Monte Meron, il mondo a parte degli ultra-ortodossi e una tragedia "annunciata"
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Monte Meron, il mondo a parte degli ultra-ortodossi e una tragedia "annunciata"

Ultraconservatori sulle loro tradizioni, isolati dalla società secolarizzata e antisionisti.  provenivano dalla setta di Toldos Aharon Hassidic, che ha sede a Gerusalemme

Tragedia nel Monte Meron
Tragedia nel Monte Meron
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Aprile 2021 - 13.30


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Un mondo a parte. Un mondo che crolla sul Monte Meron. 

Almeno 44 persone che hanno perso la vita e 150 sono rimaste ferite a causa di una calca che si è creata durante l’evento religioso di Lag b’Omer al Monte Meron, in Israele. Tra le vittime ci sono anche bambini. Il primo ministro israeliano parla di ”un disastro terribile” riferendosi alle conseguenze di quello che era stato il primo grande evento autorizzato dall’emergenza coronavirus, con la partecipazione di 100mila persone secondo la polizia.

E’ una ”catastrofe nazionale”, ha dichiarato Motti Buckchin, portavoce dei servizi di soccorso Zaka, l’equivalente della nostra protezione civile, al sito di Ynet. ”E’ un incidente insopportabile – ha detto Buckchin – 44 persone che volevano provare gioia sono tornate in sacchi per cadaveri. Per 44 famiglie è crollato il mondo. Ora non possiamo tornare al lavoro come sempre”.

E’ il disastro civile più grande della storia di Israele dagli incendi nella foresta del Carmelo nel 2010.

Netanyahu ha dichiarato lutto nazionale in Israele domenica per i fatti luttuosi del Monte Meron. “Ci uniremo tutti nel dolore delle famiglie e in preghiera per i feriti”, ha aggiunto dopo aver finito la visita sul luogo del disastro. “Ci sono state qui scene strazianti: persone schiacciate a morte, inclusi bambini. 
Gran parte dei morti ancora non sono stati identificati”. “E’ stato – ha concluso – uno dei peggiori disastri nella storia del Paese. L’operazione veloce di salvataggio ha evitato un bilancio ancora più pesante”

Immagini strazianti

Sul luogo della tragedia è in corso l’identificazione delle vittime e l’evacuazione dei fedeli, mentre i media riferiscono che è in corso la ricerca di dispersi. Almeno sei persone sono ricoverate in ospedale in gravi condizioni. Tra i ricoveri anche due bambini.

Il comandante del distretto settentrionale delle forze di polizia Shimon Lavi, che ha supervisionato le disposizioni di sicurezza al Monte Meron, ha detto di assumersi la responsabilità del disastro. “Ho la responsabilità generale, nel bene e nel male, e sono pronto a sottopormi a qualsiasi indagine”, ha dichiarato ai giornalisti.

Non sono ancora note le cause che hanno provocato la tragedia sul Monte Meron, iniziata verso l’una di notte durante la cerimonia di accensione del falò per Toldos Aharon hasidim. I pellegrini erano vicino alla tomba del saggio rabbino Shimon Bar Yohai del II secolo, in mezzo a una folla enorme e densamente affollata, come indica il Jerusalem Post. La polizia sottolinea il sovraffollamento dovuto alla presenza di circa 100mila persone, tra cui bambini.

Il sovraffollamento ha fatto scivolare alcune persone, mentre altre sono cadute su di loro, provocando una fuga precipitosa, secondo un rapporto di Channel 12. La polizia ha cercato di trattenere la fuga, come appare dai video postati su Twitter. .Le autorità avevano consentito la presenza di 10.000 persone nel recinto della tomba ma, secondo gli organizzatori, sono stati noleggiati più di 650 autobus in tutto il Paese, vale a dire almeno 30.000 persone, mentre la stampa locale riportava la presenza di 100.000 persone. Il comandante del distretto settentrionale delle forze di polizia Shimon Lavi, che ha supervisionato le disposizioni di sicurezza al Monte Meron, ha detto di assumersi la responsabilità del disastro che ha portato alla morte di 44 persone. “Ho la responsabilità generale, nel bene e nel male, e sono pronto a sottopormi a qualsiasi indagine”, ha dichiarato ai giornalisti. La causa della calca non è ancora nota, ha sottolineato Lavi, mentre alcuni testimoni hanno accusato la polizia di aver bloccato un’uscita. C’è un continuo “sforzo per raccogliere prove per arrivare alla verità”, dice. 

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Il ministro della Salute i Yuli Edelstein si è recato in visita al Ziv Medical Center a Safed dove sono ricoverati i feriti della calca sul monte Meron. Parlando ai giornalisti, Edelstein ha dichiarato che la maggior parte di loro stati identificati e sono in contatto con le rispettive famiglie. ”Spero che chiunque si trovi in ospedale possa essere dimesso presto e tornare a casa”, ha detto Edelstein. ”Noi, come governo, faremo luce su quello che è accaduto lì”, ha concluso. Il direttore generale del ministero della Salute Chezy Levy ha detto che molte delle famiglie dei feriti si trovano all’estero. 

Il Monte Meron, o Har Meron, con i suoi 1.208 metri sul livello del mare è il punto più elevanto di Israele. Situato in Galilea, ospita una delle maggiori riserve naturali del Paese.

Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Usa Joe Biden, ha espresso su Twitter la vicinanza degli Stati Uniti a Gerusalemme per la tragedia sul Monte Meron. ”I nostri cuori sono rivolti al popolo di Israele dopo la terribile tragedia del Monte Meron. Porgiamo le nostre condoglianze alle famiglie e agli amici che hanno perso i propri cari in questo disastro e auguriamo una piena e rapida guarigione ai feriti”, ha scritto Sullivan.

“Lascia sgomenti la tragedia con decine di morti e centinaia di feriti tra i pellegrini del Monte Meron, in una comunità che stava orgogliosamente rinascendo dopo il Covid-19. Le mie più sentite condoglianze al popolo e allo Stato di Israele”. Così in un tweet il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli. 

Un mondo a parte

Ultraconservatori sulle loro tradizioni, isolati dalla società secolarizzata e antisionisti.  provenivano dalla setta di Toldos Aharon Hassidic, che ha sede a Gerusalemme. Si tratta del gruppo meglio organizzato e coeso tra quelli che compongono la comunità israeliana haredi ultraortodossa, come spiega il Jerusalem Post, sottolineando che qualsiasi tipo di intervento negli affari interni del gruppo è considerata una totale usurpazione del sistema di credenze della comunità.

 La setta hassidica che si oppone al sionismo fu fondata a Gerusalemme dal rabbino Aharon Roth nel 1928 come una propaggine di Satmar, movimento hassidico che ha avuto origine in Germania. Nel 1942, poco prima che la Germania nazista invadesse l’Ungheria, Roth e i suoi seguaci fuggirono dall’Europa verso la Palestina.

Oggi i seguaci di Toldot Aharon Hassidim vivono al centro di Gerusalemme nel quartiere di Mea Shearim e hanno eretto barriere sociali e culturali per proteggere la loro comunità dal vivace secolarismo di Jaffa Road e Ben-Yehuda Street, a meno di un chilometro di distanza. Roth, che è morto nel 1947, ha quindi avviato una tradizione, che continua ancora oggi, che ogni membro maschio della setta firmi un contratto che obbliga lui e la sua famiglia a rispettare i rigidi dettami di Toldot Aharon. L’abbigliamento, i costumi e anche il modo in cui gli hassidim trascorrono il loro tempo libero sono regolamentati con attenzione e tra loro vi è una forte coesione. Al contrario il mondo esterno, specialmente tutto ciò che è affiliato al sionismo, viene descritto dalla setta come oscuro e malvagio.

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E il Covid?

Una domanda è d’obbligo. E’ vero che Israele è all’avanguardia nella campagna di vaccinazione, ma di certo il Covid non è stato ancora debellato. E allora come è possibile permettere a decine di migliaia di persone, senza mascherine, senza distanziamento sociale e, in gran parte, senza vaccinazione, potessero radunarsi? 

Di grande interesse è l’analisi di David Rosenberg su Haaretz: “Il coronavirus ha imposto un pesante tributo alla comunità ultraortodossa di Israele. Anche dopo aver scontato le condizioni di affollamento in cui tendono a vivere e altri fattori che li hanno resi più inclini a prendere il virus, il tasso di casi confermati di Covid tra gli ultraortodossi è stato 4,6 volte quello degli ebrei non-Haredi.

Il pedaggio economico della pandemia, almeno per gli Haredim che hanno un lavoro, è stato anche grave. Nella prima ondata Covid della scorsa primavera, il tasso di occupazione degli Haredi è sceso del 34%, rispetto al 19% degli altri ebrei, secondo l’Israel Democracy Institute. Durante la seconda ondata Covid, l’occupazione Haredi è diminuita del 22% contro il 12% degli altri israeliani. Il sondaggio non ha coperto la terza ondata.

È troppo presto per chiunque per presumere che la pandemia sia finita. Gli alti tassi di vaccinazione di Israele e il calo dei tassi di morte e di malattia ci rendono un’eccezione a livello mondiale. Ma in tutto il mondo, il numero di casi confermati di Covid sta ancora aumentando velocemente e la pandemia potrebbe ancora riemergere in Israele. Tuttavia, comunque vada a finire la pandemia – sia che venga sconfitta, che torni ruggente attraverso nuove varianti o qualcosa nel mezzo – l’economia israeliana e quella globale avranno un aspetto molto diverso. Per gli Haredim di Israele, ciò significa che le loro sofferenze per la Covid continueranno, non come una crisi sanitaria ma come una crisi economica.

È diventato un cliché che il processo di digitalizzazione che era già ben avviato prima della pandemia si è accelerato. Ma questo non lo rende meno vero. La gente, le imprese, le scuole, i medici e i governi si sono tutti abituati a fare le cose online e anche quando l’attività faccia a faccia riprenderà, sarà probabilmente meno di prima. Questo avrà effetti pronunciati sul mercato del lavoro. Più acquisti via internet significa meno commessi nei negozi. Meno persone che lavorano negli uffici perché lavorano a casa significa meno custodi e guardie di sicurezza. I lavori che più probabilmente scompariranno sono quelli che implicano basse competenze; i lavori che si stanno creando richiederanno un’istruzione superiore e una certa facilità con i computer. sraele è Startup Nation, ma non più del 10% della forza lavoro è effettivamente impiegata nell’high-tech. La vera storia del miracolo occupazionale di Israele negli anni prima di Covid, quando il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi storici anche se la percentuale di israeliani con un lavoro è aumentata, è stata la creazione di posti di lavoro poco qualificati e poco produttivi.

Gli Haredim hanno cavalcato quell’onda – il tasso di uomini che lavorano è cresciuto dal 37% al 51% tra gli adulti e per le donne dal 51% al 76%. Non avevano altra scelta che trovare lavoro a causa dei tagli alle indennità governative. La prova è che quando le indennità sono state ripristinate nel 2015, il movimento del lavoro nel mondo ultraortodosso si è bloccato. Pochissimi di quelli che lavorano sono nelle professioni o in altri lavori altamente qualificati, tanto meno lavorano nella tecnologia, per la semplice ragione che non hanno l’istruzione e la formazione. Eppure è lì che si troveranno i posti di lavoro nei prossimi anni. Per un po’ sembrava che le cose stessero cambiando. Più ragazze hanno sostenuto il bagrut (l’esame di maturità), e le iscrizioni Haredi ai college e alle università sono più che raddoppiate nel decennio fino all’anno accademico 2018-19. Ma più recentemente le iscrizioni hanno ristagnato a livelli molto bassi, mentre le iscrizioni alle yeshivas e ai kollel per maschi adulti continuano a crescere. La percentuale di ragazzi Haredi che prendono il bagrut è effettivamente diminuita e il tasso di abbandono è salito.

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La linea di fondo è che mentre l’economia e il mercato del lavoro richiederanno più competenze, istruzione e facilità con i computer che mai, il mondo Haredi si sta muovendo nella direzione opposta.

È vero che l’uso di internet tra gli Haredim è aumentato, il che presumibilmente significa che anche le competenze informatiche stanno aumentando. In teoria, questo potrebbe essere un’opportunità per molti di loro di unirsi all’economia remota, se non fosse che gli Haredim tendono a vivere in condizioni straordinariamente affollate. Piccoli appartamenti e molti bambini non fanno esattamente un ambiente di lavoro produttivo. Alcuni osservatori vedono segni che il mondo ultraortodosso si sta adattando alla realtà economica, riconoscendo che lo studio della Torah a tempo pieno per gli uomini e l’isolamento dal mondo esterno non funzionano più. I singoli Haredim stanno iniziando a pensare di più per se stessi e stanno cercando di curare i propri interessi, anche unendosi alla classe media. Ma i segnali sono piuttosto deboli.

Sembra che l’opinione prevalente sia che la Società degli Studenti Haredi possa in qualche modo sopravvivere grazie alla generosità del governo e alle donne che fanno lavori sottopagati. I rabbini, che fanno rispettare questi valori, sembrano potenti come sempre: nel mezzo della crisi del Covid lo scorso autunno, un sondaggio dell’Israel Democracy Institute ha trovato che il 90% degli ultra-ortodossi intervistati rimaneva fiducioso nella loro leadership rabbinica. Quasi due terzi hanno detto di fidarsi dei loro rabbini per valutare la crisi sanitaria più degli esperti medici (22%) o persino di Dio (4,5%).

Covid ha inviato un potente messaggio al mondo ultraortodosso. Ma per ora sembra essere ignorato”.

Ignorato al punto di ritrovarsi in centomila ad una celebrazione religiosa finita in tragedia. 

Quel mondo a parte è tramortito, scioccato. Ma non provate a parlar loro del fatto che i politici dicono che i leader religiosi erano stati avvertiti, sarebbe stato meglio rinviare la cerimonia, con il suo strascico, più che prevedibile, di infezioni e misure di contenimento fosse davvero sotto controllo. Nel mondo a parte vale quanto affermato dai più devoti dopo la tragedia: “Il rabbino Shimon ripeteva di poter assolvere il mondo. Se non ci è riuscito nel giorno della sua esaltazione, allora dobbiamo guardare dentro le nostre anime”. 

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