidendo, stuprando, saccheggiando, operando in prima linea la pulizia etnica nei confronti del curdi del Rojava? E la Russia di Putin? Per saperne qualcosa in più su come lo “zar” del Cremlino tratta gli oppositori, chiedere a Alexiei Navalny.

L’idea di democrazia dell’autocrate russo

Degli stati di polizia instaurati in Egitto e Turchia, Globalist ne ha scritto in decine di articoli e interviste. Vale la pena, stavolta,  soffermarsi sulla Russia, la Cina e gli Emirati Arabi Uniti.

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato nei giorni scorsi la legge che impedisce temporaneamente alle persone associate all’attività di organizzazioni estremiste e terroristiche di candidarsi alle elezioni, a tutti i livelli   Il documento è stato pubblicato sul portale ufficiale governativo. La misura è stata soprannominata anti-Navalny poiché, se le sue organizzazioni saranno riconosciute estremiste nel processo in corso, tutto l’organigramma nazionale del suo movimento sarà di fatto escluso dalle elezioni parlamentari in programma a settembre. La legge si estende a tutte le persone che abbiano lavorato, collaborato, o anche solo sostenuto o effettuato donazioni, a organizzazioni considerate estremiste. Il controverso provvedimento era stato approvato mercoledì in via definitiva dal Senato e dai deputati della Duma a fine maggio. La promulgazione da parte di Putin arriva proprio nel giorno del compleanno di Navalny, tanto che su Twitter, la portavoce di Navalny, Kira Yarmish, l’ha definita sarcasticamente “un augurio speciale dal Cremlino”.

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 Intanto, il capo del servizio federale degli ufficiali giudiziari, Dmitri Aristov, ha dichiarato all’agenzia Interfax che gli ufficiali giudiziari russi stanno cercando eventuali beni e fondi di Navalny per pagare debiti, multe e risarcimenti per 29 milioni di rubli (circa 327.000 euro) imposti dai tribunali russi al dissidente. Le ricerche andranno avanti per tre anni e “naturalmente durante questo periodo tutto ciò di cui entrerà in possesso Navalny sarà confiscato”.

 Alexiei Navalny è l’avversario numero uno di Putin e i suoi guai con la giustizia sono considerati di matrice prettamente politica. E’ stato arrestato a gennaio, non appena ha rimesso piede in Russia dalla Germania, dove era stato curato per un presunto avvelenamento che aveva fatto temere per la sua vita e per il quale si sospettano i servizi segreti del Cremlino. “Per quanto ne so, personalmente Navalny, a parte un’unica abitazione, non ha niente e nel nostro codice di procedura civile non si effettuano recuperi o confische quando c’è una sola proprietà”, ha detto Aristov.  

Il rapporto di Amnesty
Dal rapporto 2019-2020 di Amnesty International sullo stato dei diritti umani nel mondo. “
La situazione dei diritti umani della Russia ha continuato a deteriorarsi e i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica sono stati considerevolmente ridotti, nella legge e nella prassi. Coloro che tentavano di esercitare questi diritti hanno dovuto affrontare ritorsioni, comprendenti tra l’altro vessazioni e maltrattamenti da parte della polizia, arresti arbitrari, imposizione di pesanti ammende e in alcuni casi procedimenti penali e carcerazioni.

Difensori dei diritti umani e Ngo sono finiti nel mirino delle autorità tramite l’applicazione di leggi sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate”.

Centinaia di testimoni di Geova sono stati perseguitati per la loro fede. Anche altre minoranze vulnerabili hanno affrontato forme di discriminazione e persecuzione. 

Le autorità hanno fatto ampio ricorso a disposizioni antiterrorismo per colpire i dissidenti in varie parti del paese e in Crimea.

La tortura è rimasta pervasiva, così come l’impunità per i perpetratori.

La violenza contro le donne era ancora diffusa e non adeguatamente contrastata. Una bozza di legge sulla violenza domestica in discussione al parlamento ha suscitato una dura opposizione da parte dei gruppi conservatori e non sono mancate minacce contro i suoi promotori.

La Russia ha respinto con la forza rifugiati verso destinazioni in cui erano a rischio di tortura”.

Questo in sintesi.

Difensori dei diritti umani e libertà d’associazione

“È prevalso un clima d’impunità per gli episodi di violenza contro difensori dei diritti umani verificatisi in passato. Le autorità hanno regolarmente utilizzato leggi repressive sugli “agenti stranieri” e sulle “organizzazioni indesiderate” contro Ngo di difesa dei diritti umani, altre associazioni e i loro membri, oltre ad avviare azioni penali e campagne diffamatorie attraverso gli organi d’informazione controllati dal governo.

A 10 anni dal suo rapimento e omicidio, i sospetti assassini di Natalia Estemirova, una nota collaboratrice dell’’Ngo Memorial, di Grozny, non erano stati ancora assicurati alla giustizia.

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Analogamente, i perpetratori della brutale aggressione all’ambientalista Andrey Rudomakha, avvenuta nella regione di Krasnodar, nella Russia meridionale, a dicembre 2017, non erano stati ancora identificati e neppure coloro che avevano rapito e sottoposto a finte esecuzioni il ricercatore di Amnesty International Oleg Kozlovsky, in un episodio avvenuto in Inguscezia a ottobre 2018. Le indagini riguardanti alcuni di questi crimini erano ancora aperte solo in via teorica…”.

Tortura e altri maltrattamenti

“Tortura e altri maltrattamenti nei luoghi di detenzione sono rimasti un fenomeno pervasivo ed è prevalso un clima di impunità pressoché assoluta per i perpetratori. Sono stati segnalati innumerevoli casi di tortura in tutta la Russia. A dicembre, la fondazione no profit Nuzhna Pomosch è riuscita a ottenere i dati ufficiali diffusi dal comitato investigativo riguardanti la tortura nei luoghi di detenzione. Secondo il comitato, dal 2015 al 2018 erano state registrate dalle 1.590 alle 1.881 denunce all’anno per “abuso d’autorità” da parte di agenti penitenziari. Di queste, soltanto una percentuale dall’1,7 al 3,2 per cento era stata oggetto d’indagine”.

Il Gigante calpesta-diritti

Le cose non migliorano se da Mosca ci si sposta a Pechino. Sempre dal rapporto di Amnesty, stavolta nel capitolo dedicato alla Cina. “L’anno è stato caratterizzato da dure repressioni nei confronti dei difensori dei diritti umani e delle persone percepite come dissidenti, nonché dall’oppressione sistematica delle minoranze etniche. All’inizio dell’anno, l’epidemia di Covid-19 è insorta a Wuhan e ha ucciso più di 4.600 persone in Cina. Le persone hanno chiesto libertà d’espressione e trasparenza, dopo che le autorità avevano redarguito gli operatori sanitari per aver dato l’allarme per il virus. Alle Nazioni Unite, la Cina è stata fortemente criticata e sollecitata a consentire un accesso immediato, significativo e senza restrizioni allo Xinjiang. Le severe restrizioni alla libertà d’espressione sono continuate senza sosta. Giornalisti stranieri hanno subìto detenzioni ed espulsioni, nonché ritardi sistematici e rifiuti per il rinnovo del visto. Le aziende tecnologiche cinesi e altre che operavano al di fuori della Cina hanno bloccato quelli che il governo riteneva essere contenuti politicamente sensibili, estendendo a livello internazionale i suoi standard di censura. La Cina ha emanato il suo primo codice civile, che ha ricevuto migliaia di richieste pubbliche per la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong ha portato a un giro di vite sulla libertà d’espressione.

Difensori dei diritti umani

“Nonostante le disposizioni costituzionali e i suoi impegni e obblighi internazionali, la Cina ha continuato la sua inesorabile persecuzione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti. Durante tutto l’anno, sono stati sistematicamente oggetto di molestie, intimidazioni, sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie e in incommunicado, nonché di lunghi periodi di reclusione. L’assenza di una magistratura indipendente e di garanzie di processi realmente equi ha aggravato queste ricorrenti violazioni. A molti avvocati per i diritti umani è stato negato il diritto alla libertà di movimento, nonché a incontrare e rappresentare gli imputati e ad avere accesso ai documenti processuali. Difensori dei diritti umani e attivisti sono stati presi di mira e accusati di reati formulati in modo vago e ampio, come “sovvertimento del potere dello stato”, “incitamento alla sovversione del potere dello Stato” e “attaccare briga e provocare problemi”. Cinque anni dopo la repressione senza precedenti contro attivisti e avvocati per i diritti umani, nota come “giro di vite 709”, molti avvocati sono rimasti in prigione o sotto stretta sorveglianza. Il 17 giugno, l’avvocato per i diritti umani Yu Wensheng è stato processato in segreto e condannato a quattro anni di reclusione, per presunta “istigazione alla sovversione del potere dello stato”, dopo essere stato tenuto in incommunicado per 18 mesi. Secondo il suo avvocato, Yu è stato torturato durante la detenzione e la sua salute è peggiorata drasticamente. L’avvocato per i diritti umani Jiang Tianyong, rilasciato nel 2019 dopo aver scontato una condanna a due anni per “incitamento alla sovversione del potere dello stato”, rimaneva sotto stretta sorveglianza insieme ai suoi genitori. L’avvocato per i diritti umani Wang Quanzhang è stato rilasciato dal carcere il 4 aprile, dopo più di quattro anni di reclusione per “sovvertimento del potere dello Stato” e si è riunito alla sua famiglia a fine aprile. Secondo il suo avvocato, Wang era stato sottoposto a tortura”.

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A ciò si aggiunge la brutale repressione condotta dall’esercito cinese nelle regioni autonome: Xinjiang, Tibet e Mongolia interna.

EAU, quei diritti negati

Dal rapporto 2019-2020 di AI, nel capitolo riguardante gli Emirati Arabi Uniti: “Le autorità e, in particolare, l’Agenzia per la sicurezza nazionale (State Security Agency, Ssa), si sono rese responsabili di arresti arbitrari, episodi di tortura e sparizione forzata che hanno coinvolto anche cittadini stranieri. Sono state imposte restrizioni alla libertà di espressione mediante l’arresto di coloro che esprimevano opinioni critiche verso le politiche o i funzionari dello stato, i quali sono stati sottoposti a condizioni spaventose. Sono state quasi 200 le candidate donne che hanno partecipato alle elezioni del Consiglio nazionale federale (Federal National Council – Fnc) che si sono celebrate lo scorso ottobre, quasi il doppio rispetto alle precedenti elezioni. Questo dato segnala un passo in avanti per i diritti delle donne, che tuttavia continuano a essere discriminate nella legge e nella prassi. Sul fronte dei diritti dei migranti, è stato eliminato il criterio del titolo professionale per la sponsorizzazione e questo ha consentito a un numero crescente di lavoratori migranti di proporsi come sponsor per portare i propri familiari a vivere negli Emirati Arabi Uniti (United Arab Emirates, Uae). Tuttavia, i lavoratori migranti sono rimasti vincolati al datore di lavoro in virtù del sistema dello sponsor (kafala), che li ha esposti a forme di sfruttamento e abuso sul posto di lavoro. Le autorità hanno continuato a negare la cittadinanza a migliaia di stranieri nati nel paese. Benché non si riportino esecuzioni, i tribunali hanno continuato a emettere condanne a morte”.

Con questi regimi, proclama Salvini, è un “dovere” fare affari.. E costui poteva diventare presidente del Consiglio. Pericolo scampato, almeno per il momento.

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