In Siria urne tra le macerie: un'elezione farsa incorona un criminale di guerra
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In Siria urne tra le macerie: un'elezione farsa incorona un criminale di guerra

Per restare al potere Assad ha accettato di diventare il presidente-burattino manovrato da Mosca e Teheran. E ora, sulle macerie della Siria si è fatto incoronare presidente. 

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Maggio 2021 - 15.12


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Ha distrutto un Paese. Represso nel sangue una rivolta popolare che rivendicava, al suo nascere, diritti e libertà. Ha trasformato un popolo in una moltitudine di profughi. Ha utilizzato armi chimiche contro la popolazione civile. Ha torturato e fatto sparire decine di migliaia oppositori. Ha fatto sì che, stime Onu, il 90% della popolazione viva sotto la soglia di povertà.

Per restare al potere, ha accettato di diventare il presidente-burattino manovrato da Mosca e Teheran. E ora, sulle macerie della Siria si è fatto incoronare presidente. 

Elezioni farsa 

Bashar al Assad ha vinto le elezioni di mercoledì e ottenuto il suo quarto mandato, come ci si aspettava: le elezioni non si potevano considerare né libere né democratiche  ed erano state definite internazionalmente come una farsa. Assad, che ha 55 anni e governa in modo autoritario dal 2000, ha ottenuto oltre il 95 per cento dei voti con un’affluenza di più del 78 per cento.  I due sfidanti del raìs, , Abdallah Salloum Abdallah e Mahmud Marei, avevano uno scarso credito presso l’opposizione e scarsissima visibilità in campagna elettorale ed hanno ottenuto rispettivamente l’1,5% e il 3,3% dei consensi. Il primo è stato ex ministro e parlamentare mentre il secondo è un membro dell’opposizione moderata, ben tollerata dal governo. Dalla competizione elettorale erano escluse – seppur non esplicitamente – tutte le figure dell’opposizione che negli ultimi dieci anni, cioè dall’inizio della guerra civile che ha causato quasi mezzo milione di morti, sono dovute andare in esilio. La legge elettorale, infatti, imponeva a tutti i candidati di aver vissuto in Siria per dieci anni consecutivi.

Assad ha ottenuto più voti anche rispetto all’89 per cento delle ultime elezioni presidenziali, nel 2014, anch’esse una farsa. Quelle del 2014 erano state le prime elezioni dall’inizio della guerra in Siria tra il regime di Assad e i gruppi ribelli che ne volevano la destituzione. I ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti avevano pubblicato un comunicato congiunto prima delle elezioni in cui le definivano illegittime  e dicevano che non sarebbero state libere né regolari senza la supervisione delle Nazioni Unite. Mercoledì al suo seggio Assad aveva detto che l’opinione dell’Occidente contava “zero”.

La guerra dei dieci anni

Oltre 387 mila morti, di cui 118 mila civili e 20 mila bambini, circa 12 milioni di sfollati. E’ il bilancio drammatico di 10 anni di guerra in Siria. Nel marzo del 2011 i siriani scendono in piazza a Daraa, nella Siria meridionale, per un’inedita protesta contro Bashar al-Assad. Le manifestazioni si allargano presto alle altre grandi città  e altrettanto rapidamente arriva la risposta violenta di Damasco. La “rivoluzione” si trasforma in un lungo e sanguinoso conflitto, la Siria in un campo di battaglia con un’infinità di attori coinvolti. A dieci anni dalle prime proteste, la soluzione appare ancora lontana mentre si aggrava la crisi economica, si consuma una catastrofe umanitaria, con le vite e il futuro di una generazione di bambini appesi a un filo. Dalle proteste di Daraa, all’opposizione armata, agli attacchi con armi chimiche, fino all’Isis. Nel 2014 gli jihadisti annunciano la nascita del Califfato e fanno di Raqqa la loro roccaforte, fino alla battaglia di Baghuz, il 23 marzo del 2019, che decreta la caduta dell’ultimo bastione dei terroristi islamici. E’ la stessa Raqqa in cui il 29 luglio del 2013 viene rapito Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano di cui da allora non si hanno più notizie. Per i siriani, quelli passati sono dieci anni di paura e terrore. E di crescenti bisogni umanitari. In milioni sono stati costretti a fuggire dal conflitto e dalle proprie case.

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A oltre dieci anni dall’inizio del conflitto, decine di migliaia di civili sono ancora detenuti in modo arbitrario e di loro non si hanno più notizie. “Si presume molti siano morti o siano stati giustiziati, mentre il resto è tenuto prigioniero in condizioni disumane”, ha denunciato un recente rapporto diffuso dalla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria. Altre migliaia di persone sono state uccise, torturate o sono state vittima di violenza sessuale, aggiunge il documento, che accusa il governo siriano di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Colpevoli di crimini di guerra anche i gruppi ribelli e le Forze democratiche siriane (Fds), che sono state in prima linea nella lotta all’Isis, che la Commissione d’inchiesta accusa di genocidio.

Un bilancio che spezza il cuore

L’Unicef ricorda che la guerra nel paese ha lasciato le vite e il futuro di una generazione di bambini appesi a un filo. La situazione per molti bambini e le loro famiglie rimane precaria: circa il 90% dei bambini ha bisogno di assistenza umanitaria, con un incremento del 20% rispetto allo scorso anno.

 Dieci anni di conflitto hanno avuto un terribile impatto sui bambini e le famiglie in Siria: Secondo dati verificati tra il 2011 e il 2020: circa 12.000 bambini sono stati uccisi o feriti; più di 5.700 bambini – alcuni anche di 7 anni – sono stati reclutati nei combattimenti; più di 1.300 strutture sanitarie e scolastiche e relativo personale sono stati attaccati; nell’ultimo anno, il prezzo medio del paniere alimentare è aumentato del 230%; i numeri segnalati di bambini che presentano sintomi di stress fisico sono raddoppiati nel 2020 a causa della continua esposizione a violenza, shock e traumi che hanno avuto un significativo impatto sulla salute mentale dei bambini, con conseguenze di breve e lungo periodo; oltre mezzo milione di bambini sotto i 5 anni in Siria soffrono di ritardi nello sviluppo a causa della malnutrizione cronica; circa 2,45 milioni di bambini in Siria e altri 750.000 bambini siriani nei paesi vicini non vanno a scuola, il 40% sono ragazze e/o bambine.

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“Questo non può essere solo un altro triste anniversario, messo in secondo piano dalla comunità internazionale, mentre i bambini e le famiglie in Siria continuano a lottare”, ha dichiarato il Direttore generale dell’Unicef Henrietta Fore. “I bisogni umanitari non possono aspettare. La comunità internazionale dovrebbe fare ogni sforzo per portare la pace in Siria e sollecitare sostegno per i bambini”.

 La situazione nel nord della Siria è particolarmente preoccupante. Nel nordovest milioni di bambini sono sfollati e molte famiglie sono dovute scappare diverse volte dalle violenze, alcune anche per 7 volte, alla ricerca di un posto sicuro. Hanno sofferto un altro lungo inverno – combattendo contro severe condizioni atmosferiche comprese piogge torrenziali e neve – vivendo in tende, rifugi e edifici distrutti o mai terminati. Più del 75% delle gravi violazioni sono state registrate nel 2020 nel nordovest del paese.

 Nel campo di Al-Hol e nel nordest della Siria, 27.500 bambini di almeno 60 nazionalità e migliaia di bambini siriani associati a gruppi armati sopravvivono in campi e in centri di detenzione. Recentemente si sono verificate violenze ad Al Hol, mettendo a rischio le vite di questi bambini e sottolineando il bisogno di soluzioni di lungo periodo che comprendano il reintegro nelle comunità locali o rimpatri dei bambini nei propri paesi di origine in sicurezza.

 Inoltre, il numero di bambini rifugiati nei paesi vicini – che continuano generosamente ad ospitare l’83% del numero totale di rifugiati siriani a livello globale – è incrementato più di 10 volte fino a raggiungere i 2,5 milioni dal 2012, mettendo ulteriore pressione sulle comunità già in difficoltà.

 “Nonostante le incredibili sfide che hanno affrontato, i bambini e giovani della Siria ci insegnano cosa significano perseveranza e determinazione”, dichiara Ted Chaiban, Direttore Regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. “La loro determinazione a imparare, a superare le difficoltà e a costruire un futuro di pace è ammirevole. Da 10 anni, l’Unicef supporta il popolo siriano e i paesi ospitanti in una delle guerre più devastanti della storia recente. Continueremo ad essere presenti per i bambini della Siria e le comunità ospitanti e contiamo su un generoso supporto della comunità internazionale“.

Testimonia Andrea Iacomini, portavoce dell’ Unicef Italia: “ Sono 10 anni che faccio il portavoce dell’Unicef Italia. 10 anni di guerra in Siria proprio oggi. Ho iniziato cercando di parlare di questi poveri innocenti massacrati dalle bombe. Dicono 12 mila bambini morti. Accertati, ma sono molti di più, per me. Almeno 5 volte di più. Ma che dico….10 volte di più1. Un conflitto infinito di cui temo si parlerà anche quando non sarò più nel mio ruolo. Ho visitato tutti i paesi limitrofi della diaspora. Grazie a colleghi straordinari ho conosciuto un popolo con una forza incredibile ma che merita pace, come il cuore di chi tiene ancora accesa la miccia di questa assurda guerra”..

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Povertà, dispersione scolastica, malnutrizione e attacchi indiscriminati. A pochi giorni dal decimo anniversario dell’inizio del conflitto in Siria, scoppiato il 15 marzo del 2011, le condizioni di milioni di bambini restano drammatiche, nonostante alcune aree siano state pacificate dopo la sconfitta dello Stato Islamico e molti gruppi ribelli e terroristici si siano ritirati dalle regioni del nord.

Protettorato russo

Il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha annunciato, mercoledì 26 maggio, l’arrivo di tre bombardieri a lungo raggio Tu-22M3 presso la base militare russa Hmeimim, nella provincia di Latakia, in Siria.

Secondo quanto riferito dal quotidiano russo Kommersant, si tratterebbe della prima volta che Mosca ha trasferito tale tipologia di bombardieri in Siria per un tempo prolungato e non per attacchi lampo. Tale dispiegamento è stato possibile per via dei recenti lavori di ampliamento della pista di atterraggio della suddetta base militare. Mosca ha altresì osservato di aver completato i lavori di ricostruzione della seconda pista di atterraggio. È stata sostituita la copertura esterna, sono stati installati nuovi dispositivi di illuminazione e di comunicazione. La pista, inoltre, è stata ampliata, permettendo alla base di Hmeimim  di accogliere tutti i tipi di aerei delle forze armate russe, compresi quelli più pesanti.

Lo scopo del trasferimento dell’arsenale è quello di avviare l’addestramento delle forze aeree russe nello spazio aereo del Mar Mediterraneo e del Mar Rosso, ovvero “nuove aree geografiche” che permetteranno di verificare la tempestività e operatività di azione e di atterraggio dei militari russi. Il Ministero della Difesa russo ha chiarito che i bombardieri a lungo raggio sarebbero tornati alle basi permanenti in Russia dopo aver terminato le missioni di addestramento, necessarie per permettere alle truppe di “familiarizzare con lo spazio aereo del Mediterraneo”. 

L’ampliamento della suddetta base militare è stato seguito da altri lavori volti a rafforzare il controllo militare russo in Siria. Nello specifico, il 13 maggio,  la Russia ha dato il via ad una serie di operazioni infrastrutturali per incrementare il carattere strategico del porto di Tartus, situato sulla costa siriana. Il piano di Mosca prevede la costruzione di un molo galleggiante, volto a rafforzare le strutture di riparazione navale del porto. In tal modo, una volta completate le operazioni di ammodernamento, la Marina russa non sarà più costretta ad inviare le navi da guerra nei porti del Mar Nero per la manutenzione. I lavori di costruzione, a detta di funzionari militari russi, dovrebbero essere completati entro il 2022.

Di questo “protettorato” russo Bashar al-Assad è il presidente. Un presidente-manichino. Che durerà fino a quando farà comodo allo “Zar” di Mosca: Vladimir Putin 

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